DOMESTICIRUBRICHE

Come i cavalli si riconoscono tra loro

Uno studio suggerisce che i cavalli siano in grado di discriminare tra conspecifici e altri animali basandosi sulla sola indicazione del volto: i risultati di questo lavoro rappresentano il primo step per indagare se il muso può, da solo, rappresentare uno stimolo sufficiente anche per riconoscere gli altri individui del branco

Per instaurare rapporti con i conspecifici, gli animali sociali devono poterli riconoscere, e quindi innanzitutto distinguerli dagli altri animali. Questa capacità si può basare su diversi tipi d’indizi, per esempio visivi, olfattivi e sonori. Ma può bastare il solo muso per riconoscere una specie dall’altra, il conspecifico da un altro animale? Su questa domanda si sono concentrati in passato lavori dedicati a specie sia selvatiche che domestiche, che hanno coinvolto vertebrati e invertebrati; e, più recentemente, uno studio pubblicato su PLOS ONE lo ha indagato nei cavalli. I risultati suggeriscono che, in effetti, il muso possa essere uno stimolo sufficiente, per i cavalli, per distinguere i conspecifici, e rappresentano un primo passo per poter poi andare a indagare più nel dettaglio se possa permettere anche il riconoscimento dei singoli individui.

Riconoscersi, ma come?

Come abbiamo avuto modo di raccontare in questa rubrica, la ricerca in campo etologico (oltre che veterinario) sui cavalli è andata molto avanti nel corso degli anni. Gli studi ci hanno permesso di scoprire molte abilità cognitive di questi animali: nel 2016, per esempio, è stato dimostrato che i cavalli sono in grado di riconoscere le espressioni sul muso dei conspecifici e alcuni lavori suggeriscono che rispondano anche alle espressioni dei volti umani.

In effetti, sono state condotte anche alcune ricerche per indagare la loro capacità di riconoscere i conspecifici e distinguerli dagli altri animali (in particolare gli esseri umani): questi lavori, però, si sono concentrati su modalità di riconoscimento specificatamente olfattive oppure miste. Con risultati anche interessanti: per esempio, in un lavoro di qualche anno fa era stato condotto un esperimento nel quale al cavallo era fatto vedere un membro dello stesso branco e contemporaneamente gli si faceva udire un nitrito. Nel caso in cui il nitrito corrispondeva all’individuo mostrato, il cavallo soffermava lo sguardo nella sua direzione; ma quando invece il richiamo apparteneva a un altro individuo, questo non avveniva.

«È quindi chiaro che i cavalli sono in grado di riconoscere gli altri individui. E questo non è certo sorprendente, perché si tratta di animali sociali che devono potersi rapportare tra loro. Ma può il muso rappresentare, da solo, un indizio visivo sufficiente per questo riconoscimento?», spiega Giulia Ragonese, prima autrice dello studio. «Per rispondere a questa domanda, è necessario porre un primo tassello di conoscenza, e capire se, sulla sola base del muso, il cavallo è in grado di riconoscere il muso di un conspecifico da quello di un altro animale».

L’esperimento

Gli autori dello studio hanno quindi allestito un set sperimentale costituito da un pannello di legno con due finestre basculanti, dietro entrambe le quali veniva posto un boccone di cibo. I cavalli sono stati quindi fatti familiarizzare con l’apparato: nella fase preliminare dell’esperimento imparavano infatti che solo una finestra era “corretta” e permetteva loro di raggiungere il cibo, mentre l’altra era bloccata. «Dopodiché siamo passati al test vero e proprio. Sulle finestre veniva posto un foglio rappresentate un muso di cavallo o di un altro animale, più o meno a grandezza naturale, e il cavallo imparava che solo la finestra con il muso di cavallo era quella che gli avrebbe permesso di arrivare al boccone. Abbiamo anche invertito il test, cosicché la scelta corretta fosse quella corrispondente all’altro animale», continua Ragonese.

Le specie scelte per il compito di discriminazione sono state scelte sulla base di quelle che i cavalli non conoscevano. Questo può sembrare contro-intuitivo, ma permetteva ai ricercatori di evitare che esperienze pregresse (negative o positive) influenzassero la scelta del cavallo, falsando il risultato del test; per questa stessa ragione, sono stati esclusi anche i volti umani.

I ricercatori hanno svolto l’esperimento attraverso diverse sessioni, partendo con dieci cavalli diversi (ma con background simile e conosciuto, così da evitare individui traumatizzati o cresciuti in isolamento), sebbene due siano stati successivamente esclusi perché, forse per mancanza d’interesse, non erano riusciti a svolgere il compito di discriminazione nella fase preliminare.

Riconosco il cavallo!

I risultati del test mostrano che, in effetti, i cavalli erano in grado di selezionare la finestra corretta (sia nel test diretto sia nella versione invertita), discriminando di volta in volta tra il muso di un conspecifico e quello di un altro animale. «Si tratta di risultati incoraggianti, sulla base dei quali possiamo supporre che sappiamo discriminare i musi», commenta Ragonese. «Tuttavia, saranno necessari altri studi per confermarlo perché, per esempio, noi abbiamo usato fotografie, ossia immagini bidimensionali, e diversi autori hanno già consigliato cautela quando s’impiegano queste immagini: il cavallo potrebbe infatti imparare a riconoscere un pattern della figura, invece di trattarle come animali reali. Vale comunque la pena osservare che noi abbiamo registrato alcune reazioni interessanti anche di fronte alle immagini: per esempio, un cavallo ha mostrato un atteggiamento aggressivo nei confronti di una foto, come se in quel momento stesse effettivamente vedendo un altro cavallo».

Inoltre, spiega l’autrice, i volti animali hanno un insieme di caratteristiche simili, come la presenza di due occhi disposti orizzontalmente, con la bocca sotto, e sembra che il cervello di alcuni animali sia in qualche modo “equipaggiato” per riconoscere i volti (per esempio, sia i neonati umani sia i pulcini si orientano preferenzialmente verso le facce).

Un primo passaggio per studiare il riconoscimento nei cavalli

Questo esperimento rappresenta il primo, indispensabile step per riuscire poi a capire se i cavalli riescono, come altre specie (tra cui per esempio le pecore, ma anche invertebrati come le vespe), a distinguere i conspecifici basandosi sul muso. Ed è infatti su questa linea di ricerca che si concentreranno in futuro i ricercatori. «Anche se la ricerca in campo etologico sul cavallo è relativamente giovane, abbiamo sempre più studi che ci aiutano a conoscerlo», conclude Ragonese.

«Presi insieme, questi lavori ci aiutano a rapportarci al cavallo in un modo sempre migliore, e soprattutto con occhio critico: il suo benessere, infatti, è legato a diverse condizioni che non riguardano solo, per esempio, le dimensioni idonee del box ma anche valutare le condizioni che possono causare stress, andando a inficiare la relazione che ha con noi e il suo benessere. In questo senso è dunque importante capire al meglio come il cavallo percepisce e riconosce gli altri animali che ha intorno».

In altre parole, come specifica Paolo Baragli, co-autore dello studio: «Non possiamo pensare di poter garantire il benessere del cavallo (così come di ogni altro animale) senza prima sapere come funziona il suo intelletto, senza conoscere le sue caratteristiche e necessità etologiche e cognitive. E, al contempo, cercare di garantire il benessere animale è un impulso importante per la ricerca scientifica, perché ci spinge a indagare queste caratteristiche in modo sempre più dettagliato, ampliando le nostre conoscenze».


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Photo by Freysteinn G. Jonsson on Unsplash

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.