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Sclerosi multipla: le conseguenze della pandemia

Una situazione complessa, tra difficoltà di accedere alle terapie, paura del contagio, problemi psicologici e perdita del lavoro.

Lo scorso 31 maggio è stato presentato in modalità streaming il Barometro della sclerosi multipla, documento annuale redatto a partire dal 2016 dall’Associazione italiana sclerosi multipla (AISM), che traccia il quadro della situazione socio-assistenziale e della ricerca su questa grave malattia del sistema nervoso centrale, che in Italia colpisce circa 130.000 persone. A livello globale, secondo i dati di Atlas of SM, l’atlante mondiale della sclerosi multipla, i malati sono 2,8 milioni, in costante aumento: mezzo milione in più negli ultimi sette anni.

Come racconta la giornalista Francesca Mannocchi nel suo libro autobiografico, Bianco è il colore del danno (Einaudi, 2021), la sclerosi multipla arriva senza preavviso: “Apro gli occhi, la luce entra dalla finestra di fronte al letto. Mi guardo intorno. […] Mi tocco la gamba. Non la sento. Mi tocco il piede. Non lo sento. Mi tocco il braccio, l’ascella, il polso, ogni dito della mano destra e non sento niente. La mia vita con la sclerosi multipla è cominciata così, senza che lo sapessi”. Una descrizione nella quale si potrebbero sicuramente riconoscere le molte persone che nel corso del 2020 hanno scoperto di avere questa malattia: si calcolano circa 3600 nuove diagnosi ogni anno in un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, due su tre sono donne.

Sclerosi multipla e covid-19

Nel corso degli ultimi dodici mesi i malati di sclerosi multipla hanno incontrato difficoltà molto importanti nella gestione della malattia: il 42% non ha ricevuto i servizi sanitari e il 60% dei malati sono rimasti senza assistenza domiciliare.
Su Journal of Neurology è stata pubblicata una revisione della letteratura scientifica che comprende 105 Paesi, tra cui l’Italia, che conferma, durante la pandemia, la discontinuità, se non l’interruzione, dei servizi di cura rivolti alle malattie neurologiche in quasi il 63% dei centri presi in considerazione, sebbene la limitazione dei servizi sia ritenuta moderata nel 75% dei casi. In particolare, i motivi dell’interruzione dei servizi assistenziali sono stati per l’81% dei casi dovuti ai divieti di spostamenti durante il lockdown e per il 65% alla chiusura dei centri. Per cercare di sopperire a questo drastico venir meno delle cure è stata implementata la telemedicina.

Per l’Italia, e nello specifico per i servizi dedicati alla sclerosi multipla, il Barometro SM racconta come la pandemia abbia causato un forte impatto sul funzionamento della quasi totalità (91%) dei 240 centri clinici per la diagnosi e la cura di questa malattia, pregiudicando nel 79% dei casi la qualità del servizio offerto ai malati. A un anno dall’inizio dell’emergenza per un malato su quattro i servizi riabilitativi non sono ancora stati riattivati, con gravi ripercussioni sulla gestione della malattia, soprattutto nei casi più gravi, nei quali la fisioterapia è essenziale. Venendo meno la terapia fisica offerta gratuitamente nei centri del servizio sanitario nazionale, molti malati hanno dovuto sostenere ingenti spese per proseguire privatamente l’attività a domicilio, con pesanti conseguenze economiche sul bilancio familiare. Durante l’ultimo anno, per il 35% delle persone con SM il centro di cura è diventato di più difficile accesso e il 18% delle persone, almeno nella fase iniziale, ha incontrato difficoltà nel ricevere la terapia farmacologica. Inoltre, nel 65% dei casi i caregiver sono stati sottoposti a uno stress eccessivo a causa del carico assistenziale aggiuntivo legato alla convivenza continua durante l’isolamento con il familiare affetto da sclerosi multipla.

Un grande lavoro per controbilanciare questa situazione è stato portato avanti da medici, personale infermieristico e socio-sanitario che hanno riorganizzato l’assistenza con modalità a distanza, seguendo i malati in fase acuta attraverso teleconsulti, televisite e nuove modalità per la gestione a distanza della malattia, implementando inoltre i protocolli anticontagio. Tuttavia, la situazione di emergenza è arrivata in un contesto di assistenza già precario, che in alcuni territori vede la presenza di un neurologo e un infermiere dedicato ogni 1000 pazienti, quando non si dovrebbe superare la soglia di 1 a 250 per garantire una adeguata presa in carico.

La paura del contagio

Il Barometro SM mette in luce un altro dato molto importante: durante l’ultimo anno, il 12% dei malati ha deciso autonomamente di non ricevere tutte le cure per ridurre il rischio di contagiarsi. Quindi, i malati possono aver rinunciato alle terapie per via endovenosa somministrate nei centri, con un elevato rischio di ripercussioni sulla malattia, ma anche sulla severità della Covid-19 in caso di infezione.

Una revisione della letteratura pubblicata su Neurology: Neuroimmunology & NeuroInflammation evidenzia come il più elevato tasso di ospedalizzazione e mortalità per Covid-19 venga rilevato nei malati SM che non assumevano alcuna terapia farmacologica o che, al contrario, erano in terapia con anticorpi monoclonali. Tuttavia, gli autori della review evidenziano come questi risultati, ricavati da 67 articoli e 20 abstract congressuali che raccoglievano in tutto 4310 pazienti, abbiano come limite il fatto che spesso la sospensione della terapia per SM avviene in pazienti molto anziani e che le criticità delle terapie con anticorpi monoclonali rispetto a Covid-19 abbiano bisogno di ulteriori approfondimenti. Nello studio è anche evidenziato come la malattia Covid-19 si manifesti in maniera più severa nei pazienti con disabilità grave e peggiori sensibilmente uno dei principali problemi della sclerosi multipla, la fatica.

Sclerosi, covid e lavoro

A queste prime conclusioni su come la Covid-19 abbia colpito i malati SM si aggiunge la preoccupazione legata alla congiuntura economica: durante la pandemia il 13% ha perso il proprio impiego, una percentuale che raddoppia nei giovani (il 25%).
Si può dire che nell’ultimo anno sono emersi con maggiore enfasi problemi già esistenti, aumentando la fragilità dei malati, anche psicologica, come ha raccontato a OggiScienza una persona assunta in una ditta privata attraverso la legge 68/99 con il ruolo di impiegata. «Fino a tre anni fa il rapporto di lavoro era ottimale ma recenti attriti, anche pubblici, con la responsabile sono stati causa di demansionamento e hanno portato all’assunzione di nuovo personale che svolge il mio lavoro» racconta la paziente, che vuole restare anonima.

«Nonostante la malattia non pregiudichi nulla di ciò che svolgo, la sclerosi multipla è citata nei consigli della mia responsabile, che mi invita a ‘prendermi del tempo, a riposarmi quando il fisico lo richiede’ sebbene ciò si contrapponga alle richieste di portare a termine le consegne con velocità e completezza. A questa situazione ho reagito con rabbia e sono andata in depressione».
Nel rapporto redatto da AISM viene evidenziato come il 27% dei malati abbia avuto bisogno di sostegno psicologico, ma quasi la metà non l’ha ricevuto.

Ancora più critica la situazione delle donne: il 55% si sente ansiosa, il 65% isolata e ha perso la fiducia verso il futuro, temendo un peggioramento della malattia a causa dell’emergenza. Quando, mai come ora, vi sarebbe la necessità di supporto a livello socio-assistenziali, il Barometro AISM evidenzia come, a un anno dalla pandemia, i servizi siano ripresi solo nel 40% dei casi.

Una questione di percezione

Secondo un recente sondaggio condotto dall’Istituto SWG per conto dell’azienda farmaceutica spagnola Almirall, che commercializza Sativex, il primo farmaco a base cannabinoidi autorizzato in Italia per la gestione della spasticità e della fatica, ma anche per il dolore e l’urgenza minzionale, gli stereotipi legati alla sclerosi multipla sono ancora molto vivi nell’immaginario comune. Solo una minoranza, il 31% degli 800 intervistati maggiorenni, rappresentativi della popolazione generale per età, sesso, area geografica, ritiene che una persona con sclerosi multipla possa svolgere attività lavorative, sportive o legate alla quotidianità. In particolare, il 75% ritiene che un malato di SM abbia difficoltà a svolgere le mansioni quotidiane, debba assumere farmaci più volte al giorno (70%) e che, prima o poi, arriverà all’uso della sedia a rotelle (67%). Sempre una minoranza (38%) ritiene che i malati SM possano guidare l’auto e le donne possano portare a termine una gravidanza. Secondo il 60% degli intervistati la gran parte dei malati di sclerosi multipla sperimenta spasticità e solo il 50% pensa che esistano farmaci in grado di cambiare il decorso della malattia mentre il 55% ritiene che la disabilità sia la caratteristica principale di questa patologia.

È quindi evidente come la difficoltà a superare il discorso ricorrente che non sia possibile una vita attiva, produttiva e soddisfacente a causa della sclerosi multipla porti a situazioni di non inclusione e di forte sofferenza per i malati, ma anche alla perdita di potenzialità per gli stessi contesti lavorativi, e non solo. Secondo il Barometro SM, dopo mesi di misure di isolamento la strategia dell’Agenda AISM 2025, che guarda a quella dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite, dovrà essere basata sul concetto di prossimità, per portare cure sul territorio e assistenza ai malati di sclerosi multipla e a tutti coloro che vivono, assieme alla famiglia, situazioni di malattie croniche.


Leggi anche: Cellule staminali mesenchimali e sclerosi multipla

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Federica Lavarini
Dopo aver conseguito la laurea in Lettere moderne, ho frequentato il master in Comunicazione della Scienza "Franco Prattico" alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (SISSA). Sono giornalista pubblicista e scrivo, o ho scritto, su OggiScienza, Wired, La Lettura del Corriere della Sera, Rivista Micron, Il Bo Live, la Repubblica, Scienza in Rete.