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All you need is law: breve storia delle leggi italiane sulla sperimentazione animale

foto-mouseLA VOCE DEL MASTER – I primi sono stati gli Inglesi. È il 1876 quando il Regno Unito emana il Cruelty on Animal Act, il documento precursore, in ambito internazionale, di tutte le leggi sulla sperimentazione animale. Gli altri paesi europei hanno emanato le prime leggi in materia solo intorno agli anni Sessanta e Settanta.

E l’Italia? Dal 1941 allo status incerto di oggi l’Italia ha regolato l’uso degli animali nella ricerca biomedica con leggi, circolari, decreti ministeriali e attuazioni, più o meno discutibili (e discusse), delle direttive europee.

Firmata da Vittorio Emanuele III, “per grazia di Dio e volontà della nazione Re d’Italia e di Albania e Imperatore di Etiopia”, la legge 615 del 1941 è la prima legge italiana organica in materia, che integra e amplia una legge precedente del 1931. “La vivisezione e altri esperimenti sugli animali vertebrati a sangue caldo sono vietati quando non abbiano lo scopo di promuovere il progresso della biologia e della medicina sperimentale”. La legge non distingue la vivisezione da altre partiche sperimentali e non esclude la possibilità di praticarla su cani e gatti (“normalmente vietata, salvo che essa sia ritenuta indispensabile”).

La legge monarchica subisce numerosi rimaneggiamenti e resta in vigore fino al 1992, anno in cui viene attuata la direttiva europea del 1986. Tra gli interventi correttivi alla legge merita attenzione la Circolare numero 15 del 1974 che ha sancito per la prima volta la distinzione tra vivisezione (“sezione di un animale vivo”) e sperimentazione “avente lo scopo di dimostrare l’efficacia, la validità e l’innocuità dei vari prodotti biologici” e che blocca, solo per la prima delle due, l’emissione di nuove autorizzazioni. Tutte le circolari di modifica vengono unificate con la Circolare numero 41 del 1987, che regola la sperimentazione in Italia fino al 1992: definisce le figure responsabili (dei progetti di ricerca, dei centri che la ospitano e delle autorità di controllo) e i numerosi documenti da allegare alle domande di autorizzazione. La sperimentazione è possibile, pur sottostando a rigide gabbie burocratiche e a severi controlli, se l’obiettivo è verificare l’efficacia o l’innocuità non solo dei prodotti farmaceutici, ma di prodotti chimici e alimentari.

Nel 1986 arriva una direttiva europea (86/609/CEE), prescrittiva, che invita gli Stati membri ad armonizzare le leggi nazionali in materia, “in modo che non siano pregiudicati l’instaurazione e il funzionamento del mercato comune”. A espressioni generiche come “progresso scientifico” o “pratica indispensabile”, la direttiva del 1986 sostituisce un elenco preciso di obiettivi di ricerca per i quali – e solo per i quali – è consentito l’uso di animali. Si tratta della determinazione dell’efficacia o della sicurezza di medicine, alimenti e altre sostanze per curare l’uomo, gli animali o le piante. La direttiva non dà però indicazioni sulla sperimentazione a scopi didattici. L’Italia rende esecutiva la direttiva solo nel 1992, con tre anni di ritardo rispetto alla scadenza fissata. Lo fa con il decreto 116/1992. Il decreto è restrittivo e dichiara di voler tutelare il “benessere animale”: l’anestesia totale diventa regola generale e l’animale può essere usato solo una volta. Il decreto vieta esperimenti su cani, gatti, primati non umani e quelli didattici, ma è contemplata la possibilità di andare in deroga con una autorizzazione del Ministero della Salute. Deroghe e restrizioni, la legge e la porta sul retro, fino alla direttiva successiva.

Anno 2010. L’Unione Europea emette una nuova direttiva (63/2010/UE) “sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici”. La direttiva è necessaria perché resistono, tra le legislazioni dei paesi membri, differenze tali da ostacolare il libero mercato e la ricerca. La scadenza per l’attuazione è fissata al novembre 2012. Nel gennaio 2014 l’Europa ha aperto, nei confronti dell’Italia, una procedura di infrazione per due ragioni: il ritardo nel recepimento e gli emendamenti restrittivi. All’inizio di quest’anno, il nostro è l’unico paese dell’Unione a non aver recepito la direttiva. Inoltre, con la legge 96/2013 e altri emendamenti, ha approvato misure restrittive e ambigue che, nei fatti, ignorano la direttiva: il divieto di allevamento di animali destinati alla sperimentazione (assente nella 63/2010), di uso di animali nelle sperimentazioni didattiche, di tutte le procedure per cui non è possibile fare l’anestesia all’animale, degli xenotrapianti e della ricerca sulle sostanze d’abuso. Nel mondo della ricerca, non solo biomedica e non solo italiana, si solleva un coro di dissenso che arriva più volte negli editoriali di Nature e Science. Di fatto le restrizioni frenano o fermano interi settori della ricerca (come quella sulla terapia del dolore, impossibile da fare con l’anestesia). La possibilità di importare gli animali ma non di allevarli, grande contraddizione, fa lievitare i costi rendendo la ricerca italiana ancor meno competitiva.

A fine febbraio 2014, con l’estremo ritardo accumulato in varie commissioni parlamentari e un infinito stallo in Senato, un testo arriva all’esame finale del Consiglio dei Ministri ed è stato appena approvato. La direzione è ancora quella delle restrizioni e delle ambiguità. La legge contiene, in un unico testo, sia i divieti sia la moratoria per i divieti, fino al dicembre 2016. Il blocco vero e proprio arriverà nel gennaio 2017 e, nel frattempo, vanno cercate valide alternative sperimentali. Molta ricerca biomedica e la didattica per biologi e biotecnologi (l’uso di animali in didattica è consentito solo per medici e veterinari) rischia la paralisi. Il testo resta ambiguo e contraddittorio e presenta molti di quei divieti che hanno già comportato la procedura di infrazione. Quella penale da centocinquantamila euro, al giorno, è ancora sospesa sulla testa di Damocle.

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La timeline mostra l’evoluzione della legislazione italiana in materia di sperimentazione animale, da Vittorio Emanuele III al recepimento della direttiva europea appena approvato. Crediti: Rita Occhipinti

Crediti immagine: autore anonimo, Wikimedia Commons

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