RICERCANDO ALL'ESTERO

La risposta immunitaria ai vaccini con proteine ricombinanti anti Covid-19

La quantità di anticorpi neutralizzanti varia da vaccino a vaccino: caratterizzare la risposta immunitaria contro SARS-CoV-2 può aiutarci a ottimizzare le strategie di prevenzione per la Covid-19.

Il 3 maggio 2021 è stata pubblicata la prima versione di questo articolo ma, a seguito di una segnalazione dell’intervistato, è stato deciso di pubblicarne una nuova versione corretta e aggiornata.

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RICERCANDO ALL’ESTERO – Nell’ultimo anno abbiamo assistito al grande sforzo degli scienziati per sviluppare vaccini sicuri ed efficaci anti Covid-19, basati su una vasta gamma di tecnologie (a mRNA, adenovirali, proteici ricombinanti).

La caratterizzazione della risposta immunitaria post vaccino e degli anticorpi capaci di neutralizzare SARS-CoV-2 è fondamentale non solo per ottimizzare gli approcci contro Covid-19 e approfondire la nostra conoscenza del virus ma anche per comprendere meglio i meccanismi del sistema immunitario umano.

Marco Mandolesi è al Karolinska Institutet di Stoccolma per studiare la memoria immunologica e i meccanismi di formazione degli anticorpi prodotti da vaccini anti Covid-19 basati sulla proteina spike ricombinante di SARS-CoV-2. Questa tecnologia è alla base di vaccini come quello di Novavax.


Nome: Marco Mandolesi
Età: 29 anni
Nato a: Porto Sant’Elpidio (FM)
Vivo a: Stoccolma (Svezia)
Dottorato: (in corso) immunologia (Svezia)
Ricerca: Analisi genetica funzionale dell’immunità adattativa
Istituto: Gunilla Karlsson Hedestam Lab, Department of Microbiology, Tumor and Cell Biology, Karolinska Institutet (Stoccolma)
Interessi: tutti i tipi di sport (calistenia, bouldering, tennis, corsa, spartan race, pesca), stare con gli amici
Di Stoccolma mi piace: l’architettura dei palazzi vecchi, la città sviluppata su isole, la natura
Di Stoccolma non mi piace: il clima, il rapporto luce-notte, la propensione a sfuggire al confronto
Pensiero: Anche i guerrieri più potenti provano paura. Quello che li rende veri guerrieri è il coraggio di fronteggiare le proprie paure. (Vegeta, Dragon Ball)


Su cosa si basano i vaccini con proteine ricombinanti anti Covid-19?

Sono vaccini che, per indurre una risposta del sistema immunitario, usano una versione prodotta in laboratorio della proteina spike di SARS-CoV-2.

Ricordo che la proteina spike è quella coinvolta nell’ingresso del virus nelle cellule.

Tra i vaccini che sfruttano questo tipo di tecnologia e che sono attualmente in fase di sperimentazione c’è il vaccino Novavax: qui, le proteine spike vengono combinate assieme in minuscole nanoparticelle che assomigliano alla struttura del coronavirus ma non possono replicarsi una volta introdotte nell’organismo. Inoltre, per suscitare una risposta protettiva efficace, ci sono delle molecole chiamate adiuvanti che potenziano il sistema immunitario.

La mia ricerca consiste nel caratterizzare a livello sierologico e genetico la risposta immunitaria scatenata dai vaccini di tipo proteico ricombinante e nel seguire l’evoluzione nel tempo dei cosiddetti anticorpi neutralizzanti, cioè quegli anticorpi che non solo riconoscono il virus ma sono anche in grado di bloccarlo.

Come si svolge la risposta immunitaria a questi vaccini?

Nelle nostre analisi sierologiche usiamo la proteina spike per immunizzare (vaccinare) i macachi: sono animali geneticamente molto simili agli esseri umani, anche per quanto riguarda i linfociti (cioè le cellule dell’immunità acquisita o specifica), e per questo vengono spesso coinvolti negli studi preclinici.

Dopo circa un mese dalla prima immunizzazione, facciamo un richiamo. Il programma vaccinale può fermarsi qua o prevedere un secondo, terzo, quarto richiamo.

Per vedere se il sistema immunitario ha risposto e ha prodotto anticorpi capaci di interagire con la spike, facciamo un test in vitro sui campioni di sangue prelevati prima e dopo la vaccinazione. In alcuni casi usiamo anche il midollo osseo e le biopsie dei linfonodi vicini al sito di iniezione.

Abbiamo visto che la risposta immunitaria ha davvero un effetto neutralizzante e ciò avviene già dopo la prima iniezione, ma solo dopo la seconda si raggiunge il picco massimo. Il picco poi non cresce più: ciò non vuol dire che una terza dose è inutile, ma che potrebbero essere necessari tempi diversi per stimolare ulteriormente il sistema immunitario.

Nel tempo la risposta si affievolisce, ma un po’ di anticorpi neutralizzanti e le cellule memoria rimangono sempre in circolazione.

Che caratteristiche hanno gli anticorpi neutralizzanti?

Ognuno di noi è in grado di produrre miliardi di anticorpi diversi, ciascuno con una struttura e funzione specifica che conferisce la capacità di riconoscere e interagire con antigeni completamente diversi tra loro. Questa varietà anticorpale è data da meccanismi di ricombinazione a livello genico.

Un aspetto della mia ricerca consiste nel sequenziare i segmenti genici che andranno a formare gli anticorpi grazie a tecniche di NGS (Next Generation Sequencing). In questo modo possiamo vedere come è avvenuta la ricombinazione e caratterizzare gli anticorpi neutralizzanti prodotti dai macachi dopo le varie immunizzazioni.

Come evolve la risposta immunitaria dei macachi nel tempo?

Abbiamo visto che, dopo ciascuna immunizzazione, nei geni che daranno origine agli anticorpi si aggiungono via via nuove mutazioni e che queste mutazioni si traducono in una immunità sempre maggiore nei confronti del coronavirus.

Se caratterizziamo gli anticorpi più affini, possiamo anche vedere l’evoluzione della risposta immunitaria a livello funzionale, con quale subunità della spike c’è interazione, che livello di neutralizzazione si ottiene, quali sono gli amminoacidi coinvolti nel riconoscimento dell’antigene.

Infine, con il sequenziamento possiamo capire come gli anticorpi si distribuiscono nei vari compartimenti immunologici del nostro corpo. In genere gli anticorpi si focalizzano nel sangue, nei linfonodi drenanti e nel midollo osseo, dove c’è parte della memoria immunologica formata dai linfociti B. Abbiamo visto che le sequenze di anticorpi con il più alto grado di mutazione, cioè con il più alto grado di affinità, si trovano proprio nel midollo mentre nel sangue ci sono anticorpi con un grado di affinità più vario.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Mi piacerebbe approfondire il meccanismo della memoria immunologica. Sappiamo che vaccini diversi o infezioni diverse conferiscono una memoria immunologica di durata diversa. Il perché è un grande interrogativo: come mai se prendiamo la varicella da piccoli siamo protetti per tutta la vita mentre per altri virus la protezione dura meno? Perché certi anticorpi dopo un po’ spariscono?

La mia speranza è usare i protocolli sviluppati per i vaccini proteici ricombinanti per capire meglio come cambia la durata della memoria immunologica in relazione al patogeno, al vaccino, al tipo di infezione e da individuo a individuo.


Leggi anche: Le 5 cose da sapere sul vaccino per la Covid-19

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Photo by Mike Benna on Unsplash

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.