AMBIENTE – Esiste un mondo in cui sono le femmine a scegliere i partner e i maschi ad accudire la prole, o tutt’al più i maschi e le femmine. Le femmine soltanto, mai.
È il mondo dei pesci, anzi, a dirla tutta, neanche di tutti i pesci, ma solo di alcuni di quelli che vivono nelle aree costiere, legati al fondale, che molto probabilmente avrete sfiorato più di una volta durante i bagni in mare, ma di cui si sa tipicamente molto poco.
Eppure il comportamento riproduttivo degli animali marini è un vero e proprio universo di diversità, come ha dimostrato in maniera intrigante la professoressa Maria Berica Rasotto dell’Università di Padova nell’incontro “Genitori nel blu” organizzato a Gorizia nell’ambito della mostra ‘L’albero della vita’.
“C’è una altissima varietà nel comportamento riproduttivo degli organismi marini, che varia in funzione delle condizioni ambientali e del contesto ” ha esordito la biologa. Se è vero che le femmine di gran parte dei crostacei portano con sé le proprie uova fino alla schiusa, è raro vedere un mollusco che fa altrettanto. Ciononostante le immagini catturate casualmente ad elevate profondità da un ROV subacqueo parlano chiaro: la femmina del calamaro di profondità Gonatus onyx si prende cura delle uova fecondate, come a dire che l’immaginazione della natura supera spesso di molto la nostra.
Nei pesci – ha quindi raccontato la Rasotto – “i costi delle cure parentali sono divisi tra maschi e femmine solo in quelle specie che vivono in isole”, siano esse rappresentate da piccole chiazze di sabbia in mezzo alla barriera corallina o – più semplicemente – da un anemone, casa-universo per i piccoli pesci pagliaccio. Molto più tipicamente, invece, sono i maschi a sopportare la fatica di ventilare e pulire le proprie uova e difenderle dai predatori. E non è tutto. Ci sono predatori invisibili, finora poco investigati dai ricercatori, che possono avere conseguenze letali per l’intera prole: sono gli organismi patogeni responsabili delle infezioni, in particolare quelle a carico delle fasi embrionali. Ma può un bravo padre difendere i propri piccoli da simili aggressioni? Sembra proprio di si !
Rasotto e collaboratori, per primi, hanno scoperto l’esistenza di composti antimicrobici che vengono prodotti dalla ghiandola anale dei maschi di una piccola bavosa, Salaria pavo, diffusa negli anfratti costieri di basse profondità in tutto il Mediterraneo. Si tratta di sostanze che inibiscono la crescita di batteri marini, tanto che in loro assenza le uova della bavosa hanno una significativa riduzione della probabilità di schiudersi.
Che il segreto di un buon padre risieda (anche) nelle dimensioni delle sue ghiandole anali non è invece un mistero per le femmine della specie: quest’ultime – spiega la biologa Rasotto – se libere di scegliere, presentano una spiccata preferenza per i maschi con grosse ghiandole, poiché esse sottendono un’alta probabilità di sopravvivenza della propria prole futura.
Concludendo il suo intervento, la biologa Rasotto ha però spiegato come i maschi non si accollino i costi delle cure parentali (tra cui una riduzione dell’alimentazione, un aumento del rischio di predazione ed un alto consumo energetico) per… libera scelta; al contrario essi sarebbero di fatto “incastrati” dalle femmine.
Secondo le teorie più recenti, le cure parentali sono a carico del sesso che per ultimo emette i propri gameti nell’atto riproduttivo. Per le specie ittiche costiere, lo scarto di tempo che intercorre tra il rilascio delle uova da parte della femmina e la loro fertilizzazione da parte del maschio, consente alla prima di andarsene alla chetichella dal nido, costringendo di fatto il partner a prendersi cura delle nidiata, pena la perdita della propria discendenza.
Una volta di più la natura ci ricorda che nel mondo (animale) ci sono molti stili di vita, ognuno dei quali rappresenta – evolutivamente parlando – la soluzione ottimale alle pressioni create dall’ambiente; in questo sta il loro essere ‘giusti’, cerchiamo di ricordarcene.