IPAZIA

Margaret Burbidge: siamo “polvere di stelle”

Morta nell’aprile del 2020 all’età di 100 anni, l’astronoma angloamericana Margaret Burbidge ha svelato il meccanismo che porta alla formazione degli elementi chimici all’interno delle stelle

Il ferro nel nostro sangue e nel nucleo della Terra, il calcio e il fosforo negli alimenti e nelle ossa, il carbonio e l’azoto nel DNA. Pressoché tutti gli elementi chimici che compongono ciò che esiste sono stati creati nel corso di reazioni termonucleari all’interno delle stelle.

Delfini e computer, alberi e virus, rocce e persone: oggetti inerti ed esseri viventi. Noi e ciò che ci circonda siamo, in un certo senso, polvere di stelle. Stardust.

Lady Stardust, così era soprannominata Margaret Burbidge, l’astronoma che nel 1957 ha svelato il meccanismo che porta alla formazione degli elementi nelle stelle, noto come nucleosintesi.

Morta nell’aprile del 2020 all’età di 100 anni, nella sua lunga vita ha condotto decine di ricerche sulle galassie e sui quasar, è stata la prima donna a guidare l’osservatorio reale di Greenwich e ha contribuito alla progettazione del Telescopio spaziale Hubble. Oggi occupa un posto di rilievo tra le grandi figure dell’astronomia.

Scoprire le stelle in mezzo al mare

Eleanor Margaret Peachey nasce nel 1919 a Davenport, nei pressi di Manchester. Interessata alla scienza sin da bambina, cresce a Londra, incoraggiata dal padre e dalla madre – entrambi chimici – a coltivare la sua curiosità e seguire le sue passioni.

Il primo contatto con le stelle, che la segnerà profondamente, avviene quando ha appena quattro anni, mentre con la famiglia si sta recando in Francia per una vacanza. Durante la traversata notturna della Manica, i genitori si accorgono che ha il mal di mare, così cercano di distrarla mostrandole il cielo dall’oblò della cabina. La volta è costellata di puntini luminosi. Per Margaret, abituata al cielo grigio di Londra, quella visione è una vera e propria folgorazione. L’immagine del cielo stellato resterà impressa in modo indelebile nella sua memoria e indirizzerà la sua vita futura.

A tu per tu col sessismo

Nel 1936, dopo il diploma, la giovane Margaret non ha dubbi su quale percorso intraprendere; si iscrive all’University College di Londra, dove segue i corsi di astronomia, fisica e matematica. Laureatasi con il massimo dei voti nel 1939, quello stesso anno ottiene un incarico presso l’osservatorio londinese di Mill Hill.

Nel 1945, dopo aver conseguito il dottorato in astronomia, fa domanda per una borsa di studio presso l’osservatorio di Monte Wilson a Los Angeles. La richiesta non viene accolta perché a quel tempo è considerato sconveniente, se non proprio disdicevole, che una donna possa trascorrere le sue serate in compagnia di uomini sposati. Questa esperienza porta Margaret ad aprire gli occhi sulla discriminazione di genere. “In quell’occasione”, scriverà nella sua autobiografia, “nella mia vita ha cominciato a operare un principio guida: se un ostacolo di qualsiasi tipo impedisce il raggiungimento dei propri obiettivi, è necessario trovare un modo per aggirarlo – seguire un’altra strada verso la propria meta. Ho dato questo consiglio a molte donne. Ho detto loro: provateci, funziona.”

Nel 1947 conosce Geoffrey Burbidge, fisico teorico all’University College di Londra, che sposa l’anno successivo. L’uomo, colpito dall’entusiasmo della moglie, deciderà di cambiare ambito di ricerca e di passare all’astrofisica. Nei primi anni Cinquanta, i due fanno la spola tra la Gran Bretagna e vari centri di ricerca negli Stati Uniti. Margaret prova di nuovo a fare domanda per entrare all’osservatorio di Monte Wilson; anche questa volta viene respinta in quanto donna. Si candida pure Geoffrey, che ottiene il posto senza problemi. L’astronoma, per riuscire ad accedere all’osservatorio, dovrà presentarsi come assistente del marito, anche se in realtà sarà lei a gestire il telescopio e il programma di osservazione.

B2FH 

Negli Stati Uniti, Margaret e Geoffrey Burbidge iniziano a collaborare con il fisico americano William Fowler e il cosmologo inglese Fred Hoyle. Nel 1957 esce l’articolo “Synthesis of the Elements in Stars”, oggi conosciuto dalla comunità astronomica mondiale come B2FH, dalle iniziali degli autori: B2 sta per Margaret e Geoffrey Burbidge, F per Fowler e H per Hoyle. Nel documento, pubblicato sulla rivista Reviews of Modern Physics, si sostiene che quasi tutti gli elementi chimici esistenti, dall’alluminio allo zinco, si sono formati nei nuclei delle stelle.

La tesi centrale dell’articolo è la seguente: i metalli più pesanti vengono sintetizzati all’interno delle stelle a partire da quelli più leggeri – come l’idrogeno e l’elio – nel corso di reazioni termonucleari, un processo oggi noto col nome di nucleosintesi stellare; dispersi nello spazio, gli elementi si ricombinano per formare pianeti e altre stelle, dando inizio a un nuovo ciclo. Considerato uno dei documenti scientifici più influenti di sempre, B2FH ha cambiato in modo radicale la nostra comprensione dell’universo e della sua evoluzione.

Altri traguardi

Nel 1962, Margaret Burbidge ottiene un incarico come professoressa presso l’Università della California a San Diego, dove resterà sino alla fine della sua carriera. Tra i suoi lavori più significativi, vanno ricordati gli studi sulle radiazioni emesse dai quasar, le ricerche sule curve di rotazione delle galassie a spirale e il suo contributo alla progettazione dello spettrografo a oggetti deboli, uno degli strumenti realizzati per il Telescopio spaziale Hubble, messo in orbita nel 1990.

Tra il 1972 e il 1973 l’astronoma torna nel Regno Unito per ricoprire, prima donna in assoluto, il ruolo di direttrice dell’osservatorio reale di Greenwich. L’incarico, nel corso della storia secolare dell’istituzione britannica, aveva sempre comportato l’assegnazione del titolo di astronomo reale. Per ragioni mai chiarite, probabilmente di matrice sessista, a Margaret Burbidge non viene conferito questo onore.

Sempre nel 1972, l’American Astronomical Society (AAS) le assegna l’Annie Jump Cannon award, premio dedicato alle donne che hanno contribuito al progresso dell’astronomia. Burbidge rifiuta il riconoscimento, ritenendolo in un certo senso ghettizzante. Nella lettera che invia al comitato spiega che “è giunto il momento di eliminare ogni forma di discriminazione professionale, sia a favore che contro le donne”. Il suo rifiuto porterà l’AAS a istituire un gruppo di lavoro per indagare sulle reali condizioni di lavoro delle donne in astronomia. Quattro anni dopo, nel 1976, Margaret Burbidge diventerà la prima donna a dirigere l’AAS.

Si ritira nel 1988, ma continua a ricoprire l’incarico di professoressa emerita presso l’Università della California a San Diego. Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti nel corso della sua lunghissima carriera, vanno ricordati la National Medal of Science, conferitale nel 1983, e la medaglia d’oro della Royal Astronomical Society, assegnata a lei e al marito nel 2005.

“Sono le stelle, le stelle sopra di noi, che governano la nostra condizione”. B2FH inizia con questa citazione tratta dal Re Lear di Shakespeare. Una frase perfetta per descrivere la vita di Margaret Burbidge.


Leggi anche: Kathy Sullivan: dallo spazio alle profondità oceaniche

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Nature

Condividi su
Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.