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I suoni che guidano lo sviluppo embrionale

Un review ripercorre gli studi dedicati alla programmazione acustica dello sviluppo, ossia a come le informazioni sonore riescono a guidare lo sviluppo embrionale, mostrando che è presente in moltissime specie di diversi gruppi tassonomici

I suoni forniscono agli animali informazioni importantissime sull’ambiente circostante. Ma cosa dicono e che influenza hanno sui piccoli prima della nascita? A questa domanda è dedicata una review appena pubblicata su Trends in Ecology & Evolution, che ripercorre la letteratura in materia per mostrare come i suoni influenzino lo sviluppo degli embrioni, informandoli sull’ambiente esterno e modellando lo sviluppo. Questo effetto, chiamato “programmazione acustica dello sviluppo”, è stato osservato solo di recente, ma sembra essere diffuso attraverso diversi gruppi tassonomici.

Ti sento, anche da dentro l’uovo!

Per gli individui adulti, i suoni possono essere il mezzo che allerta sulla presenza di un predatore, o di una preda; permettono il corteggiamento, lo scambio d’informazioni, l’aggregazione; possono essere semplici richiami stereotipati o vocalizzi complicatissimi a seconda della specie. Ed è noto che anche prima di uscire dall’uovo o dall’utero materno, anche gli embrioni riescono a imparare dai suoni esterni: i neonati della nostra specie, per esempio, riconoscono la voce materna, mentre negli anatroccoli si verifica un imprinting sui richiami familiari uditi prima della schiusa dell’uovo.

Ma non solo. È noto da tempo che le condizioni nutrizionali ed endocrine materne, influenzate dall’ambiente in cui si trova, possono guidare lo sviluppo dell’embrione, così come in alcuni gruppi tassonomici (per esempio in alcune specie ovipare) elementi ambientali come la temperatura possono indirizzarne lo sviluppo. Negli ultimi anni, però, gli studi hanno iniziato a mostrare che a questi elementi che modulano lo sviluppo embrionale vanno aggiunti anche i suoni: «La programmazione acustica dello sviluppo avviene quando il suono fornisce agli embrioni informazioni sull’ambiente che incontreranno dopo la nascita e modifica il loro sviluppo affinché vi si adattino meglio», spiega in un comunicato Mylene Mariette, ricercatrice della Deaken University australiana e prima autrice della review.

E per quanto le ricerche siano iniziati solo in tempi abbastanza recenti, si vanno aggiungendo sempre più osservazioni e studi che riguardano svariati gruppi tassonomici. «Per esempio, nei grilli, se la ninfa che si sta sviluppando sente molti richiami sessuali, le femmine si sviluppano più velocemente per avere maggiori opportunità di accoppiarsi, mentre i maschi ritardano la metamorfosi per crescere di più e investire maggiormente nella riproduzione», spiega Mariette.

Ancora, «Abbiamo visto che negli uccelli i richiami parentali possono fornire informazioni agli embrioni sulla presenza di ondate di calore o di predatori», spiega Mariette. Infatti, è stato osservato che il diamante mandarino emette dei richiami particolari durante la cova quando le temperature sono alte: questi richiami programmano lo sviluppo dell’embrione alterandone la crescita e modificando il tasso delle begging calls, cioè i richiami che i pulcini emettono per essere nutriti; tali cambiamenti si mantengono in tutta l’età adulta, conferendo un vantaggio selettivo e portando gli uccelli a preferire siti riproduttivi più caldi. Per quanto riguarda l’esposizione ai richiami di allarme, nel gabbiano reale zampegialle è stato osservato come risposta l’alterazione di diversi tratti morfologici, comportamentali e fisiologici sia prenatali che postnatali. E le uova esposte all’indicazione sonora sono anche in grado di trasmettere l’informazione ai fratelli che non sono stati esposti.

Un fenomeno diffuso

«Comunque, l’aspetto più notevole delle informazioni che abbiamo raccolto è quanto sia diffusa la capacità degli embrioni tra le diverse specie di basarsi sulle informazioni sonore», continua Mariette. «Per esempio, tra i gruppi di animali che depongono le uova, come insetti, rane, rettili e uccelli, gli embrioni usano i suoni o le vibrazioni per sapere qual è il momento migliore per la schiusa. Questo suggerisce la che programmazione acustica dello sviluppo possa avvenire in molte specie e per differenti condizioni. Ma fino a poco tempo fa non sapevamo come ciò avvenisse».

Tutt’ora i meccanismi non sono del tutto noti, ma gli studi hanno iniziato a svelarne alcuni: gli studi sul gabbiano, per esempio, suggeriscono che possano essere coinvolti fenomeni epigenetici di metilazione del DNA.

Capire quanto profondo sia l’effetto dei suoni cui gli animali sono esposti fin dall’epoca prenatale, e come sia determinante anche in età adulta, ci dice qualcosa di più su come le diverse specie siano in grado di adattarsi in fretta ai cambiamenti ambientali. Gli studi sul diamante mandarino e la sua risposta al calore (a oggi l’unico caso noto negli endotermi di meccanismo adattativo trans-generazionale per le alte temperature), per esempio, potrebbero rappresentare un meccanismo che aiuta la specie a fronteggiare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Più in generale, sarà importante continuare ad approfondire gli effetti e i meccanismi della programmazione acustica dello sviluppo, soprattutto se si considerano i possibili effetti, ancora pochissimo indagati, che potrebbe determinare l’inquinamento acustico. Come ricordano gli autori alla fine della review, infatti, il panorama acustico è cambiato drasticamente in conseguenza alle attività umane: l’inquinamento acustico, già noto per gli effetti negativi che ha su molte specie (compresa la nostra), potrebbe infatti influenzare anche l’età embrionale, mascherando le informazioni che ne guidano lo sviluppo e in ultima analisi arrivare a inficiare la sopravvivenza dei piccoli.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.