ANIMALI

Zecche: i rischi del morso e cosa fare per rimuoverle

Se siete appassionati di camminate all'aria aperta, è probabile che almeno una volta abbiate raccolto un'ospite indesiderata. Cosa fare se avete preso una zecca e quali i rischi?

Le due principali famiglie di zecche sono le Ixodidae e le Argasidae, più note come “zecche dure” e “zecche molli”.

Bello andare per boschi in estate, sfuggendo al caldo cittadino. Meno bello tornare a casa e scoprirsi addosso una zecca, o scoprirla sul cane che ci ha accompagnato. Cosa fare in questo caso? Quanto bisogna preoccuparsi per le malattie che ci può trasmettere? E qual è il modo corretto di rimuoverla?

Ti presento la zecca

Le zecche appartengono alla classe degli aracnidi (quindi parenti alla lontana di ragni e scorpioni) e sono parassiti esterni obbligati. Il loro ciclo biologico si svolge attraverso le fasi di uovo, larva, ninfa e adulto. Tra uno stadio e il successivo – e quando la femmina adulta deve far maturare le uova – hanno bisogno di un pasto di sangue, che può durare da qualche giorno ad alcune settimane e che si procurano da un inconsapevole ospite; una volta sazie, solitamente se ne staccano.

Le due principali famiglie di zecche sono le Ixodidae, comunemente note come “zecche dure” e le Argasidae o “zecche molli”. «Queste ultime sono le più frequenti in città e si nutrono per lo più sugli uccelli; Argas reflexus, ad esempio, è tipica del piccione, e può essere trasmessa all’uomo, cui può causare dermatiti da contatto o anche reazioni allergiche», spiega a OggiScienza Maria Grazia Zuccali, medico del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento. «Ma a interessare la sanità pubblica sono soprattutto le zecche dure, definite così perché presentano un caratteristico rivestimento chitinoso. Sono le zecche che si trovano nel bosco, e una percentuale di esse è portatrice di agenti patogeni come virus, batteri e protozoi che possono essere trasmessi all’animale parassitato».

Le zecche dure non sono particolarmente selettive nella scelta dell’ospite. Cani, caprioli, scoiattoli, esseri umani, sono tutte valide possibilità per la zecca, sebbene alcune specie, come la zecca del cane (Rhiphicephalus sanguineus) prediligano un solo un animale per tutto il loro ciclo vitale. L’organismo da parassitare è individuato grazie a un complesso organo di senso, noto come organo di Haller e situato sul primo paio di zampe, che consente alla zecca di percepire segnali quali l’umidità, la temperatura, le vibrazioni e l’anidride carbonica emessa con la respirazione, che indicano la presenza di un potenziale ospite. E una volta che l’hanno individuato?

«Le zecche non saltano né volano», spiega Zuccali. «La maggior parte delle Ixodidae resta in attesa tra le foglie o nell’erba e si attacca all’ospite quando questi passa loro vicino; una volta sul corpo, possono camminare per trovare il punto più adatto al morso, rappresentato dalle parti del corpo in cui la pelle è più sottile, come la piega del ginocchio e del gomito, le ascelle, l’attaccatura dei capelli o l’area dietro le orecchie».

Per quanto riguarda le preferenze di habitat, le zecche preferiscono i luoghi umidi e non troppo esposti al Sole. «È facile prendersi una zecca soprattutto attraversando un prato con l’erba alta, o comunque dove la vegetazione è fiorente e consente al parassita di ripararsi dalla luce», spiega ancora la dottoressa. «Comunque, non è escluso che le zecche possano trovarsi anche in habitat che per loro non sono ottimali ma che consentono di trovare ospiti da parassitare».

 Vettori di patogeni

Quello della zecca è un morso, non una puntura. L’apparato buccale di questi parassiti è infatti caratterizzato dalla presenza di un rostro che riesce ad attraversare la cute dell’ospite, piantandovisi così da tenere la zecca ferma mentre si nutre. Durante il pasto di sangue, le zecche dure possono secernere piccole quantità di saliva contenenti sostanze che agiscono da collante, “cementificando” il rostro alla cute dell’ospite e rafforzando ulteriormente la presa. Nella saliva delle zecche dure sono inoltre presenti molecole biologicamente attive che hanno proprietà anti-coagulanti, anti-infiammatorie e vasodilatatrici, e che permettono quindi di contrastare la risposta infiammatoria e l’attivazione della cascata di coagulazione dell’ospite.

Purtroppo, la saliva della zecca può contenere anche qualcos’altro. Durante il suo pasto di sangue, infatti, la zecca può ingerire anche batteri, virus e protozoi che dal loro intestino migrano all’emocele, la cavità interna del corpo, e da lì alle ghiandole salivari. Quando la zecca infetta parassita un nuovo ospite, dunque, può trasmettergli con la saliva anche questi agenti patogeni. Inoltre, come avviene anche per le zanzare, la saliva non è semplicemente un mezzo di trasmissione del patogeno, ma è anche in grado di modulare la risposta immunitaria dell’ospite facilitando l’infezione.

Malattia di Lyme e TBE

«In Italia, le principali malattie infettive trasmesse dalle zecche dure all’essere umano sono la malattia di Lyme e la meningoencefalite da zecche o TBE (Tick-Borne Encephalitis). La prima, dovuta a un batterio del genere Borrelia, si manifesta entro trenta giorni dal morso con un caratteristico eritema migrante, un’area arrossata della pelle che assume un aspetto “a bersaglio” (zone arrossate alternate a zone più chiare). «Sebbene non esista un vaccino, il trattamento precoce con antibiotici previene lo sviluppo delle manifestazioni successive, come interessamento di muscoli e articolazioni e alterazioni neurologiche. Se si osserva la comparsa dell’eritema migrante, dunque, è bene iniziare subito la terapia antibiotica», spiega Zuccali.

«L’agente patogeno della TBE è invece un virus a RNA del genere Flavivirus. L’incubazione è più breve rispetto alla malattia di Lyme: a distanza in media di sette giorni dal morso di zecca, la TBE esordisce con sintomi poco rilevanti simili a un’influenza (con febbre, mal di testa, dolori ai muscoli e alle articolazioni) che durano 2-4 giorni. Segue quindi un intervallo senza disturbi della durata in media di una settimana, dopo il quale inizia una seconda fase caratterizzata da disturbi del sistema nervoso centrale (meningite, encefalite) che possono lasciare anche danni permanenti». Per la TBE, come OggiScienza ha raccontato qui, è disponibile un vaccino, distribuito gratuitamente o a prezzo agevolato nelle aree in cui la malattia è endemica.

In Europa non esiste un sistema coordinato per la raccolta dei casi e relativi dati sulle persone affette da malattia di Lyme (sebbene nel 2018 la neuroborreliosi, la manifestazione neurologica della malattia, sia stata inserita dalla Commissione europea nella lista delle malattie da sorvegliare a livello epidemiologico), per cui al momento non esistono report nazionali o europei sulla sua diffusione. Tuttavia, dai dati disponibili provenienti dalle sorveglianze estemporanee, l’Organizzazione mondiale della sanità riporta che i casi sono aumentati in modo continuo tra il 1990 e il 2010.

Per quanto riguarda la TBE, l’ultimo report disponibile dell’European Center for Disease Prevention and Control (ECDC) riporta 48 casi confermati in Italia nel 2016; le regioni interessate sono principalmente Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Veneto, e le infezioni si registrano soprattutto nei mesi primaverili ed estivi, quando le zecche sono più attive.

L’ECDC riporta anche che, come per altre malattie trasmesse da vettori, l’aumento delle temperature, che estendono l’areale e prolungano il periodo di attività delle zecche, è uno dei fattori che contribuiscono ad aumentare i casi d’infezione da zecca. «A livello regionale, in Trentino abbiamo osservato un aumento d’infezioni negli ultimi cinque anni per entrambe le malattie: per la malattia di Lyme, i casi sono passati da una media di 15 all’anno a 29 all’anno; per la TBE da una media di 7,7 all’anno a 13,4», spiega Zuccali.

Mi ha preso!

Purtroppo, il rischio di essere morsi da una zecca durante una passeggiata nel bosco o un picnic sul prato va messo in conto. Ci sono tuttavia alcune buone pratiche che lo limitano, come camminare sui sentieri evitando l’erba alta, indossare camicie a maniche lunghe e pantaloni lunghi (infilati nei calzini infilati nei calzini: non è molto elegante, ma rende difficile alla zecca arrivare alla gamba) e di colore preferibilmente chiaro per rendere più facile l’individuazione delle zecche.

È consigliato anche di evitare di lasciare per terra o sugli arbusti zaini e maglioni. Sono in commercio anche alcuni repellenti per il corpo, principalmente a base di dietiltoluamide e icaridina, gli stessi principi attivi impiegati negli spray anti-zanzare, o per gli abiti. Questi ultimi sono in genere a base di permetrina, utilizzata anche in alcuni anti-parassitari applicati ai cani, per cui attenzione se con voi convive anche un gatto: per loro è altamente tossica, e devono quindi essere tenuti lontani dal cane o dagli abiti trattati. Inoltre, i repellenti non sono efficaci al cento per cento.

Il morso della zecca non è doloroso, per cui è facile non rendersi conto di averla addosso: per questa ragione, una volta a casa è bene poi controllare se stessi ed, eventualmente, il proprio cane per controllare che qualche zecca non sia riuscita comunque a morderci nonostante le precauzioni. E, nel caso, come bisogna comportarsi?

«Le zecche vanno rimosse il prima possibile, per limitare al minimo il rischio d’infezione. Non è necessario recarsi al pronto soccorso per farlo, ma è importante che la zecca sia rimossa nel modo corretto», spiega Zuccali. «E la prima cosa da sapere è che non bisogna assolutamente usare sostanze irritanti o oleose per farle mollare la presa: niente alcol, niente oli o lubrificanti, niente calore. Con questi sistemi, infatti, si può provocare il rigurgito di materiale infetto dalle ghiandole salivari della zecca, aumentando così la probabilità di trasmissione di agenti patogeni».

Per la rimozione si possono usare delle normali pinzette. «Le si avvicina il più possibile alla superficie della pelle, quindi di stacca la zecca con un colpo deciso. La rimozione deve avvenire senza torsioni e stando attenti a non schiacciare le zecca, per evitare sia il rigurgito delle ghiandole salivari sia la rottura del parassita con permanenza del rostro nella pelle, dove può causare un’infezione», spiega Zuccali. «Un’altra possibilità, che limita questo rischio, è usare pinzette apposite: si tratta di strumenti venduti in farmacia, con una base piatta che permette di ancorare bene il rostro.

Una volta che la zecca è stata rimossa, l’area del morso va lavata con cura e disinfettata; nel periodo successivo è bene prestare attenzione alla comparsa si sintomi che possono far sospettare l’infezione da parte di agenti patogeni. Nel caso si manifestassero, rivolgersi al proprio medico curante, che può fare una diagnosi ed eventualmente stabilire la terapia necessaria».


Leggi anche: Zecche e salute, la prevenzione

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.    Fotografie: PixabayPixabay

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.