RICERCANDO ALL'ESTERO

Come il sistema nervoso si adatta agli stimoli che riceve

La plasticità è una caratteristica di molti circuiti neuronali. Non è semplice da studiare nei mammiferi perciò si ricorre a organismi meno complessi, come gli zebrafish, che possiedono fondamentalmente gli stessi circuiti.

La plasticità è la capacità del sistema nervoso di cambiare e adattarsi in maniera dinamica in risposta a stimoli interni o esterni. Può avere diversi meccanismi, tra cui la riorganizzazione della architettura nervosa, lo sviluppo di nuove funzioni e connessioni neuronali, la nascita e proliferazione di nuovi neuroni. In quest’ultimo caso si parla di neurogenesi.

Andrea Pedroni è al Karolinska Institutet di Stoccolma per indagare i meccanismi di plasticità neuronale e neurogenesi. Pedroni studia come i neuroni e i circuiti neuronali reagiscono ai cambiamenti fisiologici e patologici in un particolare pesce, lo zebrafish (pesce zebra).


Nome: Andrea Pedroni
Età: 36 anni
Nato a: Varese
Vivo a: Stoccolma (Svezia)
Dottorato in: neuroscienze (Trieste)
Ricerca: La plasticità dei circuiti neuronali e lo switching dei neurotrasmettitori
Istituto: Department of Neuroscience, Karolinska Institutet (Stoccolma)
Interessi: fotografia, musica, cinema, natura, sport, lettura
Di Stoccolma mi piace: la natura, ci si muove in bicicletta, è molto bella da vivere
Di Stoccolma non mi piace: manca il calore mediterraneo nelle persone
Pensiero: È assai più bello sapere un po’ di tutto che saper tutto di una cosa. (Blaise Pascal)


Quali sono le principali proprietà neuronali dello zebrafish?

Una particolarità di questi pesci è l’enorme capacità rigenerativa: in caso di lesione completa al midollo spinale, sono in grado di recuperare pienamente tutte le funzionalità neuronali. Capacità che noi umani abbiamo perso durante l’evoluzione, nonostante le unità funzionali dei circuiti neuronali siano conservate nelle due specie.

Ancora non è noto come avviene questo recupero né cosa è andato perso durante l’evoluzione. I nostri studi sugli zebrafish mirano proprio a capirne i meccanismi, quali neuroni sono attivi dopo il danno, quali neurotrasmettitori sono coinvolti, come cambia la proliferazione cellulare nel tempo.

Saperne di più su questi processi è importante anche per lo studio delle malattie neuromuscolari umane. Per esempio, nella SLA (sclerosi laterale amiotrofica) abbiamo visto che la degenerazione dei motoneuroni alla base della malattia interessa prima e maggiormente alcuni tipi di cellule. Sarebbe interessante capire cosa hanno di diverso questi neuroni e se e come si può rallentare, impedire o invertire il processo degenerativo.

Come si studiano questi meccanismi?

Per indagare come i circuiti e i neuroni reagiscono ai cambiamenti esterni e interni, sia patologici sia fisiologici, partiamo da studi anatomici e funzionali, cui seguono studi comportamentali.

Cerchiamo quindi sia di caratterizzare le proprietà biofisiche ed elettrofisiologiche dei circuiti neuronali sia di stabilire la loro architettura, quanti neuroni ci sono, se il numero o il fenotipo (eccitatorio/inibitorio) cambia in seguito a una patologia o a un comportamento forzato. Accanto a ciò, analizziamo il comportamento motorio dei pesci in un ambiente sconosciuto o nel classico labirinto a T e valutiamo la loro efficienza cognitiva e motoria durante l’esplorazione.

La nostra idea, condivisa da alcuni filoni di ricerca, è che la concezione classica di neuroni che possono essere solo eccitatori, e rilasciare il neurotrasmettitore glutammato, solo inibitori, e rilasciare GABA, o solo modulatori, e rilasciare acetilcolina non sia più valida. Siamo convinti che un neurone ha la capacità di cambiare il suo fenotipo in base agli stimoli che riceve e di rilasciare a volte l’uno, a volte l’altro, a volte entrambi i neurotrasmettitori.

Cosa stimola questa plasticità nei neurotrasmettitori?

In uno studio sul comportamento degli zebrafish, abbiamo esaminato cosa succede quando mettiamo i pesci in un ambiente con un flusso d’acqua costante. Gli zebrafish si orientano in senso contrario alla corrente dell’acqua quindi in pratica li forziamo a continuare a nuotare, stimolando così la loro attività muscolare. È emerso che ciò porta a un cambiamento nei circuiti neuronali: la struttura e architettura dei motoneuroni si riadatta per far fronte al cambiamento esterno e, in alcuni neuroni, c’è una variazione nell’espressione dei neurotrasmettitori (da acetilcolina a glutammato).

Abbiamo anche visto che questa sorta di allenamento è in grado di aumentare la neurogenesi. Infatti, se a seguito di una lesione mettiamo gli zebrafish nella corrente d’acqua, sono in grado di recuperare il danno prima e meglio; resta da capire come avviene questa spinta neurogenetica. Lo zebrafish possiede nicchie neurogeniche che rimangono attive lungo tutta la vita adulta dell’animale: recentemente, abbiamo dimostrato che alcuni neurotrasmettitori sono in grado di modulare la neurogenesi e che nel meccanismo è coinvolta una popolazione di interneuroni chiamata V2A.

Studiate altri distretti anatomici oltre al midollo spinale?

Stiamo analizzando anche il cervelletto, in particolare le cellule di Purkinje che rappresentano il centro di integrazione di tutto il circuito cerebellare. Il nostro obiettivo è dimostrare che non tutte le cellule di Purkinje sono uguali e non tutte assolvono alla stessa funzione.

A questo proposito, gli studi anatomici hanno dimostrato che ci sono cellule con diversa estensione dell’arborizzazione dendritica e, a livello funzionale, che ci sono almeno 4 sottotipi di cellule diverse. Per caratterizzarle abbiamo registrato la loro attività neuronale in risposta a stimoli motori: in tre di questi sottotipi abbiamo evidenziato un’attivazione legata alla locomozione, il quarto era invece inattivo. Ciò potrebbe voler dire che il cervelletto non è solo un organo deputato al moto ma sarebbe in grado di integrare informazioni relative all’apprendimento e alla memoria della navigazione spaziale e alla capacità di esplorare un ambiente.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Vorrei capire quali sono i meccanismi plastici di base attraverso cui un neurone reagisce ai cambiamenti. Sia dal punto di vista fisiologico che patologico.
Per il cervelletto sarebbe interessante scoprire in quali altre funzioni è coinvolto, oltre al controllo e alla regolazione motoria.

Infine vorrei vedere se le lesioni estreme come quelle al midollo spinale possono dare un vantaggio evolutivo all’individuo e se i cambiamenti nei circuiti neuronali che ne derivano vengono in qualche modo trasmessi alla generazione successiva.


Leggi anche: La complessità del cervello umano negli astrociti interlaminari

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.