SALUTE

Sigaretta elettronica, svapare fa male? Non solo EVALI, gli effetti a breve termine

Le e-cig considerate “innocue” da dispositivo medico sono ora oggetto di uso comune: gli effetti a breve termine dello svapo oltre EVALI

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Oltre 2,758 casi di malattia polmonare ospedalizzati per via della sigaretta elettronica sono stati segnalati tra agosto 2019 e il 4 febbraio 2020 negli Stati Uniti. L’epidemia di EVALI, acronimo di “E-cigarette, or Vaping, product use Associated Lung Injury”, letteralmente malattia polmonare associata allo svapo o alle e-cig, ha portato a un bilancio finale di 64 morti in 28 stati Usa. Questi i numeri aggiornati del Center for Disease Control and Prevention (CDC), che continua a tracciare il bilancio e che sottolinea come il numero di morti potrebbe salire ancora.

Sotto accusa lo svapo da sigaretta elettronica con liquidi che contengono il principio del THC, ma soprattutto la presenza di vitamina E acetato, una sostanza utilizzata come additivo che sarebbe la principale sospettata come causa scatenante dell’epidemia di malattie polmonari.

Il fumo di tabacco e cannabis per secoli è avvenuto attraverso la combustione, ma solo nel XX secolo l’inalazione si è rivelata alla base di malattie polmonari, cardiovascolari e di cancro ai polmoni. La sigaretta elettronica nasce negli anni duemila come dispositivo medico per aiutare i fumatori a smettere con le sigarette tradizionali, e quindi presentata come un dispositivo “sicuro”.

Proprio questo ne ha permesso la diffusione su larga scala, soprattutto tra i più giovani negli ultimi anni. Lo “svapare” da e-cig contenenti liquidi di vari gusti, con o senza nicotina, a volte con liquidi contenenti concentrato di THC, fino allo scorso agosto 2019 era associato a qualcosa di “sicuro” o di “innocuo”, ma l’epidemia di EVALI negli Stati Uniti ha sottolineato la presenza di rischi. E anche se l’epidemia non è arrivata in Europa e in Italia, resta l’importanza di studi a breve e lungo termine sugli effetti dello svapo sulla salute umana, i cui risultati dipingono un quadro tutt’altro che rassicurante.

Sigaretta elettronica, cos’è l’EVALI?

L’EVALI, malattia dello svapatore, è una patologia provocata dall’inalazione di aerosol attraverso lo svapo da sigaretta elettronica che include sintomi di diversa natura: respiratori come tosse, dolore al petto e respiro corto, oppure gastrici come dolore addominale, nausea, vomito e diarrea. La malattia si è rapidamente diffusa negli Stati Uniti tra agosto 2019 e febbraio 2020, provocando 2,758 casi accertati di malattie polmonari, di cui 64 letali. La patologia sarebbe stata provocata dall’utilizzo nei liquidi svapati di una particolare sostanza, la vitamina E acetato.

La malattia ha spaventato gli Stati Uniti, e la mortalità, così come la manifestazione di sintomi polmonari, è scesa non appena si sono indicati come potenzialmente pericolosi i liquidi per sigaretta elettronica “fai da te” o contenenti sostanze e additivi che non sono stati né testati, né approvati dalla Food and Drug Administration statunitense. Usanza comune tra i giovani statunitensi, infatti, è quella di confezionare in casa i liquidi da inserire nella sigaretta elettronica, soprattutto a base di THC e altri additivi non testati.

In Europa, l’epidemia da EVALI non è stata osservata e non ci sono casi segnalati. Una condizione che si deve probabilmente al fatto che il mercato del tabacco e dello svapo nell’Unione Europea, e in Italia, sono regolati da direttive e regolamentazioni più stringenti e quindi soggetti ad un maggiore controllo sulla tossicità dei liquidi venduti negli appositi negozi.

Sigaretta elettronica, uno studio sugli effetti a breve termine

Il fatto che l’epidemia di EVALI non sia arrivata in Europa, sembra non aver incrinato l’immagine di dispositivo “innocuo” per la sigaretta elettronica nel nostro Paese. Ma svapare, così come fumare, non è così “sicuro”, anzi presenta degli effetti sulla salute sia a breve che a lungo termine di cui ancora sappiamo poco.

A parlarci dei primi effetti a breve termine dello svapo è Alessandra S. Caporale, ricercatrice della University of Pennsylvania (UPenn) di Philadelphia, negli Stati Uniti. Lo studio di Caporale ha esaminato gli effetti acuti dell’inalazione di aerosol da sigaretta elettronica attraverso le immagini di risonanza magnetica, osservando così gli effetti a breve termine dello svapo e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Radiology nel 2019, in concomitanza con lo scoppio dell’epidemia di EVALI. La dottoressa Caporale ci spiega: “Lo studio in oggetto riguarda un campione di 31 soggetti sani, non fumatori, che non hanno storie cliniche di infiammazione pregressa legate né al fumo di sigaretta tradizionale, né allo svapo di sigaretta elettronica. Abbiamo elaborato un protocollo di risonanza magnetica che è stata eseguita in due momenti: prima e dopo lo svapo. Lo svapo è stato standardizzato in 16 tiri di un aerosol contenente solo liquido base costituito da propilene glicolico, glicerina e aroma di tabacco, ma privo di nicotina. Confrontando i parametri estratti dalle immagini acquisite prima e dopo lo svapo, abbiamo potuto valutarne le alterazioni”.

In particolare, i ricercatori si sono concentrati sulla valutazione di tre zone del corpo: l’arteria femorale nella coscia, il seno venoso sagittale superiore nel cervello e l’arteria aorta nel petto, come spiega la Caporale: “Abbiamo scelto le arterie per valutare la reazione dell’endotelio, cioè lo strato più interno del vaso sanguigno, all’esposizione agli aerosol. Le arterie sono vasi elastici, che in condizioni normali sono in grado di dilatarsi in risposta ad un aumento di flusso sanguigno. Il segnale meccanico recepito dall’endotelio è l’incremento degli sforzi di taglio, generati dal sangue sulle pareti dei vasi. Una misura della funzionalità endoteliale è rappresentata dal parametro FMD (flow-mediated dilation, dilatazione flusso-mediata), che indica la capacità dell’arteria di dilatarsi. Se è sana, questa capacità è dell’ordine del 10%, altrimenti presenta una rigidità che può essere dovuta a vari fattori. Ad esempio, nelle malattie cardiovascolari che colpiscono le arterie periferiche, tale funzionalità è gravemente compromessa, portando ad una l’irrorazione degli arti inferiori”.

Dopo l’esposizione allo svapo, i ricercatori hanno osservato uno stato infiammatorio. “Nei soggetti del nostro studio abbiamo osservato che, dopo appena 16 tiri (corrispondenti ad una singola sessione di svapo), la capacità di dilatazione era ridotta in media del 30%. Inoltre, in collaborazione con il dipartimento di Fisiologia, analizzando i campioni ematici dei soggetti prima e dopo lo svapo, abbiamo riscontrato un considerevole aumento della CRP (c-reactive protein), un marker dell’infiammazione sistemica. Tale effetto, massimo entro 1-2 ore dallo svapo, ritornava alla normalità in circa 6 ore. E’ plausibile supporre che questo effetto transiente, ripetendo di continuo lo svapo, possa portare ad una cronicizzazione del lieve stato infiammatorio”.

Per valutare quale fosse l’entità di questo effetto, il team ha eseguito sui soggetti uno stress test della cuffia, comprimendo la coscia e provocando l’occlusione temporanea dell’arteria e vena femorali, come farebbe un laccio emostatico molto stretto, per valutare attraverso le immagini di risonanza magnetica come il sangue si muove nell’arteria, come questa si dilata e qual è la velocità di ossigenazione dopo l’occlusione prima e dopo lo svapo. A spiegare il risultato è la Caporale: “Dopo l’esposizione all’aerosol attraverso lo svapo, non solo il parametro FMD sulla capacità di dilatazione diminuisce, ma anche il picco della velocità del sangue dopo l’occlusione e tutto il processo di irrorazione si rivela meno efficiente”.

Nel caso dell’arteria aorta invece si è osservato che dopo lo svapo il vaso sanguigno si presentava più rigido nel 65% dei casi (20 soggetti su 31), un effetto che era già stato osservato in risposta all’esposizione alla nicotina, ma viene quindi confermata la possibilità di un temporaneo irrigidimento. Lo studio sulle vene invece si concentra sulla misurazione dei livelli di ossigeno nel sangue (saturazione): “Abbiamo notato che il quantitativo di ossigeno nella vena dopo aver svapato è molto più basso dei livelli considerati normali, anche senza aver effettuato lo stress test della cuffia. Ci siamo chiesti se questo potesse dipendere dall’aver immagazzinato meno ossigeno dalla respirazione e la risposta al momento è incerta. Quel che è stato accertato da altri studi, è che l’inalazione degli aerosol nell’e-cig provoca una infiammazione delle vie respiratorie e la produzione di muco, con un conseguente aumento della resistenza al flusso nelle vie aeree superiori. Un processo che potrebbe portare a incamerare meno ossigeno dalla respirazione”.

L’aerosol che viene inalato, sottolinea la Caporale, è costituito da goccioline fini (un quinto di micrometro – 3 micrometri, cioè dell’ordine di un milionesimo di metro ), che riescono a penetrare negli alveoli, e vengono riversate nel sistema vascolare a partire dai capillari alveolari. A seconda della composizione del liquido vaporizzato, queste gocciolino possono anche interferire in modo consistente con gli scambi gassosi, rendendoli meno efficienti, come nei casi di EVALI.

Sigaretta elettronica, verso uno studio a lungo termine

Se lo studio a breve termine ha già evidenziato come lo svapo non possa essere considerato “innocuo”, anche se questa è la percezione che ne hanno soprattutto gli adolescenti, sono necessari studi a lungo termine per valutare gli effetti dell’uso continuo della sigaretta elettronica sulla salute. La Caporale ha spiegato quali sono i prossimi passi del suo gruppo di ricerca: “Un primo passo sarà quello di confrontare i risultati di un protocollo standard eseguito su soggetti che sono svapatori abituali con quello di fumatori di sigaretta tradizionale, esaminando le differenze in un arco temporale di 12 mesi. Questo ci permetterà di valutare l’evoluzione in un anno dei vari parametri indicativi dello stato di salute dell’endotelio. L’altro passo riguarderà invece il confronto tra i dati ottenuti dalla risonanza magnetica e quelli dei marker di infiammazione, stress ossidativo e risposa immunitaria valutati sia da analisi del sangue, sia in vitro, esponendo le cellule dei capillari che si irradiano negli alveoli al siero estratto dagli svapatori, e verrà svolto in collaborazione col dipartimento di Fisiologia”.

La domanda quindi a cui si tenta di rispondere è sempre la stessa. Svapare fa male? La risposta sembrerebbe essere sì, ma ancora non conosciamo tutti gli effetti che a breve e lungo termine potrà avere sulla salute dello svapatore. L’obiettivo quindi diventa quello di rendere consapevoli gli svapatori che usare la sigaretta elettronica non è né sicuro, né innocuo, ma soprattutto sensibilizzare gli adolescenti sul fatto che quello che stanno utilizzando resta un dispositivo medico e che, proprio come la sigaretta tradizionale, presenta dei rischi per la loro salute che non vanno sottovalutati.


Leggi anche: L’illusione della sigaretta elettronica

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Credit: Lauren Bishop/CDC

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.