RICERCANDO ALL'ESTERO

Odori e comportamento sociale nell’autismo

Gli odori del corpo umano trasmettono diversi tipi di informazioni e promuovono una serie di azioni. Esiste un ambito della ricerca scientifica che ne indaga il ruolo nelle persone entro lo spettro autistico.

Tra le caratteristiche più note dei disturbi dello spettro autistico c’è il fatto di comunicare, a volte, in modo anche molto diverso rispetto alle persone neurotipiche. Questo aspetto può portare a delle difficoltà anche importanti nella comunicazione reciproca. Alcune ricerche mostrano che gli odori svolgono un ruolo importante nel creare e mantenere relazioni interpersonali e potrebbero rappresentare un’efficace strategia per dare alle persone con difficoltà in ambito sociale uno strumento in più.

Valentina Parma è alla Temple University di Philadelphia per studiare la relazione tra percezione e azione nell’infanzia e cercare di chiarire l’effetto degli odori sul comportamento e sulle emozioni in bambini e adulti nello spettro autistico. La ricerca di Parma è focalizzata sul comprendere come alcuni odori possono influenzare la respirazione e, di riflesso, le aree del cervello coinvolte nella regolazione delle emozioni.


Nome: Valentina Parma
Età: 35 anni
Nata a: Treviso
Vivo a: Philadelphia (Stati Uniti)
Dottorato in: psicologia sperimentale (Padova)
Ricerca: Influenze olfattive inconsapevoli sul comportamento sociale
Istituto: Department of Psychology, Temple University (Philadelphia)
Interessi: yoga, cucina e viaggiare
Di Philadelphia mi piace: le molte attività e il cibo
Di Philadelphia non mi piace: l’insensibilità verso i più deboli
Pensiero: On ne voit bien qu’avec le coeur, l’essentiel est invisible pour les yeux (Antoine de Saint-Exupéry)


In che misura gli odori influenzano il nostro comportamento?

Esistono in letteratura molti esperimenti che dimostrano come gli stimoli olfattivi siano strettamente legati alle nostre percezioni, decisioni morali, i nostri movimenti. In passato anche io ho raccolto molti dati in merito [ne abbiamo parlato qui].

Per alcuni anni ho studiato gli odori corporei, come il sudore, e ho analizzato cosa succede se li facciamo annusare a una persona nel momento in cui sta per prendere decisioni morali, per esempio chi salvare e chi uccidere, in una serie di dilemmi standardizzati. È emerso che alcuni odori rendono il soggetto più emotivo e i dilemmi più reali, come se la persona da salvare o uccidere fosse lì presente. Il che è molto controintuitivo, perché se chiediamo al soggetto su cosa baserebbe la sua scelta, la risposta è sui suoi principi morali, che sono sicuramente più forti di un odore che magari nemmeno sente consapevolmente.

Mi sono anche dedicata a bambini e adulti con un disturbo dello spettro autistico per capire se gli odori possono essere usati in ambito terapeutico o essere d’aiuto in certe situazioni. Abbiamo visto che un odore familiare, come l’odore della mamma, riesce a fare emergere in questi soggetti delle abilità di carattere imitativo che normalmente sono difficili da esprimere. Abbiamo fatto degli studi di imitazione automatica con un tavolo, un bimbo autistico da un lato e un modello dall’altro, e un’azione da compiere, per esempio prendere un bicchiere.

I bambini con sviluppo tipico, dopo aver osservato il modello prendere il bicchiere, riescono a eseguire e completare l’azione molto velocemente, per imitazione. Per i bambini nello spettro autistico solo l’osservazione non basta e il compito risulta comunque difficile; se però lo facciamo precedere dall’odore della loro mamma, si è visto che diventano ugualmente bravi.

Qual è il meccanismo alla base di questo effetto comportamentale?

È quello che sto cercando di capire ora a Philadelphia. Un’idea è che l’annusare diversi odori attivi alcune aree del cervello legate alla regolazione emotiva.

Inoltre, dalla letteratura sappiamo che in adulti neurotipici respirare in modo lento innesca un meccanismo di regolazione emotiva: basta pensare alla meditazione e ad alcuni esercizi di rilassamento. Spiegare ai bambini autistici come devono respirare può essere complicato, da qui la nostra idea di sfruttare gli odori per abbassare in modo automatico il ritmo respiratorio e promuovere la regolazione emozionale.

Gli odori possono essere sfruttati anche a livello di diagnosi?

L’autismo viene al momento diagnosticato verso i tre anni di vita mentre i dati che raccogliamo riguardano in genere bambini tra otto e 13 anni. Pian piano vogliamo abbassare l’età, perché ci sono dei precursori che sembrano essere molto più precoci di quelli dei tre anni: per esempio, il senso dell’olfatto si sviluppa già in utero e i comportamenti associati agli odori potrebbero essere uno di quei marcatori da valutare in campo diagnostico nei neonati.

Inoltre, è importante allargare gli studi a tutti i disturbi dello spettro autistico. Spesso, in questo tipo di ricerche, si tende a considerare solo una parte dei disordini, quelli ad alto funzionamento, cioè persone con un certo QI e sviluppo verbale che riescono a venire in laboratorio, a seguire istruzioni complesse, a mantenere l’attenzione per un certo periodo, ecc. Noi vogliamo studiare tutto lo spettro, per capire se gli odori possono fornire anche un piccolo o temporaneo aiuto e migliorare il comportamento funzionale di certi soggetti nel corso della giornata (per esempio migliorando la qualità del sonno).

Il senso dell’olfatto ha un sacco di potenzialità ancora inesplorate: in fondo, per percepire gli odori basta respirare, non servono particolari proprietà linguistiche o un certo quoziente intellettivo.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

In collaborazione con il Center for Autism Research stiamo cercando di capire qual è la relazione tra vari profili respiratori e l’attivazione di specifiche aree del cervello coinvolte nella regolazione emozionale, come l’amigdala e la corteccia prefrontale, nei soggetti autistici.

Il passo successivo è capire se odori familiari riescono a creare un respiro capace di aumentare la regolazione di queste aree cerebrali; la nostra ipotesi è che questo meccanismo neurale possa essere alla base del dato comportamentale di imitazione automatica. Una simile connessione permetterebbe ai bambini autistici di avere un “aiuto olfattivo” per il loro comportamento sociale. E l’odore della mamma è quello che ha effetti comportamentali più forti, probabilmente perché è quello che conosciamo da più tempo dato che lo sperimentiamo già in utero.


Leggi anche: Un marker neurale per la diagnosi precoce dell’autismo

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine di copertina: Pixabay

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.