SALUTE

Cancro al seno: quello che devi sapere e quello che puoi fare

Una donna su 25 si ammala dai 50 e i 69 anni, ma il 98% sopravvive se il tumore è preso allo stadio iniziale. Eppure, solo la metà delle donne risponde all'invito dello screening gratuito.

cancro al seno

Statisticamente una donna su 40 si ammalerà di cancro alla mammella prima dei 40 anni, una donna su 20 fra i 50 e i 69 anni e una su 25 dopo i 70 anni. Dopo i tumori della pelle, il tumore più presente è proprio quello al seno. Si stima che nel 2019 verranno diagnosticati in Italia circa 53.000 nuovi casi di carcinomi della mammella femminile, eppure solo la metà delle donne invitate allo screening gratuito risponde all’invito.

Pigrizia? Mancanza di tempo? Paura di una diagnosi infausta? In realtà prima si individuano delle anomalie, prima e meglio si agisce, e nella maggior parte dei casi si risolve il problema. La buona notizia è infatti che l’87% è viva a 5 anni dalla diagnosi, sia fra le giovani che fra le anziane, e l’80% delle donne è viva dopo 10 anni. È vivo a 5 anni il 91% delle donne con meno di 65 anni, l’ 89% tra le donne in età 65-74 anni, e il 79%, tra le donne anziane. Si evidenziano tuttavia livelli leggermente inferiori di sopravvivenza nel Meridione: Nord Italia (87-88%), Centro (87%) e Sud (85%). (Dati AIOM 2019 completi qui)

La mortalità appare in calo in tutte le classi di età, soprattutto nelle donne con meno di 50 anni, attribuibile alla maggiore diffusione dei programmi di diagnosi precoce e quindi all’anticipazione diagnostica e anche ai progressi terapeutici.

Perché ci si ammala?

La maggior parte di carcinomi mammari sono forme sporadiche (sebbene esistano fattori di rischio come l’obesità, fattori riproduttivi e ormonali): solo il 5-7% risulta essere legato a fattori ereditari, un quarto dei quali determinati dalla mutazione di due geni, BRCA 1 e/o BRCA 2. Nelle donne portatrici di mutazioni del gene BRCA 1 il rischio di ammalarsi nel corso della vita di carcinoma mammario è pari al 65% e nelle donne con mutazioni del gene BRCA 2 pari al 40%.

L’unica cosa che una donna può fare per cercare di evitare il peggio è intercettare eventuali cellule tumorali il prima possibile.

Che cosa accade se c’è effettivamente qualcosa?

Alcune donne si sentono diagnosticare il carcinoma in situ, considerato lo “Stadio 0” del cancro al seno. Può trattarsi di Carcinoma lobulare in situ, che non è un tumore aggressivo ma può rappresentare un fattore di rischio per la formazione successiva; oppure di Carcinoma duttale in situ (DCIS), considerato una forma precancerosa più che un vero e proprio tumore, perché in molti casi non si evolve verso un cancro vero e proprio. In questo caso si esegue una biopsia del linfonodo sentinella e si ricorre alla chirurgia conservativa, seguita da radioterapia sulla mammella residua oppure mastectomia skin sparing o nipple sparing.

Se invece la diagnosi è di Carcinoma mammario infiltrante operabile (stadio I e II) si opta per un trattamento loco-regionale, composto da chirurgia conservativa e radioterapia o mastectomia. Per Stadio I si intende un cancro in fase iniziale, con meno di 2 cm di diametro e senza coinvolgimento dei linfonodi, mentre un cancro allo Stadio II è in fase iniziale (meno di 2 cm di diametro) ma ha già coinvolto i linfonodi sotto l’ascella. La scelta del tipo di intervento dipende da dove si trova il tumore e dal rapporto tumore/dimensioni della mammella, dalle caratteristiche mammografiche, e anche dalla preferenza della paziente. Se si sceglie la mastectomia oggi sono disponibili diverse tecniche ricostruttive, incluse protesi mammarie.

Accanto al trattamento si suggerisce la terapia sistemica adiuvante dopo la chirurgia, in base alle caratteristiche biologiche del tumore, al rischio di ripresa di malattia e all’entità del beneficio (in termini di riduzione assoluta e proporzionale del rischio di ripresa di malattia) prevedibile. L’ormonoterapia adiuvante è indicata in tutte le pazienti con tumori con recettori ormonali positivi, mentre la chemioterapia adiuvante è indicata in tutte le donne con meno di 70 anni con bassi livelli di recettori ormonali. Infine, nelle pazienti con tumore HER2-positivo si suggerisce in aggiunta alla chemioterapia e all’eventuale terapia ormonale, la terapia con l’anticorpo monoclonale trastuzumab per un anno.

Il tumore allo Stadio III è un tumore localmente avanzato, di dimensioni variabili, ma che ha coinvolto già anche i linfonodi sotto l’ascella, oppure che coinvolge i tessuti vicini al seno, mentre allo Stadio IV si tratta di un cancro già metastatizzato. Anche in questo caso comunque c’è possibilità di sopravvivenza a 5 anni.

La mammografia

Se il tumore viene identificato allo stadio 0, la sopravvivenza a cinque anni nelle donne trattate è del 98 per cento. Eppure, stando ai dati più recenti dell’Osservatorio Nazionale Screening, nel 2017 solo il 55% delle donne italiane invitate per lo screening gratuito ha aderito, la stessa percentuale del 2011: il 63% al nord, il 53% al centro e il 41% al sud. Va precisato che qui si parla di donne che hanno risposto all’invito allo screening gratuito, a cui vanno aggiunte le donne che possono essersi sottoposte a controllo al di fuori dei programmi di screening. Il divario geografico riguarda prima di tutto il numero di inviti, dal momento che nel meridione l’attivazione dei programmi è molto più recente e incompleta rispetto al resto del Paese.

Il 6% di queste donne è stata richiamata per accertamenti, per un totale di 8.257 carcinomi individuati in fase iniziale. La mancata partecipazione non dipende solo dalle donne, anzi. Nel 2017 alcune Regioni o singoli programmi hanno invitato allo screening anche le donne nelle fasce di età 45-49 (a intervallo annuale) e 70-74 (con intervallo biennale) con modalità organizzative diverse.

Alcune regioni hanno iniziato a invitare allo screening anche le donne nelle fasce di età 45-49 (a intervallo annuale) e 70-74 (con intervallo biennale) con modalità organizzative diverse. Nel 2017 sono state invitate 248.367 di queste donne, pari a circa il 10% della popolazione bersaglio, proveniente da tre sole Regioni: Emilia-Romagna, Piemonte e Valle d’Aosta. Altre sei regioni stanno iniziando ad invitare donne nella fascia di età 45-49 anni in maniera sistematica: Basilicata, Liguria, Campania, Sicilia, Toscana e Veneto.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.