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Dal veterinario senza stress: per il gatto è possibile?

Può essere un'esperienza traumatica, sia per l'animale che per il proprietario. Ma le ricerche dimostrano che lo stress si può minimizzare.

Controlli regolari dal veterinario, analisi periodiche e cure tempestive fin dalle prime fasi di un’eventuale malattia possono allungare la vita ai gatti e migliorarne la qualità di vita. Eppure diversi studi sul comportamento dei proprietari di gatti hanno indicato che in molti evitano di portarli in visita o, se si ammalano, aspettano molti giorni prima di andare dal veterinario. Pare che la ragione primaria di questo comportamento sia paradossalmente l’affetto: non vogliono stressare o far soffrire il loro animale. Diversi riferiscono, infatti, un malessere eccessivo del loro gatto in tutte le fasi dell’”evento veterinario”, a partire da casa: l’ingresso in trasportino, il viaggio in macchina, l’attesa nella sala d’aspetto con altre persone, cani e gatti, la visita vera e propria, le manipolazioni da parte di estranei, e per finire eventuali trattamenti fastidiosi o dolorosi.

Tant’è che già uno studio del 2008 indicava come i cani portati dal veterinario siano notevolmente di più dei gatti: il 40% dei gatti, contro il 15% dei cani, non aveva mai visto il veterinario nel corso dell’intero anno precedente. Il motivo? I gatti sembrano stressarsi molto di più. Sono molto attaccati alla loro casa e sono particolarmente territoriali. In più ci tengono alla loro routine. Questi sono due motivi che spiegano il perché la maggior parte dei gatti non accetta di fare viaggi in macchina e non è trasportabile serenamente nemmeno per andare in vacanza, figuriamoci dal veterinario.

Un’esperienza scioccante

Se la vediamo con gli occhi del gatto potremmo definire l’intera esperienza dell’andare dal veterinario come travolgente, addirittura scioccante. Un insieme di luoghi diversi, odori sconosciuti o interpretati come segnali pericolosi, i rumori assordanti del traffico, il movimento dell’automobile, la reclusione in un trasportino, l’incontro con estranei molesti in un ambiente non familiare. Il tutto combinato insieme.

D’altro canto un gatto molto stressato e potenzialmente aggressivo o difficilmente trattabile è un problema anche per il veterinario, che rischia ferite e può avere difficoltà a somministrare le cure necessarie. Inoltre parametri fisiologici come pressione sanguigna, temperatura rettale, frequenza cardiaca, e la frequenza respiratoria – tutti fattori importanti della valutazione medica di un paziente – possono essere influenzati dallo stress. Tanto da poter causare errori nelle diagnosi o falsi risultati. Il normale rilascio di catecolamine e glucorticoidi durante uno stato di forte stress, ad esempio, può sballare i dati degli esami e complicare la loro interpretazione, causando una diversa concentrazione di glucosio nel sangue.

Come ridurre lo stress?

Azzerare lo stress per il gatto in visita dal veterinario non è possibile, ma secondo un filone di ricerche effettuate negli ultimi 20 anni, si può raggiungere un livello ben più tollerabile per l’animale e ridurre, quindi, il grado di nervosismo. Alcuni ricercatori riportano che, data la sensibilità spiccata dei gatti, un numero ancora troppo consistente di veterinari considera l’impegno verso la ricerca di pratiche e tecniche di visita meno stressanti come una perdita di tempo. Al contrario, pare che l’approccio del medico sia uno degli aspetti principali da tenere in considerazione, sia per il benessere degli animali che per il portafoglio del veterinario.

Un’indagine condotta da un gruppo guidato da Chiara Mariti si è concentrata sui proprietari dei gatti e sulla loro percezione del benessere del loro animale nelle visite veterinarie. È emerso che l’atteggiamento del veterinario verso il gatto durante la visita (non la sua competenza, ma i modi) è un importante fattore di valutazione per il proprietario e serio motivo per il quale cambiare professionista. Nel questionario proposto ai proprietari è risultato che almeno un veterinario su dieci esaminava immediatamente il paziente senza prima accarezzare, parlare o offrire del cibo. Ecco perché, secondo gli autori, “Educare tutori e veterinari a minimizzare lo stress in ogni fase della visita è l’approccio migliore per migliorare il benessere dei gatti che visitano la clinica”.

È necessario che chi lavora con gli animali sia in grado di riconoscere comportamenti e posture che sono indicative del livello di tensione, oltre che conoscere i principali metodi per ridurre lo stress. Nel caso dei gatti anche modificazioni ambientali possono essere rilevanti. Un esempio? Ridurre o eliminare l’esposizione del paziente ad altri gatti o cani durante l’attesa o la degenza. È anche importante usare tecniche di manipolazione meno invasive e aiutare il gatto a calmarsi o distrarsi con un gioco o del cibo durante l’esame. Alcune linee guida per la manipolazione senza stress sono state pubblicate già nel 2010. Eppure non sono ancora entrate a far parte della pratica obbligatoria per ogni veterinario o assistente.

Meglio a casa o in ambulatorio?

Diversi veterinari intervistati nello studio condotto dalla Bayer nel 2011 hanno affermato di essersi chiesti, nel corso della loro carriera, perché i proprietari di gatti non siano celeri nel portare in visita i loro animali quando ammalati. Uno degli intervistati ha affermato: “Mi capita di visitare oggi gatti che stanno male da almeno tre giorni!”. Nella stessa indagine molti proprietari hanno precisato che, dopo essere stati in clinica per la visita, i loro gatti rimangono distanti e ostili per diversi giorni, una volta riportati a casa.

Ecco perché alla Ross University School of Veterinary Medicine si sono concentrati sulla domanda: “meglio la visita in casa o in clinica?”. Così hanno comparato i livelli di agitazione di gatti esaminati usando le stesse tecniche di manipolazione e gli stessi metodi a basso stress nei due ambienti: la loro casa e la clinica veterinaria. È stato misurato il cortisolo nel sangue e sono stati valutati gli indicatori comportamentali.

I livelli di cortisolo non differivano significativamente tra i due ambienti di esame, ma erano inferiori alla seconda visita, indipendentemente dall’ambiente. C’era, invece, una differenza significativa per la glicemia tra la clinica e la casa con glicemia più alta nella visita in clinica. Le analisi comportamentali hanno rivelato che i gatti tendevano a nascondersi di più in clinica. “Nel contesto di questo studio, in cui sono state utilizzate tecniche di gestione dello stress in entrambi gli ambienti – concludono gli autori dello studio – la familiarità con l’esaminatore veterinario e la procedura sono state associate alla riduzione dello stress sperimentato dal gatto. Un aumento della glicemia e un comportamento più sfuggente in clinica supportano l’ipotesi che la clinica sia più stressante della casa”.

Due mollette per calmare il gatto

C’è chi la chiama “clipnosis” o “inibizione comportamentale indotta da pizzico”. Nella pratica: il gatto si immobilizza con due mollette disposte su collo e schiena. E no, non è un fake. Nel 2016 l’Università di Pisa pubblicava su Animal Welfare i risultati di una ricerca nel corso della quale il gruppo aveva provato questa tecnica in vere visite veterinarie di ambulatorio per poterne osservare l’utilità nel ridurre lo stress dei gatti durante la visita ed evitare, quindi, contenzioni manuali invasive. I ricercatori hanno usato due semplici fermagli di cancelleria posizionati sulla pelle dei gatti lungo la linea mediana dorsale cervicale. Ventisette gatti sono stati testati in questo modo, mentre altri 13 sono stati trattenuti per la collottola con le mani.

L’81,5% dei gatti si è mostrato suscettibile alle clip, e si è ottenuta un’immobilizzazione totale in quasi il 50% degli individui. Il cortisolo nel sangue non mostrava variazioni significative a seconda che si trattasse dell’uno o dell’altro metodo di contenimento, ma la dilatazione pupillare e la frequenza cardiaca sì, a dimostrare che i gatti “clippati” erano più tranquilli. E quanto più rispondevano positivamente all’“effetto molletta”, tanto più frequentemente facevano le fusa o “impastavano” durante la visita. Tuttavia, non tutti i gatti sono risultati sensibili a questo metodo, perciò sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire se la tecnica delle clip possa essere implementata e inserita nella normale pratica veterinaria per garantire maggior benessere possibile al gatto.


Leggi anche: Etologia base del gatto, ossia perché il gatto non è un cane

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Fotografia: Pixabay

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Sara Stulle
Libera professionista dal 2000, sono scrittrice, copywriter, esperta di scrittura per i social media, content manager e giornalista. Seriamente. Progettista grafica, meno seriamente, e progettista di allestimenti per esposizioni, solo se un po' sopra le righe. Scrivo sempre. Scrivo di tutto. Amo la scrittura di mente aperta. Pratico il refuso come stile di vita (ma solo nel tempo libero). Oggi, insieme a mio marito, gestisco Sblab, il nostro strambo studio di comunicazione, progettazione architettonica e visual design. Vivo felicemente con Beppe, otto gatti, due cani, quattro tartarughe, due conigli e la gallina Moira.