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June Dalziel Almeida, pioniera nell’identificazione dei virus

Pioniera nella messa a punto della microscopia immunoelettronica, grazie a questa tecnica June Dalziel Almeida ha identificato per la prima volta la struttura di molti virus

Pur non avendo avuto l’opportunità di seguire un corso di studi regolare, June Dalziel Almeida ha aperto la strada a nuovi metodi diagnostici per l’identificazione dei virus. Pioniera nella messa a punto della microscopia immunoelettronica, grazie a questa tecnica ha identificato la struttura del virus della rosolia e dell’epatite B, mentre attraverso la coltura di tessuti è riuscita a individuare per la prima volta la famiglia dei coronavirus, responsabili della maggior parte delle infezioni alle vie respiratorie.

In Canada e ritorno

June Dalziel Hart nasce nel 1930 a Glasgow, in Scozia. Cresce in una famiglia modesta e, sebbene i suoi risultati scolastici siano eccellenti, sa già che non avrà la possibilità di pagarsi gli studi. A sedici anni abbandona la scuola e inizia subito a lavorare come tecnica, con uno stipendio di 25 scellini a settimana, nel laboratorio di istopatologia della Royal Infirmary di Glasgow. Poco dopo si trasferisce a Londra e ottiene un incarico analogo al St. Bartholomew’s Hospital. Nel 1954 sposa Enriques Almeida, artista venezuelano. Dopo il matrimonio i due decidono di emigrare in Canada e June ottiene un posto presso l’Ontario Cancer Institute di Toronto. La donna non si limita a svolgere il suo lavoro in modo meccanico, ma sfrutta il fatto di lavorare a stretto contatto con medici e ricercatori per accrescere le sue conoscenze.

In Canada, rispetto al Regno Unito, c’è maggiore apertura nel riconoscere i meriti di chi non ha conseguito un titolo accademico. Dopo alcuni anni, nonostante non abbia qualifiche, June Almeida ha la possibilità di diventare coautrice di numerose pubblicazioni scientifiche di grande valore, per lo più relative all’identificazione e alla caratterizzazione della struttura dei virus. La svolta lavorativa avviene all’inizio degli anni Sessanta: durante una visita a Toronto, Anthony P. Waterson, direttore del dipartimento di microbiologia della St. Thomas’s Hospital Medical School di Londra, resta colpito dal lavoro della donna e la convince a unirsi a lui. Nel 1964 Almeida rientra nel Regno Unito, dove resterà per il resto della sua vita.

Nuove tecniche per l’identificazione dei virus

Dopo tre anni alla St. Thomas, June Almeida segue Waterson alla Royal Post Graduate Medical School di Londra. In breve tempo, grazie al suo lavoro e alle sue pubblicazioni, Almeida ottiene un dottorato di ricerca in scienze; in questo periodo mette a punto una tecnica che – attraverso la microscopia immunoelettronica – consente di identificare in modo rapido i virus aggregandoli ad anticorpi specifici, prelevati da animali o esseri umani; la concentrazione di anticorpi è successivamente ridotta, in modo da far emergere i dettagli della struttura virale. Grazie a questa tecnica è possibile visualizzare per la prima volta il virus della rosolia e quello dell’epatite B.

Negli anni Sessanta, Almeida avvia una collaborazione anche con David Tyrrell, direttore del Common Cold Research Center di Salisbury, con cui sviluppa una nuova tecnica di coltura cellulare che prevede l’utilizzo di tessuti prelevati dalle cavità nasali. I due scienziati identificano in breve tempo alcuni dei virus responsabili del raffreddore, ma anche nuovi virus appartenenti alla famiglia dei coronavirus, causa di numerosi infezioni respiratorie.

Le conoscenze di Almeida si rivelano essenziali per il progresso della virologia su scala globale. Durante gli anni alla Royal Post Graduate Medical School, la donna incontra Albert Zaven Kapikian, virologo statunitense, e ha l’opportunità di spiegargli in modo dettagliato in cosa consiste la microscopia immunoelettronica. Al suo ritorno negli Stati Uniti, Zapikian userà questa tecnica per identificare un piccolo virus di forma circolare all’origine di un’epidemia di gastroenterite non batterica sul territorio americano; si tratta del cosiddetto virus di Norwalk, il più noto dei cosiddetti norovirus. Grazie alla tecnica di Almeida, inoltre, i ricercatori dei National Institutes of Health riescono a visualizzare per la prima volta il virus dell’epatite A.

Yoga, antiquariato e micrografie elettroniche

Almeida trascorre gli ultimi anni della sua carriera presso il Wellcome Research Laboratory di Londra, dove lavora alla messa a punto di vaccini e si occupa di sviluppare test diagnostici. Nel 1985 lascia il laboratorio e si trasferisce a Bexhill, nel Sussex. Qui porta avanti attività che non hanno  nulla a che vedere con la scienza: ottiene la qualifica di insegnante di yoga e con il secondo marito, il virologo in pensione Phillip Gardner, si dedica con passione al restauro e al commercio di oggetti d’antiquariato provenienti dall’estremo oriente. Nonostante ciò, non abbandona del tutto la virologia e alla fine degli anni Ottanta ricomincia a collaborare con la St. Thomas’s Hospital Medical School di Londra. Tra le altre cose, contribuisce alla pubblicazione di alcune delle prime micrografie elettroniche del virus dell’HIV.

June Almeida muore nel 2007. Chi ha avuto l’opportunità di lavorare con lei, la ricorda per il suo entusiasmo e per la capacità di interagire alla pari e senza difficoltà con medici, ricercatori e personale tecnico. Il suo indiscutibile successo è frutto di una combinazione di vivacità intellettuale e originalità di pensiero, uniti a una dote molto rara: la capacità di rendere semplici e chiari anche i concetti più complessi.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Wikimedia Commons

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.