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Lo sbadiglio contagioso tra leoni

Anche tra leoni ci sono sbadigli spontanei e sbadigli contagiosi: i secondi portano i vari animali presenti nel gruppo a sincronizzarsi.

Tutti noi abbiamo esperienza di cosa significhi sbadigliare, un atto che compiamo diverse volte al giorno ed è diffuso in moltissimi gruppi di animali. Come OggiScienza aveva raccontato qui, dello sbadiglio si possono considerare diversi aspetti, in primis differenziando tra quello spontaneo e quello contagiato, che si verifica in alcuni animali sociali (umani compresi) quando vedono o sentono un altro individuo sbadigliare. Sullo sbadiglio sappiamo ancora poco: ora, un nuovo studio pubblicato su Animal Behaviour e condotto sui leoni in natura ci permette di conoscerlo meglio. Infatti, i ricercatori hanno non solo analizzato le caratteristiche dello sbadiglio spontaneo ma hanno anche stabilito come il contagio di sbadiglio possa essere l’elemento che permette la sincronizzazione del gruppo, di grande importanza per attività che richiedono coordinamento come la caccia.

Sbadigli felini

La ricerca è stata condotta su due gruppi di leoni della Makalali Reserve Siyafunda (Wildlife & Conservation, Sudafrica). «In un certo senso, il lavoro è nato un po’ per caso: i due studenti che hanno firmato la pubblicazione, Grazia Casetta e Andrea Nolfo, vi si erano recati per studiare le iene ma, nel corso dei sei mesi trascorsi sul campo, hanno potuto raccogliere anche molto materiale sui leoni», spiega a OggiScienza Elisabetta Palagi, etologa dell’Università di Pisa e coordinatrice dello studio. «Già da una prima occhiata al materiale, ci siamo accorti che forniva un’ottima opportunità per studiare gli sbadigli: infatti, gli animali ripresi nei video erano tutti conosciuti, un elemento che aiuta l’analisi statistica, e in più i leoni non solo sbadigliano parecchio, ma sono anche in assoluto i felini più sociali – insomma, una buona specie modello su cui indagare il ruolo del contagio di sbadiglio all’interno del gruppo».

Di tutti gli sbadigli registrati, i ricercatori hanno indagato innanzitutto la forma spontanea, per capire in quale contesto di verificasse più spesso. Anche se meccanismo e funzione dello sbadiglio non sono del tutto note, infatti, diverse ipotesi prevedono che possa essere prevalentemente associato ad alcune condizioni: per esempio, l’arousal hypothesis lo associa a momenti in cui aumenta l’eccitazione, come può avvenire in un contesto agonistico (e quindi anche presso una carcassa, quando i leoni sono in competizione tra loro e con altri animali per accedere al cibo). Quest’associazione è stata osservata in alcune specie, ma altre ipotesi prevedono invece un’associazione soprattutto con lo stato di riposo e con i momenti di transizione tra sonno e veglia e viceversa: è la drowsiness hypothesis. Per quanto riguarda i leoni, l’analisi dei ricercatori ha mostrato soprattutto quest’ultima correlazione: il picco degli sbadigli, insomma, si registra nello stato di riposo, a supporto di quest’ultima ipotesi.

Sbadiglio io, sbadigli tu. E ci muoviamo insieme

Ma la ricerca non si è limitata allo sbadiglio spontaneo. Gli autori dello studio, infatti, hanno indagato anche un’altra forma di sbadiglio, quella frutto di contagio, che è stata osservata finora solo in relativamente poche specie. «Ciò che ci interessava non era però solo verificare la presenza del contagio, ma anche capire a cosa fosse associato», spiega Palagi. «Infatti, il contagio dello sbadiglio è considerato un indicatore di contagio emotivo, la forma più basilare dell’empatia, perché è modulato dal livello di attaccamento tra gli individui. Ma, a sua volta, l’attaccamento può essere promosso dal “fare le cose insieme”: può il contagio di sbadiglio essere l’elemento che promuove questa coordinazione?».

Per capirlo, i ricercatori hanno confrontato quanto avveniva in tre diversi casi, osservando come si comportava il gruppo rispetto a un soggetto. Nel primo caso, un leone cambia la propria attività (per esempio, è steso e poi si alza) senza sbadigliare. Nel secondo caso, il soggetto sbadiglia prima di cambiare la propria attività, ma nessun individuo del gruppo, pur vedendolo, è contagiato dallo sbadiglio. E, infine, nel terzo caso, un soggetto sbadiglia, poi cambia la propria attività e i compagni lo vedono e vengono contagiati dallo sbadiglio. In quale caso i leoni sincronizzano le loro azioni con quelle dello “sbadigliatore”?

«Ciò che abbiamo osservato è che l’allineamento, cioè la convergenza motoria e la sincronizzazione post-sbadiglio sono massime quando si è verificato il contagio», spiega Palagi. «E questo è il primo studio a dimostrare che quindi, in qualche modo, il contagio di sbadiglio è l’elemento che dà il via a una sincronizzazione comportamentale».

Sincronizzarsi con gli sbadigli, ma perché?

Di recente, abbiamo parlato della sincronizzazione che può verificarsi tra i cani e gli esseri umani, correlata alla coesione sociale. In natura, la sincronizzazione può anche essere un elemento importante di attività che gli individui del gruppo svolgono insieme, come la difesa dai predatori o, soprattutto nel caso di una animale come il leone, la caccia. Cosa c’entra però lo sbadiglio la capacità di “mettersi d’accordo” e muoversi insieme?

«Qui siamo nel campo delle ipotesi. Sappiamo che lo sbadiglio fa da spartiacque tra uno stato fisiologico o emotivo e un altro», conclude la ricercatrice. «Probabilmente, quindi, all’inizio era solo un riflesso fisiologico di una situazione endogena. Soprattutto nelle specie sociali, però, gli altri individui del gruppo potrebbero aver “imparato” a riconoscerlo e interpretarlo – non nel modo in cui riconosciamo una risata come segnale di uno stato positivo, bensì come segnale che qualcosa nel mio compagno o compagna sta cambiando. In questo scenario, del tutto ipotetico, sarebbero stati favoriti quei soggetti che percepivano questo cambiamento attraverso il segnale sbadiglio e si trovavano a essere più sincronizzati (e, quindi, avvantaggiati) degli altri».


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Photo by SB on Unsplash

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia. 

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.