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Dogs got talent: anche i cani possono essere “geniali”

Uno studio pubblicato su Scientific Reports suggerisce che i cani possano avere performance eccezionali, in particolare nell’abilità d’imparare molti nomi di oggetti

Esistono cani “geniali”? Le differenze individuali degli esseri umani possono portare, in alcuni casi, a performance eccezionali in determinati campi, come avvenuto per il lavoro di Einstein o in quello di Mozart. Studiare queste performance negli umani non è semplice, anche perché non è semplice trovare una popolazione abbastanza ampia, e sappiamo anche ben poco di quanto avvenga in altri animali: esistono specie in cui si possono osservare esempi di performance eccezionali, che ci potrebbero aiutare a indagarne le basi biologiche e ambientali?

Una ricerca pubblicata su Scientific Reports e condotta dagli etologi della Eötvös University suggerisce di sì. Il modello di studio è rappresentato dai cani; nel gruppo indagato, alcuni di essi mostravano in effetti performance eccezionali… nella capacità d’imparare i nomi di diversi giocattoli.

Sessioni di training

Nella letteratura scientifica sono già state riportate alcune osservazioni di cani particolarmente dotati nell’imparare alcune parole umane. Nella maggior parte dei casi si trattava di border collie che apprendevano i nomi di diversi oggetti. Sebbene gli studi siano globalmente molto pochi, il fatto che abbiano individuato un numero così limitato di individui con questa capacità può suggerire che, in effetti, rappresenti un’eccezione, una rarità che potremmo forse paragonare a quella di alcuni umani straordinariamente dotati in un certo campo.

I ricercatori della Eötvös University volevano approfondire la questione e stabilire una popolazione di cani abbastanza ampia da consentire lo studio di questo particolare tratto, per indagare le origini di queste performance eccezionali. Per farlo, hanno addestrato 40 cani per tre mesi, inserendoli in un programma nel quale venivano loro insegnati i nomi di almeno due oggetti (giocattoli, in particolare); alcuni dei cani erano cuccioli, altri adulti naïve, ossia che non avevano appreso nomi di giocattoli in precedenza. La ragione per la quale sono stati inclusi i cuccioli, spiega in un comunicato Claudia Fugazza, prima autrice dello studio, è che «Abbiamo ipotizzato che fattori legati allo sviluppo, come la plasticità neuronale durante l’infanzia, avrebbero potuto avere un ruolo nel far sì che i cuccioli apprendessero i nomi più velocemente rispetto agli adulti».

A questo gruppo di cani ne è stato affiancato un altro, molto più piccolo (soli sei individui), di cani che già conoscevano i nomi di almeno 15 giocattoli. Non erano inizialmente stati addestrati a farlo, come hanno specificato i proprietari. I ricercatori ipotizzano che li avessero appresi semplicemente giocando con i loro umani e solo dopo che questi ultimi si erano accorti che il loro cane era in grado di associare alcuni nomi ai giocattoli avevano iniziato a insegnargliene altri.

Gli autori dello studio si aspettavano che i cuccioli potessero avere un certo vantaggio nell’apprendere il nome degli oggetti, e che questa abilità variasse tra un individuo all’altro; pertanto, dopo il programma di training, i cani naïve avrebbero mostrato le stesse performance dei cani che già conoscevano alcuni nomi – che vi sarebbero state, cioè, differenze quantitative in questa abilità.

Cani eccezionali

Ma i risultati hanno mostrato qualcosa di inatteso. Infatti, «Siamo stati sorpresi nello scoprire che, a dispetto del training intensivo, la maggior parte dei cani non hanno mostrato alcun apprendimento, indipendentemente dall’età», spiega Fugazza. «Ancor più sorprendentemente, sette cani adulti hanno invece mostrato abilità eccezionali nell’imparare i nomi dei giocattoli: non solo hanno appreso i nomi di due oggetti come previsto dal training ma, nell’arco dei tre mesi previsti, hanno imparato tra gli 11 e i 37 nomi di altri oggetti».

In altre parole, i risultati dello studio indicano una differenza qualitativa nella performance – un po’ come l’orecchio assoluto degli esseri umani: se le abilità musicali variano in genere da una persona all’altra, l’orecchio assoluto o è presente o è assente. La presenza queste performance eccezionali canine suggerisce quindi che l’abilità si presenti in alcuni rari individui, e gli autori suggeriscono possa quindi essere analoga ai talenti umani. Questo anche perché, dei sette cani “geniali”, sei erano quelli che già “possedevano un vocabolario” e conoscevano alcuni termini; ma uno (anzi una, Oliva) era invece naïve e ha imparato 21 nomi in appena due mesi di training, indicando che non sia necessario un addestramento precedente per sviluppare l’abilità.

«Tutti i sette cani che hanno mostrato questo talento straordinario erano border collie, una razza selezionata per cooperare con l’umano per la pastorizia», commenta Shany Dror, ricercatrice della Eötvös University e co-autrice dello studio. «Ma è anche importante notare che, comunque, anche tra i molti cani che non hanno mostrato segni di apprendimento vi erano altri 18 border collie». Quindi, la razza non è certo tutto – anche perché tra i pochi studi già condotti, uno aveva riconosciuto questa abilità in un cane di un’altra razza (più precisamente, uno yorkshire terrier).

Come conclude Adam Miklósi, responsabile del Dipartimento di Biologia della Eötvös University e coordinatore dello studio, «Siamo affascinati da questa grande variabilità inter-individuale in un tratto cognitivo, e riteniamo che possa essere solo l’inizio di un viaggio per comprendere meglio le basi del talento, cioè del perché alcuni individui (umani o di altre specie) sono particolarmente dotati in un determinato campo».


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.