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Alla scoperta dell’eterostilia: chi si somiglia non si piglia

I massimi esperti di riproduzione delle piante fanno il punto su questa particolare forma di adattamento

Le piante (termine generico a cui si riconducono più di 390.000 specie appartenenti al Regno vegetale) rappresentano la base per la vita animale, sia perché costituiscono il nutrimento su cui si fonda qualsiasi catena alimentare, sia per il loro importantissimo e ormai noto ruolo di convertitori di anidride carbonica in ossigeno. Studiare come le piante si riproducono, ossia capire quali siano le strategie adattative che si sono sviluppate ed affinate nel corso di milioni di anni di evoluzione, può aiutare a capire le cause e le conseguenze dell’enorme varietà che caratterizza il Regno vegetale, e come questa diversificazione possa essere sfruttata dall’essere umano in moltissime attività, produttive e non.

Tante possibilità per la riproduzione delle piante

La riproduzione nel mondo vegetale è, infatti, qualcosa di molto più variegato di quanto si possa ingenuamente pensare: c’è innanzitutto la riproduzione di tipo asessuato, nella quale nuovi organismi originano a partire da rizomi, tuberi e bulbi, molto utilizzata nella botanica (si pensi alle talee e agli innesti). C’è poi l’autofecondazione, in cui il gamete maschile incontra il gamete femminile prodotto dalla stessa pianta (nello stesso fiore, o in fiori diversi).
Infine, c’è il vasto mondo dell’incrocio, in cui gamete maschile e femminile sono prodotti da due piante distinte. E rientra in questo gruppo variegato anche l’eterostilia, una strategia riproduttiva molto particolare nella quale l’obiettivo è quello di rendere l’autoimpollinazione impossibile, promuovendo la fecondazione tra individui che non sono relazionati e aumentando così la variabilità genetica della specie. Nelle specie eterostile, di cui un esempio è la comune primula, si distinguono più tipologie di fiori (due nel caso della distilia, tre nel caso della tristilia), diverse per lunghezza degli stili, dimensioni del polline e delle cellule stigmatiche. Ogni pianta presenta però un solo tipo di fiore, e l’impollinazione tra fiori dello stesso tipo è inibita.

Una forma di adattamento ancora misteriosa

Il marcato polimorfismo che caratterizza gli organi sessuali di alcune piante non poteva non attrarre, per le importanti implicazioni riguardanti l’evoluzione della specie, l’attenzione del padre dell’evoluzionismo moderno, Charles Darwin, che nel 1877 ha dedicato a questo argomento un libro dal titolo “Le diverse forme dei fiori in piante della stessa specie”.
Dopo di lui molti ricercatori e ricercatrici hanno studiato questa affascinante forma di adattamento, ma sono diverse le domande ancora irrisolte riguardanti l’ecologia e l’evoluzione dell’eterostilia. Recentemente, è uscito un numero speciale della rivista “New Phytologist” proprio su questa tematica: la monografia prende spunto da un simposio svoltosi lo scorso anno, che ha riunito i massimi esperti mondiali di riproduzione delle piante.

Il simposio è stato organizzato in onore del Prof. Spencer Barrett, pioniere della disciplina, recentemente ritiratosi dall’attività che svolgeva presso l’Università di Toronto, dopo 40 anni di carriera.
La rassegna comprende 35 articoli che coprono diversi campi della ricerca, integrando teoria, ecologia, storia naturale, evoluzione e studi genetici riguardanti i sistemi riproduttivi delle piante: c’è ad esempio il paper di un gruppo di ricerca dell’Università di Toronto che ha indagato, attraverso l’applicazione di un modello matematico, gli effetti combinati del periodo di infiorescenza e dell’isolamento spaziale nel determinare la diversità genetica di una popolazione di piante; o ancora, un articolo di un team della Stellenosch University che spiega come le tecniche di nanotecnologia recentemente sviluppate permettano lo studio di queste strategie riproduttive a un livello di precisione finora impensabile.

Al di là della celebrazione di un grande scienziato, la collezione rappresenta uno strumento importante e un punto di riferimento per gli studiosi di questo particolare ma affascinante ambito, in modo da fornire uno stato dell’arte aggiornato e al contempo focalizzare l’attenzione sulle domande ancora irrisolte e sui campi di ricerca ancora non completamene esplorati.


Leggi anche: Cecità vegetale: non vediamo le piante, ma possiamo imparare. Partendo dal cibo

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine:Pixabay

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Marcello Turconi
Neuroscienziato votato alla divulgazione, strizzo l'occhio alla narrazione digitale di scienza e medicina.