AMBIENTE

Numeri che dipingono il futuro #1

Un modello matematico serve a rappresentare fenomeni complessi con semplicità: ce lo spiega Gianluigi Rozza, responsabile del laboratorio Mathlab alla SISSA di Trieste.

Cosa accomuna la nave che abbiamo preso per andare in vacanza e le previsioni sull’aumento della temperatura media terrestre nei prossimi vent’anni? Sembrano argomenti scollegati eppure alla base ci sono le stesse cose: numeri ed equazioni. Sia che si voglia progettare una nave sia che si voglia prevedere quale sarà lo sviluppo del clima nei prossimi decenni ci si avvale infatti dello stesso strumento, ovvero la modellistica matematica.

Il modello matematico

Un modello matematico “serve per rappresentare un fenomeno complesso con semplicità” ce lo spiega così il Dott. Gianluigi Rozza responsabile del laboratorio Mathlab alla SISSA di Trieste. Questo strumento, nel caso del clima, ci permette di comprendere meglio un fenomeno naturale e fare previsioni sul suo andamento futuro. Se invece parliamo di opere dell’uomo, come il progetto di una nave, ci permette di osservarne la struttura, vederne i limiti e, nel caso, ottimizzarla. I modelli matematici sono alla base di diverse discipline e la loro praticità è data dal fatto che ci permettono di simulare cose che nella realtà sarebbe troppo costoso riprodurre, o addirittura impossibile.

modello matematico

Costruire un modello, sia esso climatico o di una nave, può essere paragonato all’organizzazione di una vacanza. Si parte dalla valigia: noi vorremmo portare tutto, dal maglioncino contro la frescura serale al set di medicinali per ogni evenienza. La valigia ha però una capienza limitata quindi dobbiamo operare una scelta su cosa veramente ci può servire e cosa no, in base a dove stiamo andando. Allo stesso modo, nella costruzione di un modello “non si può pensare di far rientrare tutta la complessità di un fenomeno”. Si devono quindi scegliere consapevolmente quali parametri includere e quali scartare ai fini di ciò che si vuole studiare.

La base del modello, ciò che permette di tradurre in maniera fedele la realtà che ci circonda, sono le equazioni, leggi matematiche fondamentali che descrivono, da secoli, il funzionamento del mondo, il materiale di cui è costituita la nostra valigia.

La complessità

Certamente non è un sistema semplice, anzi spesso è proprio la complessità della natura dei fenomeni che vogliamo considerare a costituire un problema. Per gestirla e far sì che non diventi fonte di errore, nei laboratori vengono adoperate diverse strategie. “Di solito a un modello nelle prime fasi dell’elaborazione si chiedono risposte che già conosciamo”. Una sorta di test. Il modello viene provato su un caso studio noto, chiamato benchmark. Nei modelli climatici i benchmark sono gli avvenimenti passati: se il modello descrive bene i dati raccolti per le epoche scorse allora possiamo supporre sia attendibile anche per il futuro. Per una nave, invece, il modello iniziale deve essere in grado di riprodurre correttamente le caratteristiche di una sua “gemella” già in commercio. Se il modello riesce a ricreare questi casi studio allora se ne può incrementare la complessità, aggiungendo parametri diversi e nuove variabili e può essere migliorato. Se nella valigia entra l’essenziale, allora possiamo passare al superfluo, ma con ordine.

Muscoli e cervello

Un’altra conseguenza dell’estrema complessità dei fenomeni da studiare è la mole di dati che deve essere processata, che richiede spesso molto tempo e calcolatori sempre più performanti. “Così come i muscoli non sono tutto, non basta solamente aumentare la potenza dei calcolatori. Serve anche il cervello. Per questo la soluzione è una commistione delle due cose: calcolatori potenti e un cervello fatti di modelli di simulazione più efficienti e veloci”. Uno stratagemma per accelerare i tempi di risposta ad esempio è quello di preparare prima dei “calcoli stampo”. Sono calcoli generici che con qualche accorgimento possono essere adattati a diversi modelli e permettono di avvantaggiarsi sul lavoro, accorciando le tempistiche.

L’errore

Come però, precisa il professor Rozza, non si deve rinunciare troppo alla complessità. Il modello è una semplificazione, con criterio, di un fenomeno ipercomplesso. Un’ulteriore semplificazione lo renderebbe inutilizzabile perché lo esporrebbe a un margine di errore intollerabile. Sicuramente ci scorderemo di mettere qualcosa in valigia ma se questa cosa fossero i documenti la vacanza potrebbe essere rovinata.

Come si fa quindi a sapere che margine di errore possiamo accettare? Innanzitutto si gioca d’anticipo confrontando i dati sperimentali del fenomeno che voglio indagare con quelli che escono dal modello: più coincidono, più l’errore è trascurabile. “Inoltre esistono modelli che si affiancano a quello fondamentale che descrive il fenomeno. In questi si modificano alcuni parametri o se ne congelano altri per vedere come cambiano i risultati, fornendoci informazioni sull’errore. Si chiama analisi di sensitività.”

Previsione e prevenzione

Se i modelli sono nati per comprendere la realtà allo stato dell’arte si sono evoluti per prevedere come si possono sviluppare i fenomeni che indagano. “Un concetto essenziale che qui entra in gioco è quello di prevenzione. Il modello ci mostra cosa potrebbe accadere, sta a noi decidere se adottare delle misure preventive”. Questo vale sia in ambito climatico che progettuale. I modelli possono dirci che che allo stato attuale la temperatura aumenterà di due gradi entro il 2020, come gestire questa informazione per impedirlo riguarda noi.  Nel caso di una nave invece il modello può evidenziare una criticità della struttura in presenza di ghiaccio ad esempio, ma se la nave è stata progettata per navigare solo nel Mediterraneo questa previsione può essere consapevolmente ignorata.

L’affidabilità

Abbiamo visto come alle previsioni climatiche e alla progettazione di una nave si applichi lo stesso concetto di base. Quello che sorge spontaneo chiedersi è però perché, quando si parla di una nave, l’affidabilità dei modelli utilizzati per progettarla non viene messa in dubbio, mentre con il clima questo accade in continuazione. “La differenza sta nel fatto che le navi sono un prodotto dell’uomo e come tale rimane fortemente collegato con quella che è la sua esperienza passata, ciò che è stato progettato prima. Con i modelli climatici invece non stiamo riproducendo un’opera umana, ma della natura. Stiamo cercando di interpretare qualcosa di molto più complesso su scale e portate enormi, di fronte al quale non ci si può che sentire piccoli”. Modellare il clima, progettare una nave o anche solo preparare una valigia intelligente può essere quindi una faccenda davvero complessa.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.    Immagine: Pixabay

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