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La vita prima della vita: alla ricerca del metabolismo primordiale

L’origine della vita è una di quegli argomenti che da secoli animano le discussioni tra chimici e biologi. Non solo per il fascino di una domanda vecchia quanto l’umanità, dalle profonde implicazioni esistenziali, ma anche perché in qualche modo essa presidiava la linea di confine tra le due discipline.

Di certo sappiamo solo che, in un qualche momento della storia del pianeta, la materia inanimata assunse la capacità di promuovere quelle reazioni che un tempo poteva solamente subire, organizzarsi e quindi replicarsi. Come, cosa, quando e dove – il perché è di competenza di filosofi e teologi – rimangono tuttora nel campo delle ipotesi, che non a caso sono numerosissime. Perdurando la seccante mancanza di una macchina del tempo, così come quella di reperti fossili, negli ultimi decenni gli scienziati si sono ingegnati per elaborare metodi indiretti che permettessero di compiere un viaggio a ritroso di 4 miliardi di anni. Dentro e fuori di noi. Il percorso si snoda inevitabilmente attraverso proteine, acidi nucleici ed enzimi, nella speranza di isolare le reazioni chimiche e le molecole responsabili dello sviluppo della vita.

Gli approcci possibili sono due

“Il primo – che considero poco fruttuoso, ma che domina ancora i libri di testo – consiste nel cercare di capire come sia potuta nascere una singola molecola ancestrale capace di auto replicarsi, come il DNA o l’RNA” spiega Daniel Segrè, professore di Bioinformatica all’Università di Boston. Il secondo approccio guarda invece alla cellula come una complessa rete di reazioni che nel loro insieme sostiene la vita. “Personalmente mi piace pensare al metabolismo come il frutto un processo ecosistemico che va oltre la membrana di una cellula o il singolo enzima: qualunque cellula ha interazioni continue con l’ambiente circostante” prosegue il bioinformatico. Microrganismi diversi sono in grado di compiere reazioni diverse. Tuttavia, come ci insegna il trasferimento orizzontale di geni tra specie, l’acquisto di nuove funzioni non è un’esclusiva dell’evoluzione lineare. Da qui, l’idea di indagare l’origine della vita a livello dell’intera biosfera, indipendentemente da quale organismo o quale molecola faccia cosa.

“L’idea di base è che le reti metaboliche custodiscano informazioni più antiche del codice genetico. La reazione che oggi è catalizzata da un enzima avrebbe potuto avvenire ancor prima che esistesse il gene che codifica l’enzima” spiega Segrè, suggerendo un paragone suggestivo. Immaginate di aggirarvi per le vie di una città dalla storia millenaria: alcuni edifici – cioè le molecole – saranno medievali, altri rinascimentali, altri ancora moderni. Per quanto nel corso dei secoli interi quartieri possano essere stati demoliti e ricostruiti, la rete di vicoli, piazze e strade – cioè le reazioni chimiche fondamentali – spesso subisce mutamenti minimi, rivelando l’antico assetto urbanistico della città. “Esperimenti recenti hanno dimostrato che alcune reazioni fondamentali della cellula, come il ciclo dell’acido citrico, possano essere catalizzate da superfici minerali. È come aver risolto il paradosso dell’uovo e della gallina: le reazioni avvengono prima della comparsa dei loro enzimi” sostiene il bioinformatico.

Le condizioni ambientali per la nascita della vita

Nonostante ciò, restringere il campo delle reazioni chimiche che avrebbero potuto innescare la vita rimane un compito improbo. Anche volendo includere nel nostro paragone urbano le salite e le discese – cioè l’energia di attivazione di una reazione – le condizioni ambientali in cui esse avrebbero potuto instaurarsi sono ignote. Secondo l’ipotesi al giorno d’oggi più condivisa, l’atmosfera primitiva del pianeta era debolmente riducente: povera di ossigeno ma ricca in metano, vapore acqueo, azoto, idrogeno e ammoniaca. Tuttavia, altre scuole di pensiero ritengono che la vita possa essersi sviluppata in condizioni simili a quelle presenti oggi attorno sorgenti idrotermali profonde. In uno studio recente, pubblicato su Nature Ecology&Evolution, Segrè e altri colleghi hanno provato a individuare, tramite algoritmi, delle possibili traiettorie. Giocando con temperatura, pH, potenziale di riduzione e molecole semplici, i ricercatori hanno esaminato in modo sistematico quali metabolismi sarebbero potuti emergere.

“Diverse condizioni iniziali convergono verso lo stesso metabolismo – una rete sorprendentemente complessa e capace di costruire alcuni dei mattoni fondamentali della vita – nel quale l’energia, oggi basata sui legami con il fosforo, è garantita da composti a base di zolfo come i tioesteri” riassume Segrè, ricordando come questa sia una conclusione non intuitiva, visto che i il fosforo – dal DNA all’ATP, sorta di moneta energetica – sia onnipresente nelle cellule odierne. Anche la presenza dell’azoto non è risultata imprescindibile, lasciando suggerire che le prime tessere del metabolismo primordiale possano essere lo zolfo e il carbonio. “È probabile che all’inizio le molecole svolgessero più funzioni. A un certo punto, alcune di queste, magari prodotte dalle reazioni iniziali, potrebbero essersi specializzate in catalizzatori. L’azoto e soprattutto il fosforo potrebbero essersi aggiunti in un secondo momento aumentando – proprio come l’aggiunta di nuovi mattoncini Lego – il numero di possibilità metaboliche. Dando letteralmente vita a qualcosa di straordinario” sorride Segré. In effetti, un evento di questo tipo non ha uguali nell’universo conosciuto. Ma questa è un’altra storia.

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Davide Michielin
Indisposto e indisponente fin dal concepimento, Davide nasce come naturalista a Padova ma per opportunismo diventa biologo a Trieste. Irrimediabilmente laureato, per un paio d’anni gioca a fare la Scienza tra Italia e Austria, studiando gli effetti dell’inquinamento sulla vita e sull’ambiente. Tra i suoi interessi principali vi sono le catastrofi ambientali, i fiumi e gli insetti, affrontati con animo diverso a seconda del piede con cui scende dal letto.