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Streghe, erbe, scope volanti. E tanta chimica

Un ruolo determinante nella storia della stregoneria l’ha avuto un particolare gruppo di molecole, sostanze estratte da erbe naturali a lungo avvolte da mistero e paura.

Zucche col ghigno, cappelloni neri, maschere da zombie, dolci, scherzetti, film horror, scope volanti. Si perde il conto dei simboli macabri che affollano i festeggiamenti della notte di inizio novembre.
Halloween o Ognissanti: l’identità di questa festa è ormai un meticciato tra tradizioni antichissime e rituali più moderni. L’idea più diffusa che abbiamo di questa festa è del resto un bel mix di influenze storiche e, più spesso, letterarie, cinematografiche, televisive, che la trasformano in un grande evento pop.

Solo negli Stati Uniti, si sa, Halloween è sinonimo di un’industria dal fatturato annuo di svariati miliardi di dollari. Dalla mitologia greca al Macbeth di Shakespeare, dal Mago di Oz a Rosmary’s baby fino alla saga di Harry Potter e Nightmare Before Christmas, le protagoniste indiscusse di questo immaginario collettivo sono da sempre le streghe, alle quali sono stati affidati nel corso dei secoli ruoli sia maligni che benigni.

streghe

Dietro le leggende e le finzioni letterarie si nasconde tuttavia una storia anche tragica, un fenomeno che ha causato, tra la metà del trecento e la fine del settecento, moltissime vittime. In tempi di carestia, disastri naturali, epidemie, in tutta Europa c’era sempre qualcuno pronto a testimoniare che, prima di una sciagura, una o più donne erano state nei pressi dei campi mentre volavano o festeggiavano con strane danze, magari nude e in compagnia di qualche demone. Spiegazioni razionali per disgrazie incomprensibili, d’altra parte, scarseggiavano. Era ben più facile individuare capri espiatori, per lo più donne del popolo, da accusare di stregoneria.

Secondo quanto emerge dai verbali dei processi per stregoneria, molte di loro confessavano poi di aver davvero volato a cavalcioni di una scopa o fatto incontri soprannaturali. Le dichiarazioni erano fatte spesso prima della tortura, quindi molto probabilmente in buona fede, non solo per cercare in extremis di salvarsi dal rogo. Queste donne insomma credevano di aver volato sul serio.

Chi erano davvero le streghe? Di quali delitti si macchiavano per essere perseguitate e uccise, addirittura col fuoco, a centinaia di migliaia? La ragioni di questa ossessione e ondate di isteria di massa sono diverse, compresa una componente di discriminazione sessuale – si occupavano di pratiche “magiche” anche gli uomini, ma raramente venivano incriminati. Un ruolo determinante in questa storia l’ha avuto un particolare gruppo di molecole, sostanze estratte da erbe naturali, a lungo avvolte da mistero e paura. Alcune di queste non hanno smesso di creare panico anche in tempi più recenti.

Streghe, o pseudo tali, erano strettamente legate alla chimica. Per capire da dove derivasse questa conoscenza occorre fare un salto indietro nel tempo.

Stregoneria o medicina? Di sicuro un po’ di botanica

Tracce di credenze popolari in stregoneria e arti magiche si trovano in passato ben prima del tardo medioevo. In tutte le leggende delle civiltà più antiche abbondano simboli legati al sovrannaturale. Dal Paleolitico fino ai Celti – gli stessi inventori del Samhain, la grande festa dei morti che segnava l’inizio dell’inverno, tramutata poi nella nostra cristiana Ognissanti – non mancano divinità mostruose, folletti, spettri, maghi, incantesimi di ogni genere. Una tendenza innata nelle società umane, si direbbe. Ma è quando si è scatenata la grande caccia alle streghe con i relativi processi, come quello di Salem, a cavallo tra medioevo e rinascimento, che si sono plasmate le suggestioni più durature nella nostra cultura.

Forse non somigliavano molto alle streghe dell’Est e dell’Ovest che tormentavano Dorothy nel Mago di Oz, tuttavia l’iconografia tradizionale rappresenta le streghe con elementi ricorrenti analoghi. Dal XV secolo in poi, raffigurazioni tipiche di dipinti e incisioni comprendono quasi sempre scene di “Sabba”, con le streghe spesso in abiti succinti o completamente nude, intente a rimescolare in pentoloni o circondate da ampolle in ambienti simili a laboratori.

In effetti, preparare estratti e cure naturali è proprio quello che facevano le guaritrici e le levatrici nella comunità rurali. In giorni in cui si moriva facilmente, e anche la medicina poco poteva fare per certe malattie, qualsiasi cura anche alternativa risultava provvidenziale, se non miracolosa (o stregonesca appunto).

Nel suo libro “Streghe. Storie di donne indomabili, dai roghi medioevali a #MeToo”, la saggista francese Mona Chollet ricorda che si trattava per lo più di vedove o donne non sposate, che godevano di una grande rispettabilità, erano anche ammesse alle corporazioni professionali. A inizio Rinascimento qualcosa tuttavia cambiò. Instabilità politica e sociale, una generale insicurezza, lo scetticismo della medicina ufficiale e della Chiesa diedero inizio a una violenta repressione di queste attività durata per secoli.

Belladonna, Mandragola, Giusquiamo: il segreto è negli alcaloidi

Andrè Laguna de Segovia, medico e farmacologo spagnolo specializzato in erboristeria, in forze alla corte reale di Carlo V e Filippo II, scriveva nel XVI secolo che in casa di una donna accusata di stregoneria e poi imprigionata venne rinvenuto “un vaso pieno di un unguento verdastro, composto di diverse erbe come la cicuta, la Belladonna, la Mandragora e il Giusquiamo”.

La mistura citata potrebbe sembrare un innocuo decotto, ma si tratta invece di una vera e propria bomba per i sensi. Le erbe usate erano tra le piante più tossiche della famiglia delle Solanacee, in grado di alterare il sistema nervoso centrale. Ci sono Solanacee anche commestibili, come la melanzana o il pomodoro, ma certo non è questo il caso. La Belladonna (Atropa belladonna) per esempio, riconoscibile per il colore viola intenso dei suoi frutti, secondo le leggende era consumata dal Diavolo in persona. In realtà, il nome belladonna deriva dal fatto che un suo estratto veniva usato come collirio per ragioni estetiche. Infatti, la pianta contiene l’atropina, una molecola che ha un effetto midriatico: è in grado di far dilatare le pupille, le donne che ne facevano uso si vedevano così più sensuali e attraenti.

Anche oggi l’atropina è usata negli esami oftalmici. Ma se assunta in quantità eccessiva, gli effetti dell’atropina sono ben più seri e pericolosi: allucinazioni, agitazione, euforia, delirio extrasensoriale – Atropa del resto deriva da Atropo, divinità greca che decideva della vita e della morte degli uomini. L’atropina fa parte di una classe di molecole di cui sono ricche la Belladonna e le altre Solanacee individuate dall’occhio attento di Andrè Laguna e che nascondono un rischio altissimo di alterazione sensoriale: gli alcaloidi.

Gli alcaloidi sono composti vegetali che presentano uno o più atomi di azoto. Oltre ad essere fisiologicamente attivi nel nostro organismo a livello di sistema nervoso centrale, queste molecole hanno avuto una grande diffusione nella storia della medicina e nella farmacologia moderna. Ci sono alcaloidi usati come analgesici, come agenti antimalarici, altri noti da tempo immemore come l’acrecaidina estratta in Africa dalle noci di palma di betel e usato come stimolante, o l’efedrina della medicina tradizionale cinese oggi usato come decongestionante. Era un alcaloide anche la frazione velenosa della cicuta che uccise Socrate, la coniina.

La stessa cocaina è un alcaloide, il principale dell’albero della coca. Quanto alle altre piante del famigerato miscuglio verde delle curatrici-streghe, queste non hanno mancato di ispirare altre leggende e invenzioni letterarie: la Mandragola (Mandragora officinarum), è stata usata come sonnifero e per dare vigore sessuale. Dalle radici con sembianze vagamente umane, la Mandragola è citata nel “Romeo e Giulietta”, così come nella saga di Harry Potter per le urla che emetterebbe se strappata dalla terra; il Giusquiamo (Hyosciamus niger) invece è stato un analgesico, un sonnifero e un veleno, anch’esso probabilmente citato da Shakespeare, questa volta nell’Amleto.

Insieme all’atropina, l’altro alcaloide importante in questo terzetto è la scopolamina.

Più familiare come il principio attivo delle gomme anti-mal d’auto, se assunta in quantità più consistenti la scopolamina è un potente anestetico, capace anche di produrre euforia e di sciogliere la parlantina. Per questo è stato spesso sfruttato nella finzione, nei romanzi e film gialli per esempio, come siero della verità.

Le esperte medievali di erbe curative conoscevano gli effetti allucinatori di atropina e scopolamina, sebbene non sapessero come interpretare il comportamento chimico delle loro erbe, ovviamente. Così come avevano in qualche modo capito che non erano particolarmente solubili in acqua ed era meglio non ingerire quelle erbe o i loro estratti. Gli estratti dalle erbe venivano perciò prima sciolti in olio e grasso, producendo la leggendaria mistura verdastra, in sostanza una pomata da spalmare e assumere per assorbimento epidermico, con maggiore efficacia se per via vaginale o rettale. Per facilitare queste delicate operazioni anatomiche, venivano usati anche manici di scopa opportunamente spalmati dell’unguento “magico”.

Psichedelia, portami via

Ecco spiegato il mistero: secondo l’interpretazione più plausibile, le presunte streghe molto probabilmente si riunivano col calar della sera per fare uso di queste sostanze a scopi ricreativi, forse per qualche ora di evasione da una vita di stenti, altro che Sabba con il diavolo, chissà. Le potenti allucinazioni prodotte da scopolamina e allotropina dovevano sembrare esperienze molto reali agli occhi delle inconsapevoli curatrici, per quanto esperte. Se così fosse, può essere questa la ragione delle confessioni di aver volato su manici di scopa, essere uscite dal corpo, aver visto figure demoniache. Lo stupore, la curiosità, la paura, il segreto tramandato nel tempo, la causa della nascita del mito e dell’iconografia “maligna” (streghe nude, manici di scopa, pentoloni, infanticidi ecc) sopravvissuta fino a oggi.

A provocare allucinazioni e tossicità non sono solo le piante usate per gli unguenti delle avventure notturne delle curatrici “volanti”. A condannare al rogo migliaia di streghe tra l’Europa e le Americhe fu anche l’ergotammina, presente nel fungo Ergot (Claviceps purpurea), noto anche come segale cornuta. L’ergotismo causa allucinazioni, convulsioni, spasmi, aborti spontanei, bruciori dolorosissimi. La malattia del “Fuoco di Sant’Antonio” o “Ballo di San Vito” è dovuta a questo alcaloide. Il fungo attecchiva facilmente nei raccolti di segale, specie se con alti tassi di umidità e in condizioni igieniche precarie. Intere comunità venivano colpite da segale cornuta, senza capire perché. Una totale inconsapevolezza perfetta per superstizioni di ogni tipo. La colpa, inutile dirlo, ricadeva sulle povere “streghe”. Fu questa probabilmente la principale accusa dello storico processo tenuto nel 1692 a Salem nel Massachusset.

Gli alcaloidi alla base dell’ergotismo sono inoltre tutti derivati di una molecola in particolare, l’acido lisergico, i cui effetti allucinogeni furono scoperti e descritti solo nel 1943 dal chimico svizzero Albert Hofmann, in particolare da un suo derivato sintetico, meglio noto come LSD. La storia che l’accompagna è piuttosto celebre. Hofmann assunse quasi accidentalmente l’LSD e ne sperimentò gli effetti, prima totalmente ignorati, in una mitica passeggiata in bicicletta per tornare a casa. Quelle allucinazioni, e le successive, avrebbero poi ispirato i movimenti hippie degli anni ’60. La sconvolgente dissoluzione dell’ego, le esperienze extracorporee causate dall’LSD e la paura generata dall’ignoranza del fenomeno furono il motivo della messa al bando del farmaco nel ’65 e la spinta a una moderna abiura per chi ne facesse uso.

Una nutrita schiera di scrittori, attori, musicisti – tra i meno noti anche Cary Grant, come racconta Agnese Codignola nel suo libro LSD, storia di una sostanza stupefacente –  ma anche persone comuni e scienziati interessati a studiare il fenomeno, sono finiti nelle liste nere delle autorità, soprattutto statunitensi. Un po’ come per le streghe a fine medioevo. Forse non è un caso che uno dei primi brani rock anni ‘60 dal sapore psichedelico, composto dal cantautore britannico Donovan, si ispiri al mito delle streghe.

In realtà non c’è certezza documentata sulla connessione tra atropina, scopolamina e le presunte esperienze di volo. Di certo oggi conosciamo, grazie alla chimica e farmacologia moderne, le proprietà delle piante medicinali. Le antiche tradizioni erboristiche ci hanno permesso così di sviluppare una grande varietà di farmaci. La stessa LSD, pian piano, sta vivendo un suo “rinascimento“, nella speranza che possa a tornare utile nella cure di dipendenze, depressioni, malattie psichiatriche (purtroppo, mentre abbattiamo antichi tabù, ci sbarazziamo anche, sconsideratamente, della fonte principale di queste piante, le foreste pluviali tropicali).

Intanto, se durante la notte di Halloween ci sembra di scorgere qualche scopa volante o una zucca parlante, meglio dare una controllata alle erbe e alle tisane che abbiamo in casa.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.    Immagine: Pixabay

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Marco Milano
Dopo gli studi in Scienza dei Materiali si è specializzato in diagnostica, fonti rinnovabili e comunicazione della scienza. Da diversi anni si occupa di editoria scolastica e divulgazione scientifica. Ha collaborato, tra gli altri, con l’Ufficio Stampa Cnr e l’agenzia Zadig.