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I costi della salute. Universalismo e implicazioni economiche della sanità

Pagare di tasca propria per la totalità delle prestazioni sanitarie o per una parte di esse può avere gravi ripercussioni sul bilancio famigliare e addirittura ridurre in povertà. L'universalismo è la direzione verso cui anche gli obiettivi dell'Agenda 2030 stanno puntando per rendere i sistemi sanitari più equi e accessibili a tutti

Nella serie tv dell’anno, la sudcoreana Squid Game, il protagonista decide di partecipare a un concorso di giochi mortali per poter risolvere la sua precaria situazione finanziaria. Accanito scommettitore d’azzardo, lavoratore precario e nelle mani di strozzini senza scrupoli, Seong Ji-Hun, aka numero 456, non ha nemmeno i soldi per garantire un’assistenza sanitaria alla madre malata di diabete ed è proprio quando si rende conto di questo che decide liberamente di affidarsi alla spietata organizzazione di uomini mascherati con la tuta rossa.

Il non poter affrontare le spese per accedere a prestazioni sanitarie di qualità è un tema urgente, diventato ormai imprescindibile al tempo della pandemia. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto l’importanza dell’accesso universale a prestazioni sanitarie dedicando l’obiettivo 3 dell’Agenda 2030, e in particolare il punto 3.8, che recita come conseguire una copertura sanitaria universale, compresa la protezione da rischi finanziari, l’accesso ai servizi essenziali di assistenza sanitaria di qualità e l’accesso sicuro, efficace, di qualità e a prezzi accessibili a medicinali di base e vaccini per tutti” sia uno degli obiettivi del decennio.

Le spese sanitarie in Corea del Sud

La Corea del Sud dispone di un sistema sanitario pubblico che però non copre tutta la prestazione sanitaria erogata, ma solo il 50-80%. Questa cifra deve poi essere integrata con il pagamento da parte del cittadino (co-payment). Per evitare di doversi indebitare per pagare questa quota, sono sempre più numerosi i cittadini sudcoreani che attivano delle assicurazioni sanitarie private che servono proprio per coprire i costi del co-payment, ma che non sono certamente a buon mercato. Uno studio di BMC Health Services Research afferma che quasi la totalità della popolazione sudcoreana è coperta dal sistema sanitario nazionale ma la spesa Out of pocket, cioè “di tasca propria” che comunque i cittadini devono affrontare rimane piuttosto alta. 

Secondo questa ricerca, negli anni l’incidenza della spesa pubblica sudcoreana nella sanità è diminuita, portando a un aumento sia della spesa Out of pocket che di quella del co-payment. Il problema sociale si pone quando la persona che si ammala gravemente deve smettere di lavorare. Così facendo diminuisce anche la sua possibilità di affrontare le spese sanitarie, andando a incidere sul bilancio famigliare in modo doppiamente negativo: con la perdita dello stipendio e con la necessità di sostenere delle spese per la salute. Questo circolo vizioso ha portato anche a causa della pandemia di Covid-19 un aumento di bancarotte nell’ultimo anno: secondo il Korea Herald sarebbero cresciute nel paese asiatico del 10,4% rispetto all’anno precedente.

Andare in bancarotta per pagare il conto dell’ospedale

Non è il caso di Seong Ji-Hun di Squid Game, ma quello della healthcare bankruptcy, ovvero la bancarotta causata da spese mediche, è purtroppo una condizione che interessa moltissime persone nel mondo. Questo tipo di bancarotta colpisce le persone che perdono tutto o sono costrette a indebitarsi a causa di un’improvvisa ed elevata spesa sanitaria. 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità monitora questo fenomeno attraverso diversi indicatori: uno dei più significativi è appunto il cosiddetto “out-of-pocket health spending”, ovvero una prestazione sanitaria di qualunque genere direttamente pagata da un privato cittadino senza l’intermediazione di una copertura assicurativa, pubblica o privata che sia, e senza l’intervento di un Sistema Sanitario Nazionale. Spese di questo tipo, in ogni modo, possono avvenire qualunque sia il modello di finanziamento e sostentamento alla sanità.

In paesi come gli Stati Uniti, unico paese dei 37 OCSE che secondo diversi punti di vista non ha ancora nei fatti un sistema sanitario davvero universale, queste bancarotte avvengono soprattutto quando la propria assicurazione sanitaria si rifiuta di pagare dei trattamenti, ricoveri, interventi e altre prestazioni che il paziente pensava fossero coperti dalla stessa, ma che poi, al momento del saldo con la struttura che ha erogato la prestazione, l’assicurazione si rifiuta di pagare. Questo provoca la necessità per la persona curata o per i familiari di stipulare mutui o ipoteche per poter affrontare la spesa sanitaria sostenuta in ospedale. Da uno studio del 2015 è emerso che sono circa un milione l’anno gli statunitensi in bancarotta per spese mediche, e che il 26% dei cittadini statunitensi tra i 18 e i 64 anni è in difficoltà economica per il pagamento delle stesse. Le bancarotte per spese mediche costituiscono il 62% dei tracolli finanziari di privati che avvengono negli Stati Uniti, facendo dell’accesso alla sanità un’enorme priorità sociale.

Tuttavia, un report dell’OMS e della World Bank afferma che il problema non è certo solo statunitense, né sarebbe legato a un peculiare modello di finanziamento della sanità di un paese. Oltretutto, i numeri registrati quasi ovunque a livello globale esprimono un trend in peggioramento. 

Nel 2015 circa un miliardo di persone nel mondo (926,6 milioni) ha speso più del 10% del budget familiare in ambito medico. Altri 200 milioni di persone hanno invece dovuto affrontare costi sanitari per circa un quarto dei loro guadagni. L’OMS riporta anche che il continente più interessato dal problema era l’Asia. OMS e Banca Mondiale hanno certificato anche che spese così elevate hanno portato circa 90 milioni di individui sotto la soglia di povertà estrema nel 2015.

Questi numeri lasciano ipotizzare un peggioramento ulteriore dovuto alla situazione pandemica e rendono chiaro perché le Nazioni Unite abbiano richiamato l’urgenza di sviluppare modelli sanitari improntati all’universalità dell’accesso alle prestazioni mediche, possibilmente anche gratuite.

Che cos’è la Copertura Sanitaria Universale (UHC, Universal Health Coverage)

Per Copertura Sanitaria Universale si intende “che tutte le persone e le comunità abbiano accesso ai servizi sanitari di cui hanno bisogno senza sofferenza economica”. L’OMS ha realizzato un’immagine molto indicativa per spiegare come dovrebbe essere l’assistenza sanitaria nel mondo: si tratta di un cubo tridimensionale che prevede che essa sia universale (per tutti), globale (che comprenda tutti i servizi, quindi anche quelli di prevenzione, trasporto, e cure palliative) e gratuita.

Un cubo “pieno” rappresenterebbe la perfezione: il caso in cui tutti hanno accesso ai servizi gratuitamente. Ma in diversi paesi il cubo è molto vuoto: se pensiamo per esempio al Senegal, solo il 25% della popolazione ha accesso all’assistenza sanitaria, i servizi disponibili sono pochi e i costi della sanità quasi completamente coperti dalle assicurazioni sanitarie private.

La maggior parte dei paesi OCSE offre ai propri cittadini la possibilità di accedere a un pacchetto completo di servizi sanitari a prezzi accessibili. ​​Il diritto alla salute è un diritto umano fondamentale sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 all’articolo 25. Anche per questo nel 2015 quando sono stati fissati i 17 SDGs dell’Agenda 2030 quello della salute è stato un tema importante e la Copertura Sanitaria Universale è diventato uno dei target degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, nello specifico il 3.8, che parla proprio di Copertura Sanitaria Universale e protezione dai rischi finanziari relativi, e anche di possibilità di accedere a cure mediche a prezzi accessibili e vaccini per tutti.

La questione dell’universalità della sanità è stata affrontata in uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità che ha rilevato importanti differenze nell’accesso all’assistenza sanitaria nel mondo, emerso anche a causa della recente pandemia di Coronavirus. Secondo la World Bank sono circa 400 milioni le persone nel mondo che non hanno accesso ai servizi sanitari essenziali e il 6% delle persone che vivono con un reddito basso o medio basso rischia di cadere nell’estrema povertà a causa delle spese sanitarie, un dato che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità corrisponde appunto a circa 90-100 milioni di persone.  

Nel dicembre 2019, quindi poco prima che la pandemia di Covid-19 sconvolgesse il mondo, l’OCSE ha pubblicato un documento che spiegava i vantaggi pratici della Copertura Sanitaria Universale. A leggere oggi quel documento, quindi dopo circa 22 mesi di pandemia, ci si rende conto di quanto quei valori sarebbero stati preziosi anche nella lotta a Covid-19.

Nel 2019, quindi sempre pre-Covid-19, OCSE prevedeva che nei paesi ricchi le spese sanitarie sarebbero arrivate, nel 2060, a impegnare circa il 14% del PIL, contro una media che nel 2010 era intorno al 6%, ma che si era alzata già sull’8-9% per quasi tutti gli anni Dieci. Questa proiezione è stata poi drasticamente accelerata dalla pandemia: in Italia, nel 2020 questa percentuale è stata già vicinissima al 10% (nel 2019 era l’8,7%), in Regno Unito è salita al 12,8% (+2,6% dal 2019), e in Germania è stata del 12,5% (+0,8% dall’anno precedente). 

Un caso pratico: Obamacare 

Quando era presidente, Barack Obama ha tentato di correggere la sanità statunitense con un’impostazione più ispirata al valore della UHC con la legge nota col nome di Obamacare. La legge aveva l’obiettivo di allargare le fasce di popolazioni deboli tutelate dai programmi pubblici Medicaid e Medicare, oltre a introdurre delle facilitazioni per il resto dei cittadini nella stipula di assicurazioni, limitando per esempio la possibilità per le compagnie assicurative di non stringere accordi con persone già malate. Obamacare non si poneva quindi l’obiettivo di istituire un Sistema Sanitario Nazionale propriamente detto, ma cercava di coniugare una maggiore vocazione all’universalismo delle cure senza stravolgere l’assetto di base – quindi basato su assicurazioni private – della sanità a stelle e strisce.

Si stima che tra il 2010 e il 2017 la legge abbia garantito un’assistenza sanitaria a poco meno di 25 milioni di americani, a fronte di un’aspettativa che superava i 30. Obamacare ha anche subito anche una limitazione e una serie di boicottaggi (non tutti andati a buon fine) da parte del successore di Obama alla Casa Bianca, Donald Trump. OMS e World Bank segnalano anche che il nord America è l’unica macroregione del Mondo che negli anni Dieci del Duemila ha visto un calo delle bancarotte da spese sanitarie. 

In ogni caso, per avere un’idea di quanto possa costare un servizio sanitario o ambulatoriale negli USA, e quindi capire come sia possibile arrivare a perdere tutto per una malattia o un incidente, ecco alcuni esempi di prezzi:


di Enrico Bergianti e Francesca Zanni

Leggi anche: L’eutanasia nel mondo

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Francesca Zanni
Ho frequentato un corso di Giornalismo Culturale e tre corsi di scrittura creativa dopo una laurea in Storia Culture e Civiltà Orientali e una in Cooperazione Internazionale. Ho avuto esperienze di lavoro differenti nella ricerca sociale e nella progettazione europea e attualmente mi occupo di editoria. Gattara, lettrice accanita e bingewatcher di serie TV.