TECNOLOGIA

Hotbox, la fisica al servizio della food delivery

Contro la pizza che arriva fredda e gommosa c'è un rimedio: utilizzare l’energia dei gas di scarico dei motorini dei corrieri per mantenere calde le pietanze.

È capitato a tutti di tornare a casa stanchi e affamati dal lavoro, ma affamati di un cibo in particolare: la pizza. Allo stesso tempo però, spesso capita anche di non avere alcuna voglia di andare in pizzeria a mangiarla o a prenderla, così, anche aiutati dalle app per la consegna di cibo a domicilio, si utilizza sempre di più la formula del cibo da asporto. Capita però altrettanto spesso che la pizza take away che arriva a casa, e che abbiamo tanto bramato, una volta addentata si riveli gommosa e fredda.

Un gruppo di ragazzi di Maranello, in provincia di Modena, si è stancato di questo problema e ha inventato un metodo tanto semplice quanto brillante per rivoluzionare il sistema della food delivery, basandosi su un semplicissimo principio della termodinamica. Abbiamo intervistato Anthony Byron Prada, fondatore e CEO di Hotbox, la startup nata nel 2016 per la consegna ottimale del cibo a domicilio basata su un forno riscaldato portatile che conserva la qualità del cibo e offre anche un’opzione green.

Com’è nata l’idea di Hotbox?

Nel 2016 mio cugino ha aperto la sua pizzeria creando ricette innovative e utilizzando sempre ingredienti di alta qualità. Nessun problema per la pizza mangiata direttamente in pizzeria, ma che dire di quella consegnata a domicilio? Era certo che la qualità non fosse la stessa. Ha così chiesto aiuto a me per cercare un metodo di consegna migliore rispetto alla tradizionale borsa termica. Mi sono messo a cercare su internet se esistessero dei metodi per consegnare mantenendo la qualità, e non ho trovato nulla. Mi sono reso conto che mi trovavo davanti a un gigantesco vuoto di mercato nella food delivery. È stato da lì che ci siamo buttati in quest’avventura, che è partita in piccolo nella provincia modenese e ora è approdata a Milano.

Come funziona la tecnologia Hotbox?

Alla base della nostra idea ci sono principi termodinamici, fisica di base. Fondamentalmente il forno che abbiamo ideato funziona così: dato che molto spesso le consegne vengono fatte con un motorino, abbiamo pensato di utilizzare l’energia dei gas di scarico che normalmente andrebbe dispersa (e quindi sprecata) a nostro vantaggio. Praticamente tramite un risucchio dei gas di scarico avviene un’uniformazione della temperatura all’interno del box attraverso il riscaldamento di una resistenza a serpentina che mantiene il box caldo per la consegna a 85°. La separazione tra le due parti è ovviamente isolata perfettamente: non c’è alcuna contaminazione del cibo con i gas di scarico.

Ma è solo una questione di calore?

No, durante l’ideazione del prototipo ci siamo resi che quello che distrugge la qualità del cibo è l’umidità, non solo il calo della temperatura. È l’umidità il motivo per cui i cibi consegnati a domicilio spesso diventano gommosi e mollicci. Questo deriva dal fatto che, nel trasporto tradizionale in borsa termica, col decadimento della temperatura (anche di pochi gradi) l’umidità del cibo stesso crea del vapore che non avendo valvole di sfogo si torna a depositare sul cibo sotto forma di goccioline.

Come avete risolto questo problema?

I forni Hotbox hanno un sistema di ricircolo d’aria e un sistema di deumidificazione, oltre che un riscaldamento costante a 85°, che abbiamo scoperto essere la migliore temperatura per mantenere caldo il cibo per almeno 40 minuti. Se poi si unisce un packaging di qualità per il cibo allora è ancora più facile mantenere la qualità per tutta la fase di consegna. Questo permette di fare più consegne nello stesso viaggio e conseguentemente di abbassare i costi di consegna, oltre che diminuire i viaggi da e per il ristorante, essendo quindi un’alternativa più green.

Da chi è formata la squadra di lavoro di Hotbox?

Alla base dell’idea, oltre a me, ci sono Domenico Palladino, Marco Caputo e Claudio Giovni. Al momento in azienda siamo in nove oltre ai consulenti esterni. Ci siamo strutturati per avere dei dipartimenti dedicati a ogni ambito della nostra attività, dalla logistica per spedire i nostri prodotti in tutto il mondo alla parte tecnica, passando per il marketing e l’amministrazione.
Della parte tecnico-ingegneristica del prototipo se ne è occupato Domenico Palladino, un professionista che ha lavorato per 15 anni nel campo dell’automazione industriale, che dal punto di vista pratico è veramente geniale.

Siete un’azienda molto giovane ma avete già ottenuto importanti riconoscimenti (come il premio SMAU, il premio del pubblico a NIDI eccetera) e diverse testate hanno parlato di voi. Che consiglio potete dare ai giovani che hanno un’idea imprenditoriale?

Fare impresa è un’avventura: non sai dove ti porterà quando inizi e non sai dove arriverai. Se posso dare un consiglio a qualcuno è sull’idea di MVP (Minimum Viable Product), di cui mi sono occupato io per Hotbox. Solo col tempo ho capito che non è detto che l’MVP debba per forza essere il prodotto finito, potrebbe essere anche solo una brochure, un documento illustrativo. Se io voglio creare un prodotto che risolva un determinato problema ho due strade: creare direttamente il prototipo che ho in mente oppure mettere giù le mie idee e proporle a dei potenziali clienti. Se seguo la seconda strada e trovo qualcuno di interessato, qualcuno che dice: “se questa cosa qui esistesse davvero, allora io la comprerei”, allora è fatta, e da lì bisogna partire, sviluppando il prodotto sapendo cosa vuole il cliente e non pensando a cosa vuole il cliente.

Il vostro prodotto è già in vendita e state conquistando fette di mercato sempre più vaste. Pensate che il prodotto sia più appetibile in Italia o all’estero?

Da quello che sto vedendo per il nostro prodotto c’è molto interesse in tutto il mondo: dall’Australia al Sudamerica passando per gli USA, ma anche Spagna e UK. L’interesse è diffuso anche in Italia però: vedo molti ristoratori stanchi di consegnare cibo freddo e di bassa qualità e di perdere tanto tempo per le consegne.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Innanzitutto l’apertura di “85”, a Milano, un ristorante delivery del futuro che aprirà a brevissimo. È un ristorante dove non si entra: si ordina tutto online tramite app, non c’è neanche la cassiera. L’altro progetto importante riguarda la partnership con la startup Mission box che si occupa di human resources per creare flotte di fattorini dotati di Hotbox. Questa collaborazione verrà testata nel 2020.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Francesca Zanni
Ho frequentato un corso di Giornalismo Culturale e tre corsi di scrittura creativa dopo una laurea in Storia Culture e Civiltà Orientali e una in Cooperazione Internazionale. Ho avuto esperienze di lavoro differenti nella ricerca sociale e nella progettazione europea e attualmente mi occupo di editoria. Gattara, lettrice accanita e bingewatcher di serie TV.