Se uno sgombro avesse una forma simile a un’anguilla, andrebbe più veloce? La domanda, che sembra partorita dalla mente di un bambino di sei anni, in realtà nasconde un interrogativo ben più complesso dell’apparente inutilità della risposta
AMBIENTE – “Se uno sgombro assomigliasse a un’anguilla, nuoterebbe più veloce?”: è proprio da una domanda simile che due ricercatori dell’Università del Minnesota (Stati Uniti), Fotis Sotiropulos e Iman Borasjani, sono partiti, scoprendo come l’ambiente e l’idrodinamica riescano a modificare la forma fisica e lo stile di nuoto dei pesci. L’evoluzione infatti, è un processo complesso, ma in genere, pensando alle creature marine, la diversa tipologia dell’acqua dei mari e fiumi non è tra i primi fattori che vengono in mente.
I ricercatori, invece, si sono chiesti come mai, per esempio, i tonni e gli sgombri, che hanno caratteristiche in comune, in un’ipotetica competizione potrebbero facilmente battere in velocità i pesci della barriera corallina e le anguille. Il gioco però non c’entra: gli scienziati hanno cercato di scoprire come mai la loro forma si sia evoluta in quel modo, se a causa di un adattamento idrodinamico dall’ambiente o per altre ragioni.
Per fare questo, hanno utilizzato i computer dell’Università St. Anthony Falls, realizzando dei pesci virtuali estremamente realistici. Tuttavia, per quanto divertente possa sembrare, creare un “pesce computazionale” è stato tutt’altro che semplice: hanno iniziato a lavorare oltre cinque anni fa, partendo praticamente da zero; nessuno prima di loro, infatti, aveva mai pensato a nulla del genere.
Le forze idrodinamiche esercitate dai nuotatori variano enormemente a seconda della massa e della velocità. Dal momento che sgombri e anguille nuotano in ambienti acquatici diversi, con diverse caratteristiche idrodinamiche, gli scienziati hanno simulato due diversi scenari, variando le frequenze dei movimenti della coda e la viscosità del fluido. Hanno quindi creato una coppia di sgombri e un’altra di anguille: due pesci con comportamenti e caratteristiche uguali a quelli esistenti in natura, e gli altri due con movimenti ad imitazione dell’altra specie.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Journal of Experimental Biology, mostrano chiaramente che gli “originali” hanno nuotato in modo più efficiente rispetto ai colleghi “imitatori”. Una cosa non del tutto scontata, visto che, a prima vista, una lampreda per nuotare più velocemente potrebbe guadagnare efficienza (che per un pesce significa stancarsi di meno) se cambiasse la sua forma o nuotasse con uno stile simile a quello dello sgombro e viceversa.
Tutto ciò, secondo i ricercatori, dimostrerebbe la diretta influenza delle forze idrodinamiche ambientali sulla dinamiche evolutive.
Il metodo utilizzato potrebbe adattarsi a studiare l’influenza dei fluidi nell’evoluzione di altri organismi, oppure per progettare robot in grado di nuotare a velocità differenti, o, ancora, per creare liquidi con differenti viscosità.