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Natale con chi puoi, le festività del 2020

Quest’anno le festività natalizie fanno rima con intimità e responsabilità. Ne parliamo con Antonella Montano, antropologa e psicoterapeuta, fondatrice e direttrice dell'Istituto A.T. Beck.

Ormai definitive (forse) le nuove misure emanate dal DPCM del 3 dicembre 2020, insieme alla corsa agli ultimi regali, non manca l’affanno delle incessanti polemiche sulle presunte o reali incongruenze delle decisioni prese dal governo. Sembra che sia difficile rassegnarsi all’idea di dover passare un Natale diverso. D’altro canto è difficile rassegnarsi proprio quest’anno, che è stato un periodo denso di privazioni.

Non dobbiamo essere tutti d’accordo con le decisioni prese dal governo, questo è certo, ma – a questo punto dell’anno e della pandemia di Covid-19 – dobbiamo necessariamente essere consapevoli dei rischi e delle precauzioni da seguire. E non potrebbe esserci regalo migliore di questa consapevolezza sotto l’albero di Natale. 

La lunga attesa del Natale

Un aspetto su cui, invece, molti si sono ritrovati d’accordo è stato l’entusiasmo con cui abbiamo anticipato le decorazioni natalizie. In molte città la voglia di arrivare a Natale si è fatta sentire e si è manifestata con largo anticipo con luci, addobbi e alberi imbiancati.

C’è chi intravede in questa esigenza la necessità di mettere una scadenza alle varie forme di lockdown, e c’è chi ci legge una sorta di sollievo nel riporre il pensiero su qualcosa di positivo.

“Il Natale è un evento bello e può essere utile, in questo periodo, anticipare di viverlo con gli occhi” ha commentato per OggiScienza Antonella Montano, Fondatrice e Direttrice dell’Istituto A.T. Beck e della Onlus Il Vaso di Pandora. “Le persone hanno bisogno di portare gioia nelle loro vite, a dispetto della pandemia, quindi perché non anticipare le decorazioni di Natale e tutto quello che evocano? È un modo per regalarci un momento di felicità e leggerezza. E tutti ne abbiamo bisogno”.

A Natale (non) puoi…

Nel nostro immaginario, le festività natalizie sono un momento di calore familiare, di ricongiungimento con parenti lontani, di cibo condiviso e di baci sotto al vischio. Il Natale ci riporta all’infanzia per la sua leggerezza, per la noia delle giornate festeggiate da sempre nello stesso modo e per la rassicurazione che tutto ciò può portare con sé.

È un momento rituale in cui la socialità è certamente spiccata, e in questo momento storico quello che in tutti i modi si cerca di raccomandare è che ne dovremo fare proprio a meno. “Stiamo vivendo in un momento in cui siamo forzatamente disconnessi gli uni dagli altri” commenta Montano, “il gruppo sociale è in tutte le epoche e in tutte le età importantissimo per riconoscersi. Fornisce tutti quegli strumenti che aiutano a vivere meglio e che, soprattutto, producono emozioni benefiche per la nostra salute”. 

La connessione con gli altri è più importante di quanto si possa pensare. Stare insieme alla propria famiglia, agli amici, o in un gruppo in cui ci si riconosce, aumenta il senso di appartenenza, riduce il livello di stress e ci fa sentire più al sicuro e con un maggior valore personale. “La connessione sociale – specifica Montano – diminuisce l’ansia e la depressione, protegge dal rischio suicidario, ci aiuta a regolare le nostre emozioni e aumenta la nostra autostima ed empatia. Se trascuriamo il nostro bisogno di connetterci, poniamo la nostra salute in serio pericolo”.

L’effetto Roseto

Al benessere che si trae dalla connessione sociale è stato dato anche un nome: effetto Roseto. Roseto è una città in Pennsylvania dove, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, venne riscontrata un’incidenza molto bassa di malattie cardiovascolari rispetto alle città vicine. “Ciò che distingueva Roseto dagli altri paesi intorno era il senso di famiglia e condivisione estesa, un vero e proprio esempio di solidarietà, collaborazione e partecipazione sociale. Far parte e sentirsi parte di un gruppo che offre accettazione e sostegno è una medicina contro lo stress e rende meno vulnerabili alle malattie” racconta Montano. “Ogni evento veniva condiviso dall’intera comunità, le frequentazioni e collaborazioni tra vicini di casa erano numerosissime così come le celebrazioni collettive di ogni tipo di ricorrenze”. 

Una lezione, quella dell’importanza dei legami sociali, che certamente avremo imparato dopo l’esperienza della pandemia. Una lezione che forse non dimenticheremo così facilmente. “Questa emergenza ha avuto un impatto molto grave sulla salute mentale e il benessere di molte persone, soprattutto per gli anziani e per chi vive da solo”, continua la dottoressa Montano, “il coronavirus ha distrutto alcuni aspetti delle nostre vite: molti hanno sofferto anche la perdita di persone care, così come un aumento di ansia, stress e sentimenti di isolamento”. 

A pagare il prezzo più alto sono coloro che hanno malattie mentali gravi, come la schizofrenia, le psicosi e la depressione severa. Più sono serie le condizioni psicopatologiche e il loro impatto sulla qualità della vita, maggiore è la sofferenza.

“Molti di questi pazienti, per far fronte ai lutti, all’isolamento sociale o alle perdite economiche, possono ricorrere all’uso di alcol e droghe, oppure possono manifestare problemi legati al cibo e a un’adeguata igiene del sonno” specifica Montano. “Inoltre, questi pazienti sono anche più vulnerabili a contrarre infezioni da SARS-Cov-2 con maggior rischio di esiti peggiori”.

Le alternative per il Natale 2020

Dovendo continuare a rispettare le misure di contenimento, non possiamo fare altro che attendere fiduciosi e nel frattempo cercare delle alternative che possano farci stare bene. “Si potrebbe surrogare temporaneamente il contatto sociale limitato con esperienze di volontariato” consiglia Antonella Montano “portare a casa la spesa o fare compagnia a chi è solo, utilizzando per esempio la tecnologia. È importante per tutti avere qualcuno con cui parlare della nostra solitudine. E anche chi ascolta ne riceve un beneficio”.

“È importante cercare di essere gentili con noi stessi, e poi con gli altri, così da ricordarci che non siamo soli nel sentirci soli. Le cose non sono dure solo per gli altri. Stiamo tutti vivendo la stessa tempesta”. E infine, conclude Montano: “anche se stiamo tutti attraversando la stessa tempesta, non dobbiamo dimenticare che abbiamo storie di vita, credenze, opinioni, valori diversi e di conseguenza ognuno deve processare questa esperienza a modo proprio. Non diamo per scontato che tutti dobbiamo fare le stesse cose, non assumiamo che tutti dobbiamo comportarci allo stesso modo e aderire alle stesse regole. Dobbiamo accettare noi stessi e accogliere le nostre vulnerabilità, paure e imperfezioni, affrontandole con tutta la nostra creatività e impegno. Più le guardiamo e accettiamo, più ci sentiremo connessi agli altri. Dobbiamo essere open-minded, flessibili e guardare il momento con curiosità”. 


Leggi anche: Depressione, è possibile un approccio di genere?

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

 

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Giulia Rocco
Pensa e produce oggetti multimediali per il giornalismo e l’editoria. L’hanno definita “sperimentatrice seriale”.