SALUTE – Siete dal medico per un brutto mal di stomaco. Il medico decide di darvi una terapia e vi comunica che potrà trattare la vostra gastrite con una nuova pillola, molto efficace, ma che spesso provoca fastidiosi mal di testa. La medicina prescritta è, invece, a vostra insaputa, una pastiglia completamente innocua, niente di più di una caramella. Pochi giorni dopo ecco, però, che tornate dal dottore con un mal di testa persistente. Non certo a causa del “farmaco”! Piuttosto si tratta dell’effetto nocebo.
L’effetto nocebo, al contrario dell’effetto placebo, è la comparsa di un sintomo negativo durante il trattamento con un finto medicinale causato dall’aspettativa negativa del paziente, indotta dalla conoscenza delle controindicazioni. Esiste davvero ed è molto dibattuto negli ultimi tempi nell’ambiente medico. Perché in effetti è tutta una questione di etica, così suggeriscono Winfried Häuser, Ernil Hansen, Paul Enck, che hanno studiato la letteratura presente sull’argomento e che su PubMed hanno proposto una possibilità per evitare l’effetto nocebo. Ma con un rovescio della medaglia.
In alcuni casi medici e farmacisti potrebbero evitare del tutto di informare il paziente sui potenziali effetti collaterali del trattamento o minimizzarli in modo da evitare di indurre l’effetto nocebo. Dicendo ad esempio che in genere il trattamento è ben tollerato e insistendo sugli effetti positivi. Attraverso tecniche collaudate di comunicazione, insomma, i medici potrebbero aiutare la guarigione: fare il bene del paziente dovrebbe essere il primo obiettivo del medico. Ma se fare il bene del paziente significa non fargli sapere, si chiedono gli autori, allora qual è la scelta giusta? Perché, generalizzando la questione, potremmo arrivare a dire anche che è positivo che un paziente affetto da una patologia incurabile o allo stadio terminale non venga a conoscenza della sua condizione. Le bugie bianche valgono anche in medicina?
Etica o salute? Questo è il dilemma…
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