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Cosa vuol dire disforia premestruale?

Il nostro dizionario minimo di psicologia, questa settimana, ci porta a comprendere meglio la sindrome premestruale.

È radicata in una secolare tradizione fatta di superstizione, credenze religiose e mitiche l’idea che la donna sia, con scadenze mensili, impura, imprevedibile e pericolosa. Sin dall’antichità, i cambiamenti del corpo e dell’umore associati al ciclo mestruale sono stati argomenti di pregiudizio nei confronti delle capacità fisiche e mentali delle donne.

In Naturalis historia, Plinio il Vecchio fa riferimento all’impurità delle donne nell’età fertile e alla loro incapacità di controllare i propri impulsi. La costruzione di questo pregiudizio attraverso i secoli ha certamente rallentato il processo di consapevolezza e conoscenza di quella che oggi viene definita più genericamente sindrome premestruale (PMS). 

La storia di una definizione

Risale al 1931 la prima descrizione del quadro clinico associabile a questa sindrome, per mano del neurologo americano Robert Frank. I sintomi fisici e mentali esperiti dalle donne nella fase luteinica, cioè dall’ovulazione alla mestruazione, sono per Frank associati a variazioni degli ormoni sessuali.

Nel 1953, il termine “sindrome premestruale” viene introdotto nel vocabolario medico per poi essere rinominata “Disturbo Disforico di Tarda Fase Luteinica” nel DSM-III trent’anni dopo.

Attualmente si parla di “Disturbo Disforico Premestruale” (PMDD) e i criteri di diagnosi e valutazione si trovano nell’ultima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DMS-V).

Per saperne di più, guarda questo video che fa parte della serie dal titolo Bates Corner, Glossario minimo di psicologia, in onore di Norman Bates, il protagonista della serie di romanzi Psycho di Robert Bloch, che molti conoscono per l’adattamento cinematografico Psyco di Alfred Hitchcock (1960).


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Giulia Rocco
Pensa e produce oggetti multimediali per il giornalismo e l’editoria. L’hanno definita “sperimentatrice seriale”.