DOMESTICIRUBRICHE

Ti riconoscerei ovunque, anche in fotografia

I cani riconoscono il proprio umano senza alcun problema, dall'odore così come dal viso e dal movimento. Ora, sappiamo che persino una foto è sufficiente.

Chi ha un cane lo sa benissimo: non ci scambiano l’uno per l’altro, e sono perfettamente in grado di riconoscere il proprio umano. In fondo, nei lunghi secoli di convivenza con la nostra specie, i cani hanno sviluppato attitudini sociali molto marcate, tra cui la capacità di riconoscere i diversi individui. Possiamo immaginare che il riconoscimento del proprio compagno umano coinvolga molti fattori (l’odore, il modo in cui si muove, le caratteristiche fisiche), ma anche il viso è tra quelli fondamentali. Anzi, i cani hanno imparato a conoscere i nostri volti così bene da riuscirci anche in fotografia, come ha dimostrato uno studio condotto dai ricercatori del laboratorio di etologia applicata Dog Up di Padova, e recentemente pubblicato su Animal Cognition.

Volti veri e volti fotografati

Quanto il cane sia attento al volto umano è noto da tempo. Abbiamo già parlato su OggiScienza, ad esempio, dell’importanza dello sguardo reciproco, e alcuni studi hanno mostrato che i cani sono in grado di riconoscere le espressioni facciali umane, distinguendo un sorriso da un volto accigliato. Uno studio di qualche anno fa aveva anche evidenziato come proprio il viso fosse un elemento di grande importanza per i cani nel riconoscere individui diversi: quando il proprietario e una persona sconosciuta sfilavano davanti a un cane, quest’ultimo dava maggior attenzione al proprietario, ma l’attenzione diminuiva significativamente se venivano indossate delle maschere che nascondevano i lineamenti del volto.

Ma le fotografie sono ben diverse da un volto in carne e ossa: sono fisse, statiche, ed essendo bidimensionali mancano del senso di profondità che si ha con le persone fisiche. Capire se i cani sono comunque in grado di riconoscere un volto in fotografia è quindi un utile inizio per capire come processano le informazioni visive.

Per il loro studio, i ricercatori hanno messo a punto un apparato sperimentale che consisteva in una stanza con due aperture, sopra ciascuna delle quali era posta una fotografia (del proprietario o di uno sconosciuto). In corrispondenza di ciascuna fotografia e subito dietro l’apertura erano presenti, appunto, il proprietario e il figurante, dei quali il cane poteva vedere solo parte delle gambe, coperte con stivale e pantaloni identici in modo da renderle indistinguibili. Quindi, il cane doveva scegliere verso quale apertura dirigersi sulla base delle fotografie. Queste ultime erano prese in condizioni diverse: alcune frontali, con il volto chiaramente illuminato in modo uniforme, mentre altre erano state scattate in condizioni sub-ottimali, con il viso parzialmente girato lateralmente, oppure verso l’alto o verso il basso, e con la luce proveniente solo da una direzione. In tutti i casi, le foto mostravano i volti presi dal basso, simulando il modo in cui ci vede il cane.

Dritto da te… se ti vedo bene

I 60 cani che hanno partecipato all’esperimento hanno scelto con frequenza significativamente maggiore di dirigersi verso il proprio umano quando la fotografia era scattata in condizioni ottimali. E questo ci dice qualcosa di molto interessante su come i cani vedono il mondo: «Sappiamo che la loro vista dei cani è più povera della nostra per molti aspetti, come la percezione dei colori e acutezza visiva, mentre il loro olfatto è di gran lunga superiore al nostro (fino a un milione di volte migliore). Tendiamo quindi a supporre che i cani facciano del tutto affidamento sul loro olfatto, ma questo non è vero!», commenta a OggiScienza Carla Eatherington, prima autrice dello studio.

«Abbiamo scoperto che i cani possono svolgere un complesso compito di discriminazione visiva senza usare l’olfatto. Inoltre, il fatto che possano riconoscere i volti dei loro padroni nelle foto ci dice di più su come riescono a riconoscerli, dato che nelle foto mancano molte delle caratteristiche contenute nei volti reali, come il movimento o il senso della profondità. E non abbiamo reso questo compito facile ai cani che hanno partecipato all’esperimento, poiché tutte le foto del proprietario sono state presentate accanto a uno sconosciuto che era stato abbinato per sesso, colore della pelle, colore e stile dei capelli, presenza di barba e occhiali eccetera».

Tuttavia, in termini statistici, la scelta dei cani non è stata significativa quando posti di fronte a immagini prese in condizioni sub-ottimali. Questo risultato ha stupito i ricercatori. In un esperimento condotto un paio di anni fa, infatti, avevano condotto un test simile, nel quale però ai cani erano mostrati i volti reali, in carne e ossa, del proprietario e del figurante, che sbucavano da un’apertura nella parete: in quel caso, la posizione in cui si mettevano e la luce non influenzavano la scelta del cane. Da cosa può dipendere questa differenza?

«Credo che si riduca alla diversa difficoltà dei due esperimenti. I volti reali offrono molte più informazioni, ad esempio legate al movimento, che si perdono se presentate in forma bidimensionale. Le immagini danno anche meno informazioni sulla profondità spaziale, il che potrebbe aver impedito ai cani di avere un’impressione reale della forma del volto», spiega Eatherington «Inoltre, penso che la condizione sub-ottimale abbia reso il compito più difficile nell’esperimento fotografico perché l’illuminazione non uniforme ha esagerato le ombre e i riflessi, facendo anche spesso apparire la pelle di un colore leggermente diverso da quello reale».

Differenze di genere e osservatori attenti

C’è un altro risultato interessante che emerge dal lavoro dei ricercatori. Maschi e femmine non sono alla pari nella loro abilità di riconoscere il proprio umano in fotografia: i maschi sono più bravi. Esattamente il contrario di quanto sembra avvenire nella nostra specie. «Nella nostra specie, le donne sono generalmente più brave a riconoscere i volti, soprattutto quelli dello stesso sesso: si pensa che questo abbia un ruolo nella percezione delle emozioni e nella cura della prole», spiega ancora la ricercatrice. La migliore performance dei maschi si era verificata anche quando ai cani erano state presentate le facce dal vivo. «Tuttavia, la ricerca ha anche dimostrato che i neonati maschi vedono i volti in modo più olistico, e questo potrebbe essere vero anche per i cani maschi che potrebbero facilitare le loro capacità di riconoscimento».

Inoltre, un fattore da prendere in considerazione è il tempo che ciascun cane passava a guardare le fotografie. Uno sguardo breve e poi diretti verso il padrone alcuni, mentre altri mostravano un certo interesse anche verso il volto estraneo. In generale, i ricercatori hanno individuato una proporzione tra il tempo speso a indagare i volti e la probabilità di dirigersi alla fine verso il padrone: più tempo il cane passava a guardare le fotografie, maggiore era il tempo dedicato al figurante, e minori le probabilità che, alla fine del tempo a disposizione, raggiungesse il proprio compagno umano. Questo aspetto chiama in gioco due possibili fattori.

Da una parte c’è quello motivazionale (abbiamo parlato qui delle motivazioni canine), per il quale individui con una maggior motivazione esplorativa o neofilica sono maggiormente spinti verso l’elemento di novità – in altre parole, l’estraneo. Dall’altra parte, questo aspetto potrebbe essere spiegato dal tipo di processamento visivo che il cane mette in atto davanti alle fotografie. «Io sospetto che il riconoscimento avvenga rapidamente e, una volta avvenuto, dipenda dalla personalità di un cane scegliere se il cane guardare un volto nuovo o familiare», spiega Eatherington. «La scienza ha appena iniziato a esaminare le differenze individuali tra i cani, un tipo di ricerca che richiede un campione di grandi dimensioni. Ciò significa che nel nostro esperimento, che ha coinvolto un numero relativamente piccolo di cani, si è persa un po’ di sensibilità sulle singole personalità. Per cercare di limitare questo problema, abbiamo testato i cani non molto tempo dopo il loro arrivo in laboratorio, cosicché, incerti a causa del nuovo ambiente, fossero più motivati a ricongiungersi con il proprietario».

In conclusione, il lavoro condotto dai ricercatori del laboratorio Dog Up dice sicuramente molto su come i cani possono usare le informazioni visive e ci dice che, sì, a mostrar loro una nostra foto, saranno in grado di riconoscerci. Allo stesso tempo, apre la strada a molte altre domande: ad esempio, sanno che quella è una fotografia e non un volto reale? E poi: riconoscono ugualmente bene anche fotografie di altri cani? «Alcune ricerche hanno già mostrato che i cani guardano più verso i musi di cani familiari rispetto quelli di sconosciuti, suggerendo che riconoscono gli individui. Tuttavia, c’è spazio ancora per molte ricerche per rispondere a queste domande», conclude la ricercatrice.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Fotografia: Pixabay

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.