SALUTE

Armi non convenzionali per la lotta al Covid-19 parte I

La guerra al covid si sta combattendo su più fronti della ricerca: alcuni, che potrebbero apparire secondari, rivlevano invece la loro importanza.

Un po’ tutte le guerre si distinguono per l’uso contemporaneo delle tecnologie più innovative e delle tecniche più ancestrali, nonché per l’invenzione di metodi poco convenzionali, spesso tanto bizzarri quanto efficaci, per affrontare i momenti di emergenza.

Si pensi per esempio alla Grande guerra: venne combattuta con aerei ma anche con mazze ferrate e, durante l’invasione tedesca, i generali francesi utilizzarono i taxi di Parigi per spostare più velocemente i soldati sulla Marna. Oppure pensiamo, nella Seconda guerra mondiale, all’azzardo degli statunitensi, di usare nativi Navajo per mandare messaggi in codice (parlando semplicemente la loro lingua – sconosciuta alla totalità degli etnografi dell’Asse – si dimostrarono più rapidi, efficienti, e inviolabili dell’ultimo ritrovato della tecnologia tedesca, le macchine Enigma).

Anche la guerra al Covid, per usare un’immagine tanto trita quanto realistica, non ha fatto e non fa eccezione: se le nostre attenzioni infatti sono polarizzate su efficacia e tempistiche di tamponi e vaccini, esistono tanti altri settori di ricerca che stanno combattendo il virus in modo apparentemente meno convenzionale, grazie a brillanti intuizioni, organizzazione e generosità, ottenendo spesso risultati importanti. In questi articoli analizzeremo alcune di queste sperimentazioni: dall’uso di intelligenze artificiali a quello dei cani per la diagnosi della malattia, dalla costruzione di maschere di emergenza all’uso ragionato dei social.

Mettere un piolo quadrato in un buco rotondo

Forse il sistema di emergenza che ha più colpito l’immaginario collettivo durante la prima ondata del Covid-19 è stato quello dell’uso di maschere da snorkeling come respiratori. E forse, a più di qualcuno è venuta in mente la celebre scena del film Apollo 13 in cui, in una lotta contro il tempo, si spiegava agli astronauti come adattare un tubo a una presa di tutt’altra forma.

Un’idea del genere è venuta al dottor Renato Favero, ex primario dell’Ospedale di Gardone Val Trompia (Brescia): conosceva le maschere integrali della Decathton, ha stimato che ce ne potesse essere una grande quantità nei magazzini e che, con un po’ di creatività, si sarebbero potute usare come respiratori: il dottor Favaro ha contattato subito la Isinnova, ditta specializzata nella stampa 3D, che stava già producendo valvole di emergenza per respiratori. La maschera da sub necessitava infatti, ovviamente, di un adattatore, per essere collegata a un respiratore.

Grazie all’intuizione del medico, alla generosità di Decathlon (che ha donato alla causa decine di migliaia di mascherine) e di Isinnova (che ha messo a disposizione gratuitamente il disegno dell’adattatore) è stato possibile produrre in modo rapido delle maschere di emergenza C-pap, di cui c’era una preoccupante penuria. L’esempio italiano è stato poi seguito da altri paesi, come Spagna e Filippine.

medici

Combattere il virus via social

Pochi giorni prima che le maschere d’emergenza venissero assemblate, alcuni medici hanno avuto l’intuizione che i social avrebbero potuto giocare un ruolo fondamentale per l’immediatezza della condivisione di informazioni, esperienze, scambio di idee tra pari e – aspetto forse troppe volte trascurato – anche per supporto psicologico. E’ stato così che un gruppo facebook dedicato alla medicina generale, in stato quiescente, si è trasformato nel più grande gruppo anticovid d’occidente, registrando in pochissimi giorni un boom di iscrizioni. Le regole sono state da subito molto chiare: ribadito l’accesso solo ed esclusivamente a medici e odontoiatri, vietata ogni divagazione.

Abbiamo chiesto all’ideatore del gruppo, il dottor Camillo Il Grande, specialista in Chirurgia dell’apparato digerente ed endoscopia digestiva chirurgica presso il Policlinico universitario di Catania, di raccontarci di questa esperienza che, purtroppo, come ben sappiamo, non è ancora conclusa.

Il vostro gruppo è stato creato parecchi anni fa, con – immagino – scopi diversi (il Covid-19 era ancora lontano). Può raccontarci qual era l’idea alla base della sua creazione?

Il gruppo nasce nel 2012 come “Pro Concorso Nazionale”; raccoglieva aspiranti specializzandi alla ricerca di un concorso meritocratico. Dal movimento generato è stato ottenuto il concorso nazionale (anche se non esattamente come l’avrei voluto) e devo dire che il risultato è riuscito a far innervosire chi, dai piani alti, evidentemente non sente più di avere le mani in pasta come prima.

Credo che per il sistema sanitario italiano questo sia stato l’inizio di un cambiamento epocale. Il gruppo, composto da circa 3000 medici e medici prossimi alla laurea, andò poi in letargo, col nome di “Medici Italiani”. Ricordo che per un certo periodo, causa spam, decisi pure di archiviarlo.

Poi, purtroppo, qualcosa è cambiato…

A Gennaio fiutai l’arrivo del Nuovo Coronavirus in Italia seguendo la mappa del COVID-19 dal sito della Johns Hopkins University. Utilizzai la pagina Facebook della Giornata Nazionale del Medico e Personale Sanitario per promuovere la chiusura dei voli turistici da e per la Cina e, in data 29/01/2020, inviai una lettera alla SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) chiedendo di farsi portavoce per la chiusura dei suddetti voli.

Il giorno seguente l’Italia fu il solo paese ad aver applicato questo provvedimento. Ricordo che cercai di promuovere (con i soliti mezzi a disposizione) la chiusura dei confini europei prima di scoprire che il virus era, ahimè, endemico nell’Italia del nord.

E qui entra in gioco la trasformazione del gruppo: c’è stato il cambio di nome e il boom di iscritti, da qualche migliaio a novantamila in pochi giorni. Quanto è cambiato questo gruppo nell’ultimo anno? Sia a livello di iscritti, che di gestione, che di mission?

Decisi, a fine febbraio 2020 di convertire il gruppo in “Gruppo Covid” col nome: “Coronavirus, Sars-CoV-2 e COVID-19 gruppo per soli medici”; nome brutto ma che voleva rispondere a qualunque parola chiave di ricerca. Il movente della conversione del gruppo in “Gruppo Covid” fu la mancanza di mascherine filtranti (FFP).

Per quanto riguarda il numero dei membri iscritti direi che, dopo marzo, si è mantenuto costante; una piccola perdita tra la prima e la seconda ondata che stiamo recuperando in questi giorni (molti, anche tra i medici, abboccarono alla sua scomparsa in estate).

I moderatori hanno preso dimestichezza e si sono fatti l’occhio sulla tipologia dei post (evitare quelli senza fonte scientifica e che possono nascondere fake-news, ad esempio). Caratteristica del gruppo è che ci si firma a ogni post e commento; questo serve ad innalzarne l’affidabilità e a tenere lontani gli intrusi.

Le mission sono più o meno rimaste sempre le stesse, limitare i danni della pandemia. Per citarne alcune realizzate fino ad oggi:

– Abbiamo dato una mano al governo nel dare i contatti di alcuni fornitori all’ingrosso di DPI.
– Abbiamo permesso lo scambio di informazioni tra medici ed odontoiatri in Italia e nel resto del mondo grazie, anche, a una versione internazionale (Novel Coronavirus and COVID-19; for doctors only).
– Abbiamo inviato i suggerimenti dal gruppo al Ministro della Salute.
– Abbiamo realizzato un gruppo di auto-aiuto per medici e personale sanitario (Supporto psicologico per medici e personale sanitario).
-Abbiamo chiesto, a più riprese, al Ministro della Salute di sospendere i provvedimenti disciplinari a medici e personale sanitario per danno di immagine all’azienda (quando medici e personale sanitario sono stati pizzicati a inviare screenshot o messaggi whatsapp audio o, ancora, quando nei comunicati dichiaravano il vero e cioè di essere obbligati a lavorare senza i dispositivi di protezione obbligatori per fronteggiare una pandemia come quella che conosciamo).

Vi aspettavate un numero di adesioni così massiccio? Immagino che gestire un gruppo che improvvisamente si ingigantisce richieda tempo, energie e competenze…come avete fatto? Quali criticità avete trovato?

Ovviamente no, immaginavo un numero 10 volte inferiore. Ha funzionato parecchio il passaparola (moltissimi sono giunti per invito). Non conosco bene WeChat e VK ma posso dire che lì, a quanto ne so, il nostro è, almeno in occidente, il gruppo più numeroso per soli medici e odontoiatri.

Per un periodo ci arrivavano ondate di 5000 richieste di iscrizione al giorno e il contatore del gruppo è andato in tilt (come noi, del resto). A differenza degli altri gruppi di medicina su Facebook tutti vogliono saperne di più sul Covid-19 e la selezione è stata dura perché alcuni si fingevano medici pur di entrare.

Siamo stati costretti a effettuare tante verifiche anche sugli utenti approvati: ci ha dato una grossa mano il motore di ricerca della FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoriatri).

Rispetto agli scopi che vi eravate proposti ad inizio emergenza, che risultati, anche inattesi, avete ottenuto? Il gruppo insomma è servito anche a scopi a cui non avevate pensato? Quali cose hanno funzionato bene e quali meno bene?

Di inatteso, accanto alla discussione di casi clinici, ci sono state le vicende personali e familiari con un importantissimo confronto emotivo; i post dei colleghi che ci scrivevano dall’ospedale in veste di pazienti, sono stati i più ricchi in commenti e reazioni. Inaspettati anche i post in ricordo dei singoli medici sconfitti dal virus.

Da questo gruppo è nata una raccolta di storie dei medici in prima linea, voluta dalla collega Luisa Sodano, e che è stata edita da Il Pensiero Scientifico Editore. Il ricavato dalle vendite del libro, Emozioni Virali, sarà donato alle famiglie dei medici deceduti.

Una cosa che certamente non ha, finora, funzionato è stata la realizzazione dei “comitati scientifici”: l’idea era quella di spalleggiare scientificamente eventuali proposte che nascevano dal gruppo. Ritenterò perché l’idea di avere, in parallelo, un comitato di esperti permette meglio di sfornare dal gruppo solo ciambelle con il buco.

Quali sono i risultati e le soddisfazioni (pur nel momento così drammatico) più importanti che avete ottenuto?

Soddisfazioni sono aver creato insieme uno spazio d’incontro, condiviso da molti membri, dove ciascuno può dare il proprio contributo anche in base alle proprie competenze e specializzazioni. Un sistema nuovo che rafforza legami, ne crea di nuovi, generando un network di competenze multidisciplinari.

Soddisfazioni sono aver permesso una visione d’insieme della progressione dell’epidemia nel paese. Avere un grande repertorio di esempi immediati dei quadri patologici e dei sintomi, anche in zone d’Italia dove ancora il virus si vedeva poco, così da sapere in anteprima cosa aspettarsi.

Le soddisfazioni per me più grandi sono, però, legate alle cause di medicina preventiva che portiamo, spesso, avanti. Tra le ultime ricordo la richiesta al governo, da parte nostra, di far utilizzare le mascherine agli alunni a scuola, anche se trovo che le misure adottate nella seconda ondata siano state, per i miei gusti, un po’ “soft”.

A febbraio il covid si conosceva veramente poco e medici e infermieri hanno dovuto affrontare un’emergenza completamente sconosciuta, quindi immagino si sia dovuto sperimentare molto, andare per tentativi…Ci sono stati dei metodi, idee, soluzioni magari poco ortodosse o a cui non si era pensato che hanno portato a buoni risultati (in qualsiasi ambito della gestione dell’emergenza)?

Le soluzioni poco ortodosse non sono particolarmente amate dalla nostra comunità; a ogni modo ci siamo trovati di fronte a un virus sconosciuto con meccanismi fisiopatologici altrettanto sconosciuti. Sul piano farmacologico l’interesse dei membri è ancora alto e tanti sono gli articoli scientifici postati e commentati a riguardo, sul nostro gruppo. Molti cercano pareri da chi ha esperienza diretta sul campo.

Sul piano preventivo credo che un messaggio noto a noi del gruppo e meno noto all’esterno è (assieme all’utilizzo di maschere, al distanziamento ed al lavaggio frequente delle mani) quello di evitare, quando possibile, gli spazi pubblici al chiuso. Questo messaggio non credo che stia passando forte e chiaro alla popolazione come, invece, dovrebbe.

Facendo riferimento a metodi forse poco ortodossi, mi viene in mente l’uso delle maschere da snorkeling di Decathlon con un adattatore creato ad hoc. Non so se ha dei dati o delle stime, ma quanto sono state effettivamente usate queste maschere (il cui uso, da quanto ho capito era da considerarsi solo in caso di mancanza assoluta di alternative)?

Non ho con me i dati ma so che sono state usate anche come scorta in diverse terapie intensive per non trovarsi impreparati. Abbiamo creato una rete di referenti regionali anche per permettere, all’occorrenza il riuso, smistando le maschere Decathlon da un ospedale all’altro a seconda del fabbisogno. Non credo, però, che ce ne sia stato parecchio bisogno, almeno nella prima ondata.

Sono sorti gruppi simili al vostro all’estero? Avete avuto occasione di confrontarvi con loro?

Si, oltre al nostro gruppo internazionale (anglofono) sono a conoscenza del gruppo francese Coronavirus Covid19 pour les médecins fondato anche questo da nostri colleghi italiani e del gruppo greco Coronavirus medical group Greece.

Passato il momento di smarrimento iniziale il gruppo ha rallentato un po’ l’attività? ritenete che sia ancora uno strumento importante come ad inizio emergenza per i medici?

Sono andato a dare un’occhiata all’andamento dalle statistiche del gruppo: l’interesse è effettivamente un po’ calato durante l’estate per riprendere, a settembre, allo stesso ritmo che a marzo. Il gruppo ci ha comunque tenuti impegnati ininterrottamente anche durante l’estate, obbligandomi anche a trascurare l’amministrazione di alcuni altri gruppi più pertinenti alla mia disciplina (chirurgia digestiva).

I più attenti, in realtà, seguendo in estate la pandemia nell’emisfero australe, dovevano aspettarsi questa nuova ondata con l’arrivo del clima freddo.

Credete che l’esperienza traumatica del covid-19 abbia fatto capire l’importanza di una rete social tra medici o che, tutto sommato, passata l’emergenza tutto tornerà come prima?

Molti utenti chiedono già che il gruppo rimanga in piedi, a pandemia finita, a rappresentarli. Lo scopo del gruppo, sin da quando lo ribattezzai “Medici Italiani” era proprio quello. Qualcuno mi immagino che uscirà un po’ per poi ritornare alla prossima occasione che, spero, non riguardi né una pandemia né un cataclisma ma magari qualcosa di buono.

Ci sono tantissimi temi che vanno seriamente affrontati nella nostra disciplina (mi trattengo solo per non rubare spazio all’emergenza sanitaria in corso) e questo gruppo ha già mostrato a più riprese di avere le carte giuste.

Approfitto per ringraziare, uno per uno, i colleghi moderatori: Simona Cusimano, Anna Tassi, Federica Giuzio, Paolo Mezzana, Roberto Leone, Domenico Ruvolo, Margherita Plebani, Stefania Mostaccioli, Dario Buccheri, Susanna Lapucci, Alessandro Russo, Gorindo Venditti, Alice Mulè, Antonio Mangiacasale, Sara Frassino, Valeria De Nigris, Laura Lentini, Davide Gori, Gabriele Romani, Daniele De Siati, Milena Catenaro, Wassim Akkouche.


Leggi anche: Perché l’Asia ha gestito meglio la pandemia di Covid-19

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Carlo Rigon
Di formazione umanistica, ha conseguito il Master in Comunicazione della scienza presso la SISSA di Trieste. Insegnante, si occupa con scarso successo e poca costanza di tante cose. Tra i suoi progetti più riusciti un "museo del dinosauro giocattolo", ora chiuso.