Il 28 novembre sul sito web di Il Giornale, in una sezione riservata, compare un articolo dal titolo Vi ricordate il metodo Di Bella? Ecco perché ne riparliamo… Nella presentazione si legge:
Chi vive con una diagnosi di cancro è come un naufrago in cerca di un approdo sicuro le strade per raggiungere il quale sono più di una. Così nasce l’idea di questo dibattito. Vogliamo invitare i lettori a farsi un’idea, i malati a studiarsi le pubblicazioni affinchè possano trovare il loro approdo…
Il dibattito in realtà ha pochi appigli, dal momento che il materiale messo a disposizione è costituito in massima parte da testimonianze di ex-pazienti, interviste a supporter della cura come quella a Giuseppe di Bella (figlio di Luigi di Bella morto nel 2003) che riferisce a una TV locale di lavori del Nobel Andrew Schally che, con 40 anni di ritardo, confermerebbero il metodo, il tutto accompagnato da un banner che invita a contattare lo Staff di www.metododibella.it. Fanno eccezione i pareri dell’oncologo Stefano Iacobelli, che lungi dal avallare la “cura” Di Bella e a invitare i pazienti ad abbandonare chemio e interventi chirurgici, riconosce l’attività antitumorale (già ben nota prima dell’avvento alle cronache del Professore) di alcuni principi attivi usati su alcuni tipi di tumore mentre più deciso è il suo collega Umberto Tirelli: non esistono risultati che certifichino i risultati miracolosi dei Dibelliani.
Il cuore della sezione è occupato da un’intervista a una donna di Ferrara che, secondo il parere dei medici, avrebbe dovuto sottoporsi a chemio e intervento, ma che decise di rifiutare.
Cosa successe poi?
“Seguii le prescrizioni di Di Bella. Per 4 anni. Facevo i controllo periodici: Pet, mammografia, ricerca dei marcatori nel sangue, andavo sempre in centri diversi. Ogni volta i medici si informavano sulle medicine che prendevo, ogni volta restavano di stucco: il mio cancro rimpiccioliva progressivamente, a un certo punto è scomparso del tutto. La mia non è una guarigione spontanea, ho preso farmaci potenti che riducono su più fronti la proliferazione cellulare e provocano l’apoptosi (la distruzione) delle cellule maligne, c’era anche un chemioterapico classico, a bassi dosaggi, non ho mai perso capelli, non ho mai avuto nausee e vomito.
Ora la signora sta bene e segue una terapia di mantenimento.
La sua storia clinica secondo l’articolo sarebbe finita su due vere e proprie pubblicazioni scientifiche datate 2011, apparse sulle riviste Neuroendocrinology Lecter (immaginiamo si intendesse Letters) e International Journal of Gynecological Cancer, discusse poi in vari convegni internazionali. Se non altro per il numero di sillabe, due pubblicazioni di questo tipo sembrerebbero parecchio importanti e autorevoli, e soprattutto sono molto recenti. Umberto Tirelli liquida la cosa in questo modo: “Sono riviste di livello medio basso e sono congressi a cui tutti possono partecipare…”
In realtà si tratta di un’analisi riduttiva: se si controllano le pubblicazioni citate, il dibattito promesso scompare totalmente. Per quanto riguarda International Journal of Gynecological Cancer la pubblicazione citata è (vol 21, sup. 3 October 2011). Cercando nell’archivio della rivista è subito chiaro che non è in alcun modo un articolo sottoposto a peer-review: il supplemento è la raccolta degli abstract presentati al diciassettesimo International Meeting of the European Society of Gynaecological Oncology. L’abstract in questione è:
THE BIOLOGICAL TREATMENT [DI BELLA METHOD] HAS IMPROVED SURVIVAL, OBJECTIVE RESPONSE AND PERFORMANCE STATUS IN 121 CASES OF MAMMARY CARCINOMA
G. Di Bella
Di Bella Foundation, Bologna, Italy
Nel caso del multiforme Neuroendocrinology Letters (A peer-reviewed transdisciplinary Journal covering Neuroendocrinology, Neuroscience, Neurophysiology, Neuropsychopharmacology, Psychoneuroimmunology, Reproductive Medicine, Chronobiology and Human Ethology) Giuseppe Di Bella, oltre che come autore, è presente nel board editoriale.
Cercando poi su pubmed, la banca dati che Giuseppe di Bella invita a usare nell’intervista di cui sopra, cercando appunto “Giuseppe Di Bella” (aka Fondazione Di Bella) le pubblicazioni risultano tutte su Neuroendocrinology Letters.
Scrive Il Giornale:
Tuttavia esistono fior di richieste di rimborso ordinate dai giudici . Com’è possibile? Sono centinaia i ricorsi presentati dai pazienti – guariti con la cura Di Bella e non con le chemioterapie, i trapianti di midollo o gli anticorpi monoclonali – e vinti. Carta canta come si sul dire, e infatti, i periti dei tribunali, dopo aver esaminato le cartelle mediche di questo esercito di persone hanno “condannato” lo Stato a pagar loro la cura dibelliana. Un assurdo? Giudicate voi…
Difficile.