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I problemi delle mega-costellazioni satellitari

L’evoluzione tecnologica che minaccia l’astronomia: il cielo potrebbe essere il prossimo patrimonio dell’umanità perso in nome del progresso?

Vi siete mai chiesti come è cambiata la percezione del cielo notturno dalla preistoria ad oggi? Non ci si deve meravigliare se le stelle, i pianeti e i fenomeni astronomici hanno assunto significati religiosi e magici nel lontano passato perché la volta celeste per i nostri antenati deve essere stata meravigliosa, quando il buio era davvero scuro. Purtroppo, oggi è difficile sperimentare quelle sensazioni perché anche gli astri più brillanti si perdono immersi nella luce emessa dalle città, che rischiara le notti raggiungendo i luoghi più sperduti della Terra. Per alcuni, la vista suggestiva della Via Lattea che si estende attraverso il cielo notturno è un ricordo d’infanzia: molti giovani, forse, non l’hanno neppure mai vista.

Questa alterazione dei livelli dell’illuminazione naturale è chiamata inquinamento luminoso. Il bagliore prodotto dall’urbanizzazione non solo avvolge i centri abitati ma si estende lontano, per diffusione, a causa dell’umidità e dell’aerosol presenti nell’aria, creando un effetto noto come skyglow. Tale cambiamento ambientale influenza l’osservazione del cielo notturno, la fauna ed i cicli di questo pianeta con effetti, probabilmente, ancora non pienamente compresi.

Chi fa astronomia amatoriale combatte le proprie battaglie con il lampione davanti casa o con l’insegna troppo luminosa; magari, è costretto a caricare l’attrezzatura in auto e a fare svariati chilometri per raggiungere la cima della montagna più vicina. Ma anche gli astronomi professionisti, nonostante dispongano di strumentazioni potenti ed avanzate, devono fare i conti con questo problema e spesso si rifugiano nei posti più remoti del pianeta per trovare il buio ed il seeing migliore.

Tuttavia, l’inquinamento luminoso non è solo di origine terrestre perché, in altra forma, proviene anche dallo spazio dove ogni notte sfrecciano satelliti ed altri oggetti artificiali di varia natura i quali, spesso, riflettono la luce del Sole tanto da essere visibili ad occhio nudo. Questa popolazione di manufatti orbitanti e brillanti potrebbe diventare sempre più rilevante nei prossimi mesi ed anni con l’avvento delle mega-costellazioni di satelliti.

La prima a destare molte preoccupazioni e polemiche è stata la famiglia Starlink di Elon Musk, il miliardario americano fondatore e CEO della SpaceX.

La costellazione Starlink

Starlink è una costellazione di satelliti nata per offrire Internet a banda larga, anche nei luoghi dove generalmente la rete non è disponibile o la realizzazione delle infrastrutture è molto costosa.

Servirà dapprima gli Stati Uniti settentrionali ed il Canada. Poi, il cluster arriverà ad una copertura quasi totale del globo, lasciando scoperte solo le regioni polari.
Al momento, la SpaceX ha ottenuto il permesso per lanciare in orbita fino a 42.000 satelliti, posizionati nella bassa orbita terrestre o LEO (low Earth orbit), intorno ai 550 chilometri di quota o più in basso.

Gli Starlink sono frutto di una progettazione altamente innovativa intesa a minimizzare il volume di ciascun oggetto e quindi, a massimizzare il numero di satelliti che possono essere lanciati su un singolo Falcon 9, il vettore della SpaceX.
Ciascun satellite pesa 260 chilogrammi. Ha un bus principale dove sono montate antenne, propulsione e sensori di navigazione (star tracker) ed è dotato di un sistema autonomo di anti-collisione.

Le antenne sono quattro di tipo phased-array. Questa tecnologia di schieramento in gruppo consente di creare un unico fronte d’onda nella direzione voluta (la “fasatura” ne permette l’orientamento e la modulazione). Sono bianche: l’albedo elevato ne riduce il surriscaldamento e quindi la deformazione, migliorando l’efficienza ma le rende uno degli elementi più riflettenti del satellite. Il pannello solare di circa 9 metri fornisce energia e viene orientato in posizioni diverse a seconda delle necessità operative.

Ogni Starlink può sollevarsi, abbassarsi e de-orbitare alla fine del suo ciclo vitale, grazie a un motore elettrico a effetto Hall che sfrutta l’accelerazione di ioni di kripton (un gas nobile molto economico rispetto allo xenon, generalmente usato in questo tipo di propulsione).
Tre sono le principali fasi di volo: 1 – innalzamento dell’orbita; 2 – orbita di parcheggio (380 chilometri di quota); 3 – orbita operativa (550 chilometri di quota).
Al termine della propria missione, ogni satellite userà il propulsore per de-orbitare in alcuni mesi o, se il motore non dovesse funzionare, considerata la bassa altitudine di volo, brucerà comunque nell’atmosfera terrestre entro 5 anni, riducendo il problema della spazzatura spaziale ed il rischio di collisioni con altri oggetti.

Lavorando a quote molto basse, far volare gli Starlink non è semplice.
Per ridurre al minimo la resistenza atmosferica, durante le fasi di manovra assumono una configurazione detta a “libro aperto”, dove il pannello solare è disposto frontalmente in linea con il corpo del satellite ed è proprio in questo momento in cui diventano più riflettenti. Quando raggiungono la quota operativa, invece, il pannello solare viene disposto a “pinna di squalo” e questa configurazione rende il satellite meno visibile da terra.

Crediti: SpaceX

Riflessione e magnitudine apparente

Per via della quota in cui si muovono, gli Starlink sono visibili dalla Terra all’alba o al tramonto quando il Sole è sotto l’orizzonte ma riesce ad illuminarli e risultano molto luminosi durante le manovre di innalzamento orbitale.
Si possono creare due tipi di riflessi: speculari, quando la luce del Sole viene riflessa in una particolare direzione e diffusi, quando la luce del Sole viene riflessa in molte direzioni. I primi hanno poca rilevanza perché rimbalzano per lo più verso lo spazio e, quando colpiscono la Terra, durano al massimo un secondo. I riflessi diffusi, invece, sono quelli che causano il disaggio maggiore agli osservatori terrestri.

Così come sono stati progettati, gli Starlink hanno una magnitudine media apparente di 5.5 durante la fase operativa e sono ancora più luminosi nelle altre fasi. La magnitudine apparente è la luminosità di un oggetto rilevabile da un punto di osservazione, in questo caso la Terra. Più un corpo è luminoso, minore è la sua magnitudine: tra 6 e 7 c’è il limite della visibilità ad occhio nudo.

Il famoso “trenino” di satelliti è stato osservato e fotografato moltissime volte da quando Elon Musk ha iniziato a mettere in orbita la costellazione. «Ciò che principalmente ha colpito tutti e colto di sorpresa è stata la brillante luminosità della serie di perle che attraversa il cielo», aveva dichiarato Jeff Hall, direttore dell’Osservatorio Lowell in Arizona e presidente del comitato AAS (American Astronomical Society) che gestisce i problemi relativi ad inquinamento luminoso e detriti spaziali.

Da parte sua, anche la SpaceX aveva commentato: «Sicuramente, sapevamo che si trattava di un nuovo design di veicoli spaziali in una nuova architettura ma il livello di luminosità e visibilità è stata una sorpresa anche per noi». Patricia Cooper, vicepresidente degli affari di governo satellitare alla SpaceX, ha affermato che l’azienda ha impiegato mesi per comprendere perché i satelliti Starlink apparivano così luminosi.

L’impatto sulle osservazioni astronomiche

I satelliti che interferiscono con le osservazioni astronomiche non sono un fenomeno nuovo.
«Qualsiasi oggetto nell’orbita terrestre che riflette il Sole, qualsiasi cosa abbia un albedo maggiore di zero, può lasciare una traccia in un’immagine astronomica», ha spiegato Pat Seitzer, professore emerito di astronomia all’Università del Michigan. In una sola notte, centinaia di oggetti potrebbero solcare il campo visivo di un osservatorio. «Non vorremmo davvero nessun satellite», ha detto, «ma quella battaglia è andata persa molto tempo fa, a partire dal 1957», facendo riferimento allo Sputnik 1, il primo satellite artificiale mandato in orbita attorno alla Terra.

I cluster satellitari potrebbero costituire un serio problema per alcune particolari attività astronomiche, come setacciare ampie zone di cielo per lunghi periodi di tempo alla ricerca di oggetti deboli e lontani (ad esempio, la famosa caccia al Nono Pianeta); oppure, potrebbero inficiare la scoperta di asteroidi potenzialmente pericolosi perché questi vengono cercati generalmente all’alba o al crepuscolo, proprio quando gli Starlink sono più luminosi, setacciando lo spazio attorno al Sole.

Strisce, diafonia elettronica, immagini fantasma… saturazione… effetti transitori che possono verificarsi anche quando i satelliti non sono illuminati ma occultano altri corpi celesti… Esiste davvero un’ampia gamma di possibili interferenze. Gli osservatori ad ampio campo, saranno probabilmente influenzati più di altri dalle mega-costellazioni come Starlink.
Uno studio mostra che fino al 30% di tutte le immagini riprese nell’ambito della campagna Legacy Survey of Space and Time (LSST), il programma decennale che si svolgerà presso l’Osservatorio Vera Rubin e catturerà circa 1.000 foto del cielo ad altissima risoluzione ogni notte, conterrà almeno una traccia dei satelliti. Con 42.000 satelliti in orbita attorno alla Terra, oltre un migliaio di sarebbero visibili sopra l’orizzonte e sarebbe difficile trovare una zona di 9.6 gradi quadrati (circa 40 volte l’area della Luna piena) in qualsiasi parte del cielo che non contenga strisce satellitari.

Il Dott. Adriano Fontana, astronomo INAF, presidente della Large Binocular Telescope Corporation e membro di una commissione di esperti istituita per valutare l’impatto delle costellazioni di nano-satelliti per telecomunicazioni sulle osservazioni astronomiche ci ha scritto via mail:

«Le costellazioni come Starlink possono influenzare soprattutto le osservazioni nelle bande del visibile (quindi nella luce come è in grado di vederla l’occhio umano) e nelle bande radio usate appunto dalla radioastronomia. L’effetto nei due casi è diverso.
Nel visibile i satelliti non emettono luce propria ma riflettono la luce del Sole. Questo li rende particolarmente visibili anche ad occhio nudo quando si verificano due condizioni: quando sono all’inizio della loro missione (questi satelliti partono su orbite basse e lentamente salgono su orbite più alte diventando meno visibili), all’alba e al tramonto quando la luce del Sole li illumina direttamente.

Molte analisi sono in corso per valutare il loro effetto sulle osservazioni astronomiche.
La buona notizia è che i risultati più recenti sembrano indicare che questi effetti siano limitati, soprattutto per le osservazioni fatte con telescopi di grande diametro. Le ragioni fondamentali sono tre: questi satelliti sono illuminati quando sono bassi sull’orizzonte ma sono molto meno luminosi quando sono sulla verticale che è la zona dove normalmente i telescopi puntano; questi satelliti passano molto velocemente davanti al telescopio e quindi la loro luminosità è diluita nelle osservazioni astronomiche che usano pose molto lunghe; infine, nel caso di osservazioni fatte con telescopi di grande diametro, questi satelliti, essendo vicini alla Terra, appaiono sfocati rispetto alle stelle ed agli altri oggetti a grande distanza che si stanno osservando e, quindi, la loro luminosità è ulteriormente dispersa.

L’insieme di questi effetti fa sì che l’impatto sulle osservazioni astronomiche nel visibile sia relativamente limitato e possa essere corretto con opportune avvertenze. Sia organizzando le osservazioni, perché noi sappiamo quando e dove questi satelliti passano nel cielo, sia in fase di analisi dati. Il problema è relativamente più serio per i telescopi che osservano tutto il cielo in particolare per il telescopio americano LSST che entrerà in funzione fra poco. E per le osservazioni di asteroidi e altri oggetti del sistema solare che sono interni all’orbita terrestre, perché questi sono osservabili solo al tramonto o all’alba in quanto vicini al Sole».

«Ovviamente il problema può diventare proporzionalmente più serio se i satelliti in orbita dovessero diventare migliaia o decine di migliaia come sembra nei piani più ambiziosi», ha aggiunto.

«Nella banda radio il discorso è diverso. Invece che riflettere la luce del Sole i satelliti in questione emettono onde radio con cui trasmettono il segnale Internet a terra. Questo li rende potenzialmente più pericolosi perché diventano sorgenti brillanti in cielo durante tutta la loro orbita. Le bande radio più importanti per l’astrofisica sono protette da regolamenti internazionali e quindi ci aspettiamo che questi satelliti non trasmettano in tali bande ma la loro emissione può comunque disturbare i radiotelescopi a terra. In questo caso la possibilità più radicale di mitigarne gli effetti è quella di concordare con le compagnie che i satelliti vengono spenti quando transitano su telescopi di particolare importanza, soprattutto quelli localizzati in regioni particolarmente remote e deserte, dove la copertura del satellite non sarebbe comunque sfruttata. Questo richiede comunque delle trattative che al momento sono appena iniziate».

A seconda della quota in cui vengono distribuite, le mega-costellazioni potranno influenzare anche le osservazioni fatte dall’orbita con i telescopi spaziali. In uno dei primi studi sul problema Starlink, l’autore Jonathan McDowell, astrofisico di Harvard, cita come esempio un’immagine a lunga esposizione di Hubble ripresa il 28 febbraio 2020, rovinata dal passaggio di un pezzo di vettore cinese a soli 34 chilometri di distanza.

La risposta della SpaceX

La sera del 6 gennaio 2020, un Falcon 9 della SpaceX è decollato da Cape Canaveral e, un’ora dopo, ha distribuito il suo carico utile: 60 satelliti Starlink. Questi si sono uniti ad altri 120 lanciati tra maggio e novembre 2019.

Uno dei 60 satelliti di quel lancio era ricoperto da vari “trattamenti di oscuramento”, con l’obiettivo di renderlo meno riflettente. Le osservazioni successive hanno dimostrato che, il cosiddetto “DarkSat” aveva ridotto effettivamente la sua luminosità del 55% ma il rivestimento scuro avrebbe potuto influenzare le proprietà termiche del satellite (un’oggetto riflettente si scalda meno). Inoltre le superfici nere riflettono un po’ di luce anche nell’infrarosso, quindi la SpaceX ha subito iniziato a valutare altre soluzioni. Lo stesso Elon Musk, usando il suo strumento di comunicazione preferito, Twitter, aveva lanciato un messaggio rassicurante alla comunità astronomica qualche giorno più tardi: «Stiamo avendo delle discussioni costruttive con i principali astronomi. In un modo o nell’altro, ci assicureremo che Starlink non impedisca nuove scoperte o cambi l’aspetto del cielo notturno».

Crediti: SpaceX

Dopo il DarkSat, la compagnia americana ha sperimentato il “VisorSat”. Questi satelliti sono dotati di una sorta di visiera parasole che blocca la riflettività delle antenne, evitando così l’impatto della vernice nera sull’efficienza termica. Il primo è stato lanciato ad inizio giugno 2020 e la tecnologia è stata implementata su tutti i satelliti nei lanci successivi.


Crediti: SpaceX

Risolti, più o meno, i problemi creati dai satelliti in orbita operativa, la SpaceX deve ancora risolvere il problema dell’eccessiva visibilità degli Starlink che rimangono in fase 1 e 2. L’azienda di Elon Musk sta quindi lavorando a un modo per modificare le modalità di volo e di manovra. Sta testando soluzioni per far volare i satelliti inclinati nella stessa direzione del Sole per ridurre la riflessione del panello solare quando sono in configurazione “libro aperto”. Tuttavia ci sono delle difficoltà: prima di tutto questa manovra è applicabile quando il satellite non sta fornendo la connessione ad Internet perché le antenne, in questo caso, non punterebbero direttamente verso la Terra; in secondo luogo la posizione di taglio del pannello solare riduce l’energia accumulata dal satellite. Inoltre gli star tracker, che si trovano ai lati del bus centrale, guarderebbero uno verso il Sole ed uno verso la Terra con conseguenti problemi di navigazione.

Nel frattempo, nonostante gli sforzi, gli astronomi continuano a pubblicare immagini completamente segnate dal passaggio degli Starlink. La foto della cometa NEOWISE scattata il 21 luglio dall’astrofotografo Daniel Lopez, è diventata virale.

La SpaceX ha cercato comunque di agevolare la comunità astronomica: le traiettorie degli Starlink sono pubblicate attraverso il sito web space-track.org e celestrak.com, che molti astronomi usano per pianificare le osservazioni. Ed ora, vengono rilasciati anche dati predittivi pre-lancio. Ciò dovrebbe consentire agli osservatori di programmare al meglio le proprie attività.

Non solo Starlink

Nonostante i dialoghi con la SpaceX procedano con disponibilità e collaborazione, la situazione futura potrebbe non essere così rosea perché gli Starlink non rimarranno un caso isolato. Nell’immediato futuro, la Gran Bretagna gestirà la costellazione OneWeb i cui lanci sono già iniziati, nonostante le difficoltà economiche della compagnia. Il cluster, al momento autorizzato per 720 unità, potrebbe espandersi fino a 48.000 satelliti, posizionati ad una quota di 1.200 chilometri in orbita polare per garantire una copertura globale h24. Recentemente anche il colosso Amazon ha ricevuto l’approvazione per lanciare e gestire una costellazione di 3.236 satelliti per la connessione ad Internet. L’investimento fa parte del Progetto Kuiper del gigante dell’e-commerce, un’iniziativa nata per fornire Internet satellitare a banda larga, con connessioni ad alta velocità e bassa latenza. L’azienda afferma che il servizio sarà offerto “negli Stati Uniti e in tutto il mondo”, con la chiara intenzione di espandere la rete a livello globale. Anche se apparentemente Amazon è un passo indietro alla SpaceX che ha già piazzato in orbita un numero consistente di satelliti, la compagnia guidata da Jeff Bezos, fondatore della Blue Origin, ha recentemente aperto una nuovissima struttura di ricerca e sviluppo a Redmond, Washington, interamente dedicata allo sviluppo della mega-costellazione e si è assicurata importanti partnership industriali tanto che potrebbe essere pronta al lancio in poco tempo.
Quindi, quale sarà il futuro per le osservazioni astronomiche?

Il dott. Fontana ha commentato: «Per quel che riguarda Starlink, la compagnia sembra molto ben disposta a mitigare gli effetti sull’osservazione astronomiche. Lo stesso Elon Musk è intervenuto per discutere la vicenda con i comitati scientifici americani e si è detto più che disposto a mitigare gli effetti». Aggiungendo: «Certamente è difficile prevedere cosa succederà quando altri attori anche non statunitensi interverranno sul mercato. Purtroppo si sconta l’assenza di una regolamentazione internazionale e di una agenzia internazionale riconosciuta da tutti i paesi che regoli l’accesso allo spazio e la trasmissione dei segnali. Si sta pensando a qualche iniziativa in ambito ONU ma sono azioni molto complesse, anche perché non dobbiamo dimenticare il grande interesse per queste costellazioni, che vengono viste, specialmente dai paesi in via di sviluppo, come una importante opportunità per portare Internet a basso costo nelle regioni meno sviluppate e quindi un importante veicolo di progresso. Le ragioni del progresso e della ricerca astronomica dovranno trovare un punto d’incontro e questo richiederà ulteriori negoziazioni e molta pazienza».


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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine copertina: Pixabay

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Elisabetta Bonora
Romana, ligure di adozione. Nella vita professionale mi occupo di web, marketing & comunicazione a 360 gradi. Nel tempo libero sono una incontenibile space enthusiast, science blogger ed images processor, appassionata di astronomia, spazio, fisica e tecnologia, affascinata fin da bambina dal passato e dal futuro. Dal 2012 gestisco il sito web aliveuniverse.today, dal 2014 collaboro con diverse riviste del settore e nel 2019 è uscito il mio primo libro "Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno". Amo le missioni robotiche.... per esplorare nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima! Ovviamente, sono una fan di Star Trek!