LIBRI

La rivoluzione esperienziale della psicoterapia

Modificare il corpo per sanare la mente è la nuova frontiera della psicoterapia moderna. Lo racconta Giancarlo Dimaggio nel suo ultimo libro “Un attimo prima di cadere”

Con una potenza esplosiva irrompe nella sua vita personale e professionale. Come tutte le rivoluzioni è illuminante e innovativa. Nella stanza del terapeuta, oltre al paziente, alle sue parole ed emozioni entra in campo anche il corpo. E gioca un ruolo fondamentale nella cura della mente. Sono queste le fondamenta della rivoluzione esperienziale della psicoterapia, protagonista del libro di Giancarlo Dimaggio, psichiatra e psicoterapeuta, socio fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale di Roma.

Un attimo prima di cadere – La rivoluzione della psicoterapia” si presenta con un formato originale. Ha tutte le carte in regola per essere un saggio, ha il sapore della biografia e la tensione narrativa di un romanzo. L’autore si muove con ironia e leggerezza tra l’eredità dei grandi, i dibattiti fra scuole differenti e le mode del momento. Nei panni di paziente e terapeuta, intreccia il suo viaggio nei “luoghi oscuri” con l’evoluzione delle tecniche di cura nella psicoterapia moderna.

Accanto alla vicenda personale e professionale, l’autore racconta casi clinici, veri o immaginati, che ci portano dritti al punto. “Un giorno mi accorgo che le regole sono cambiate. Che la psicoterapia che pratico è diversa da quella che mi hanno insegnato. Molto. Sono convinto che sia meglio, più efficace, spesso più rapida. Che cosa è successo? Chi l’ha trasformata e come?”, si chiede Giancarlo Dimaggio nella prefazione del libro.

“La parte cognitiva non basta più, non è sufficiente”, racconta a OggiScienza l’autore, “se lavoro a livello corporeo e sensoriale, posso cambiare la cognizione”. Il corpo diventa il centro della rivoluzione esperienziale che fa delle percezioni sensoriali il perno per curare la mente. 

I protagonisti

Giancarlo ha 40 anni. Una carriera in ascesa come psicoterapeuta, una moglie e due figli. Se ha senso dire che i conti tornano – scrive nel libro – è proprio così. Quando si trova a fare il secondo bilancio della sua vita, le cose sono cambiate molto. “La realtà si infila in faglie che riposavano tranquille e spacca tutto”, si legge nel libro. La moglie si ammala e muore e Giancarlo si trova da solo a crescere due figli e a fare i conti con tutto ciò. Torna in terapia: lo aiuta ma non abbastanza. Sente un costante allarme in sottofondo, un suono insopportabile che non riesce a far tacere.

Roberto si presenta in terapia con un dolore al petto persistente. I medici lo tranquillizzano, non c’è niente di organico. Il dolore, però, continua a esistere, gli toglie la concentrazione e gli impedisce di lavorare secondo i suoi standard. A questo punto la sua storia si intreccia con quella di Giancarlo, che diventa il suo psicoterapeuta. Roberto è un paziente difficile. All’inizio racconta di sé attraverso la lente del suo lavoro e delle sue performance. L’accesso alla sfera emotiva è blindato. Poi, a un certo punto della terapia, anche per lui la realtà irrompe e dai frammenti che fa esplodere, si ricompone un altro Roberto.

Accanto a Giancarlo e Roberto, ci sono tante altre storie. C’è Virginia, sposata e infelice, che esplora la sua capacità di amare in una relazione fuori dal matrimonio, ma trova solo vergogna e inadeguatezza. Poi c’è Elena che, a due passi dall’altare, continua a essere tormentata dal fantasma del suo ex, violento e abusante. 

Giancarlo, Roberto, Virginia ed Elena entrano in terapia con le loro storie di dolore e in quelle stanze i loro demoni cominciano a essere addomesticati proprio grazie al protagonista assoluto del saggio-romanzo: la rivoluzione esperienziale.

Le tecniche della rivoluzione esperienziale

Le tecniche che permettono di intervenire sul corpo non sono nuove. Ipnosi, terapia sensomotoria, psicodramma, meditazione. Nella rivoluzione esperienziale vengono, però, rivisitate e integrate. “Si crea un movimento convergente che incorpora un repertorio di tecniche preesistenti e gli si dà un inquadramento scientifico”, specifica Dimaggio. “In passato, queste tecniche erano appannaggio di scuole che stavano fuori dal dibattito scientifico per la loro derivazione esperienziale, molto culturalizzata, del tutto disinteressata all’esperimento, alla misurazione e alla prova di efficacia”.

L’integrazione di queste tecniche nella psicoterapia cognitivista è supportata anche dalla ricerca degli psicologi sociali che, negli ultimi anni, hanno studiato i meccanismi che guidano l’inconscio

“La modifica dell’assetto corporeo, orienta il processo decisionale”, continua Giancarlo Dimaggio, che nel libro esemplifica il concetto così: “Se avete ucciso qualcuno, da chi vorreste essere giudicati? Il magistrato ideale si trova in una stanza ben riscaldata e pulita. Il tepore gli attiverà le aree cerebrali sensibili al calore relazionale, il pulito disattiverà il disgusto, che è la radice del disprezzo morale. Al contrario, il giudice esposto alla bassa temperatura più facilmente vi considererà un omicida a sangue freddo. Il giudice non saprà che il suo parere è influenzato da parametri così e se lo sapesse non ammetterebbe che decide sulla base di quello che il corpo e i sensi gli trasmettono”.

Inoltre, immaginare un’azione attiva, in una certa misura, le aree del cervello deputate a controllare il movimento. Lo sanno bene gli atleti quando ripetono mentalmente il gesto, con metodo e applicazione. “La mente immagina e il corpo simula l’azione, un mondo “come se” in cui il movimento si organizza e si affina, i muscoli si contraggono e si rilassano coordinati, sistole e diastole, il ritmo perfetto” si legge nel capitolo I gatti immaginari fanno miao.

L’immaginazione guidata e la riscrittura

La cognizione e i sensi registrano tutto ciò che ci accade. La mente reagisce elaborando idee sul sé, mentre il corpo risponde con determinati assetti. “Chi viene in terapia – racconta Giancarlo Dimaggio – soffre a causa di aspettative negative. Pensa in maniera più o meno implicita che le cose andranno a finire male. Se io chiedo cure, l’altro mi ignora; se chiedo approvazione, sentirò disprezzo; se chiedo sicurezza, troverò minaccia. Se chiedo inclusione nel gruppo, riceverò un “vai via, ciccione””.

L’emozione ha una componente cognitiva, ma ne possiede anche una corporea. Il corpo si attrezza prima di ricevere la risposta in una sorta di automatismo fisico. L’obiettivo del terapeuta è far emergere l’emozione dagli abissi, darle un nome e collocarla in un luogo del corpo, e portare una consapevolezza che è sia cognitiva sia incarnata. 

Gli episodi che ciascun paziente racconta in terapia nascondono il nucleo del proprio dolore. La psicoterapia pre-rivoluzione esperienziale rimaneva sul racconto e sulla costruzione di una consapevolezza esclusivamente cognitiva: perché mi sento così, dove l’ho imparato, quali comportamenti metto in atto per sentire meno dolore. La psicoterapia post-rivoluzione esperienziale aggiunge un elemento in più.

“Ti rifaccio accendere la scena nella mente. Non si tratta di ricordare, si tratta di rivivere in quel momento l’episodio”, spiega Dimaggio, “lo stai pensando e sperimentando, diventa vero sia a livello cognitivo sia a livello corporeo. A questo punto, prendo il tuo corpo e lo muovo, faccio in modo che viva una realtà immanente diversa da quella in cui sarebbe andato. Se racconti di percepire un corpo debole, ti faccio sperimentare tonicità; se avverti che il corpo è rattrappito, ti faccio sperimentare forza. Così la scena mentale che ti stava colonizzando e ti faceva sentire dolore, non ha più valore di realtà a livello di esperienza fisica”. 

Nel libro questa pratica viene ironicamente definita una imitazione laica di esorcismo. “Per rimanere in questa metafora, cosa faccio per scacciare il demone? Lo devo evocare” spiega l’autore del libro. “Quello che avviene è un po’ più complicato di così. È necessaria la ripetizione e l’allenamento. La mente è un processo di apprendimento continuo. La ricerca della salute richiede allenamento al nuovo e il terapeuta è l’allenatore”. 

La metamorfosi

Nella stanza con il terapeuta-allenatore raccontiamo episodio dopo episodio, sperimentiamo le emozioni che sottendono a questi racconti, le codifichiamo e le accettiamo. Ripetendo, di nuovo e di nuovo, apprendiamo. Ma cosa esattamente? “Io la chiamo metamorfosi.” specifica Dimaggio. “Ed è il cambiamento del modo in cui viviamo e ci approcciamo agli altri dentro di noi e ne anticipiamo le risposte. Quando abbiamo fatto questo, riusciamo a cambiare anche i nostri comportamenti”. 

Il nostro repertorio di personalità rimane essenzialmente lo stesso. Siamo fisiologicamente timidi, spaventati, deboli, ma il passaggio da pupa a farfalla ha un effetto di armonizzazione. Tutte le caratteristiche di personalità si bilanciano con gli aspetti positivi che scopriamo di avere e che cominciamo a potenziare. Per rimanere nella metafora, la farfalla godrà di un flusso di stati mentali più responsivo e più armonioso.

Quello che ci si porta a casa con questa lettura è che il cambiamento, quando si sente la necessità di affrontarlo, può scoprire nuove potenzialità e può anche far sperimentare una sensazione di maggior leggerezza e libertà. In questo periodo molto speciale, di cambiamenti individuali e – forse – collettivi, Dimaggio coglie una sfumatura di speranza e conclude: “quello che intravedo è l’opportunità di capire come si può comunicare socialmente per trasmettere entusiasmo, resilienza, voglia di affrontare le avversità. Come essere progettuali anche nei momenti bui. Per alcune persone, che abbiano un pizzico di attitudine a questo, potrebbe essere una bella fonte di apprendimento”.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Giulia Rocco
Pensa e produce oggetti multimediali per il giornalismo e l’editoria. L’hanno definita “sperimentatrice seriale”.