SCOPERTE

Neutrini di Majorana, GERDA segna nuovo record nella caccia alla particella

L’esperimento GERDA punta a osservare il "Sacro Graal" della fisica delle particelle: il decadimento doppio beta senza emissione di neutrini

Interno della water tank di GERDA. Le sue pareti interne sono coperte con un foglio riflettente per migliorare la raccolta della luce Cherenkov emessa dai muoni dei raggi cosmici (Credit: Collaborazione GERDA/K. Freund)

Riuscire a osservare il “Sacro Graal” per la fisica delle particelle elementari. Questo è l’ambizioso obiettivo dell’esperimento GERDA, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Un obiettivo sempre più vicino ora che l’esperimento, dopo aver raccolto dati per oltre due anni e mezzo, ha segnato un nuovo record di sensibilità, riducendo a un livello molto basso gli eventi che costituiscono il “rumore di fondo” che affligge le misurazioni.

Il risultato ottenuto dal team della collaborazione GERDA, di cui è responsabile internazionale Riccardo Brugnera, ricercatore INFN e professore all’Università degli Studi di Padova, è stato pubblicato sulla rivista Science. L’esperimento cercherà di osservare il rarissimo decadimento doppio beta senza emissioni di neutrini, un fenomeno che se osservato fornirebbe preziose informazioni su queste sfuggenti particelle.

In particolare, il decadimento permetterebbe di confermare se i neutrini siano o meno particelle di Majorana, cioè se coincidano con la loro antiparticella. Una teoria che è attualmente proibita dal Modello standard per le particelle, ma che fu ipotizzata dal fisico Ettore Majorana oltre 80 anni fa e che renderebbe i neutrini l’unica particella elementare ad oggi nota in grado di acquisire massa senza bisogno del bosone di Higgs.

Il rarissimo decadimento e i neutrini di Majorana

I neutrini sono per natura particelle altamente elusive e sfuggenti: neutri, debolmente interagenti e dalla massa piccolissima, tanto da essere quasi nulla. Nonostante ciò, queste particelle giocano un ruolo chiave nei meccanismi di funzionamento delle stelle, nelle esplosioni di supernovae e nella formazione di elementi durante il Big Bang.

Negli anni Trenta il fisico italiano ipotizzò l’esistenza di particelle che coincidono con la loro antiparticella, i cosiddetti fermioni di Majorana. Tra i fermioni, il neutrino è l’unico ad essere privo di carica, una caratteristica promettente affinché coincida con il suo antineutrino. Una ipotesi che potrebbe essere confermata dall’osservazione di un fenomeno molto raro, un doppio decadimento beta senza emissione di neutrini.

In un decadimento beta “semplice”, un neutrone si trasforma in un protone emettendo un elettrone e un antineutrino. Quando un neutrino invece collide con un neutrone, dà il via al processo inverso, producendo un protone e un elettrone. Se il neutrino fosse quindi una particella di Majorana, esso coinciderà con il suo antineutrino, e nel caso di un doppio decadimento beta, dove due neutroni si trasformano in due protoni e due elettroni, allo stato finale non ci sarà emissione di neutrini.

L’osservazione di un doppio decadimento beta senza neutrini aprirebbe la strada a una nuova fisica, dato che la scoperta di informazioni così preziose sui neutrini permetterebbe di avere indicazioni sul meccanismo che gli attribuisce massa e potrebbe spiegare anche l’attuale discrepanza nell’universo tra materia e antimateria.

GERDA, record nella caccia ai neutrini di Majorana

Il fenomeno però è complicato da osservare, dato che si stima che la probabilità di vedere un evento di questo tipo sia dell’ordine di decine di milioni di miliardi di miliardi di anni, mentre il nostro universo ha circa 13,8 miliardi di anni. Oltre a doversi confrontare coi tempi, i ricercatori hanno dovuto trovare anche il modo di ridurre il “rumore di fondo”, cioè tutti quei processi che simulano il segnale ricercato e lo inquinano, complicando la rivelazione.

Per questo motivo progettare un esperimento in grado di osservare il doppio decadimento beta senza neutrini non è stato facile. Nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, dove la montagna scherma l’esperimento dai raggi cosmici che potrebbero creare segnali di disturbo, GERDA ha segnato un nuovo record. E’ stato il primo esperimento a raggiungere una sensibilità per il tempo di dimezzamento, cioè il tempo necessario affinché la metà del nuclei decada, di oltre 1026 anni, con un bassissimo livello di “rumore di fondo”.

Inserimento del complesso di rivelatori al Ge nel criostato contenente argon liquido. Vista dalla sommità del criostato (Credit: Collaborazione GERDA/M. Heisel)

Il rivelatore al germanio (Ge) è situato in un criostato che contiene 63 metri cubi di argon liquido alla temperatura di meno 190° Celsius, che a sua volta è immerso in un contenitore riempito con 590 metri cubi di acqua ultrapura. Una doppia schermatura contro la radiazione naturale che arriva dall’ambiente esterno, oltre a quella della roccia della montagna. Questo tipo di rivelatore, che utilizza il germanio, ad oggi è il più preciso per la misurazione dell’energia dei due elettroni emessi dall’eventuale doppio decadimento beta senza neutrini.

L’esperimento ha preso dati per circa due anni e mezzo e continuerà fino alla fine del 2019, quando lascerà il posto a un nuovo esperimento simile, il LEGEND-200, che avrà una sensibilità sul tempo di dimezzamento superiore ai 1027 anni, come spiegato da Brugnera: “GERDA terminerà la sua presa dati alla fine di quest’anno e sarà sostituito da un nuovo apparato, LEGEND-200, basato sugli stessi principi, ma con un numero 5 volte superiore di rivelatori e un fondo previsto 5 volte inferiore. LEGEND-200 migliorerà così di un fattore 10 la sensibilità record di GERDA”. Un passo avanti nella caccia agli elusivi neutrini di Majorana, che potrebbe spalancare la porta su una nuova fisica delle particelle, portandoci sempre più vicini a svelare i misteri della materia e dell’antimateria nel nostro universo.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.