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Gli incendi in Australia tra cause e conseguenze

8,4 milioni di ettari bruciati, vittime tra civili e vigili del fuoco, danni al bestiame e alla fauna selvatica: questo il bilancio finora degli incendi che stanno distruggendo l'Australia.

Stanno interessando tutto il Paese, concentrandosi a Sud-Est e in particolare nel Nuovo Galles del Sud, che a inizio anno ha dichiarato sette giorni di stato di emergenza per la terza volta da novembre. Gli incendi in Australia hanno ucciso civili e vigili del fuoco, distrutto edifici e abitazioni; secondo quanto riportato dal Guardian, l’area bruciata, al 6 gennaio, tra gli stati del Nuovo Galles del Sud, Victoria, Queensland, Australia Meridionale, Australia Occidentale e Tasmania ha raggiunto gli 8,4 milioni di ettari, 4,9 milioni dei quali solo nel Nuovo Galles del Sud. A tutto ciò si sommano i danni al bestiame e alla fauna selvatica, nonché quelli causati dal fumo che si è formato.

Come ricorda infatti il sito di Geoscience Australia, l’agenzia governativa di ricerca, gli incendi sono intrinseci all’ambiente naturale australiano. Per l’Australia, i bushfires o incendi boschivi che si sono sviluppati tra il 2019 e l’inizio del 2020 non sono i primi né quelli che hanno mietuto il più alto numero di vittime (l’esempio storico più citato è il Black Saturday, nel febbraio 2009, quando 173 persero la vita). Tuttavia, la loro estensione e la simultaneità dei roghi li hanno posti tra i peggiori della storia del Paese.

Fenomeni meteorologici, siccità e alte temperature

Le fiamme nascono da una dei periodi più caldi e asciutti che l’Australia sperimenti da anni. Da una parte, le piogge sono state ben al di sotto della media: il Bureau of Meteorology del Governo australiano riporta che a dicembre le precipitazioni hanno toccato un record minimo, e si sono mantenute al di sotto della media, per la maggior parte dei mesi, sin dal 2017. Questo, spiegano gli autori dello Special Climate Statement 71 pubblicato dall’agenzia a settembre, ha determinato una condizione di siccità idro-meteorologica grave e prolungata.

Dall’altra parte, anche le temperature hanno avuto la loro ruolo. A dicembre è stato registrato il giorno più caldo della storia del Paese, in cui le temperature hanno raggiunto, in media, quasi 42° C. In generale, il 2019 ha registrato temperature medie di 1,5° C superiori rispetto alla media del periodo tra il 1961 e il 1990

Le scarse precipitazioni, la conseguente siccità e le elevate temperature hanno rappresentato un fattore predisponente per lo sviluppo degli incendi perché, come abbiamo raccontato qui, influenzano il contenuto di umidità del combustibile e, di conseguenza, il rischio che l’incendio si sviluppi. Il periodo di siccità e caldo dipende da diversi fattori, come spiega in un comunicato Andrew Watkins del Bureau of Meteorology. Il primo è il dipolo positivo dell’Oceano Indiano, un fenomeno per il quale le acque al largo della costa nord-ovest dell’Australia sono più fredde, diminuendo le piogge e aumentando le temperature; i ricercatori si aspettano inoltre che il dipolo ritardi i monsoni dei mesi estivi. A questo si è aggiunto la fase negativa del Southern Annular Mode, un movimento verso nord dei venti occidentali, che ha portato aria calda e asciutta sul Paese. Entrambi questi eventi sono influenzati dai cambiamenti climatici; inoltre, come spiega il Guardian, le temperature australiane sono aumentate di 1 grado dal 1910 a oggi.

Il fumo e i danni alla fauna

Uno degli aspetti più preoccupanti degli incendi australiani è che la stagione estiva dell’emisfero australe è appena iniziata. Un altro aspetto da tenere in considerazione è che non solo le condizioni atmosferiche influenzano il rischio d’incendi, ma anche gli incendi stessi possono agire sulle prime causando temporali (qui una spiegazione precisa del meccanismo) che possono innescare cambiamenti pericolosi nel comportamento del fronte di fuoco. Un fenomeno di questo tipo è stato segnalato dal Rural Fire Service del Nuovo Galles del Sud negli scorsi giorni. Inoltre, naturalmente, gli incendi stanno anche determinando l’emissione di anidride carbonica in atmosfera.

Oltre alle vittime, agli evacuati, alla distruzione di edifici e terreni, intanto, gli incendi stanno creando gravi danni anche a causa dell’enorme quantità di fumo prodotto. A Cranberra, riporta il New York Times citando il gruppo di ricerca no profit Berkeley Earth, la peggiore qualità dell’aria è stata registrata il 2 gennaio, quando sono stati registrati in media quasi 100 microgrammi per metro cubo di particolato sottile (PM2.5). E mentre vengono pubblicate le immagini di cieli arancioni o completamente ingrigiti, oggi il fumo sembra aver raggiunto il Sud America.

Gli incendi stanno colpendo anche la fauna, domestica e non, tra cui specie a rischio; e per quelli che non sono rimasti direttamente uccisi dalle fiamme, ci si possono aspettare tempi duri anche una volta che saranno domate. Come spiega Chris Dickman, esperto di biodiversità dell’Università di Sidney, in quest’articolo della BBC, infatti, potrebbero essere andare incontro a mancanza di cibo e di rifugi adeguati.

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.