ANIMALIricerca

Sperimentazione animale: la legge italiana fa ancora discutere

Nel 2014 l’Italia ha varato il Decreto Legge numero 26 del 4 marzo, che recepisce una direttiva europea sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Tale legge ha però inasprito la normativa europea in materia di xenotrapianti e le sostanze d’abuso.

L’Unione Europea si occupa del benessere e dei diritti degli animali utilizzasti per la ricerca scientifica sin dalla  European Convention for the Protection of Vertebrate Animals Used for Experimental or Other Scientific Purposes, la convenzione passata alle firme nel 1986 e successivamente recepita dalla direttiva 86/609/CEE. Il punto di partenza sia della Convenzione che della Direttiva sono i principi delle 3R, varati nel 1959 dal Russell e Burch e diventati nel tempo orizzonte etico e giuridicamente vincolante della sperimentazione animale. Si tratta degli ormai noti imperativi “refine, reduce, replace”, secondo i quali bisogna ridurre il numero degli animali utilizzati per la sperimentazione scientifica, migliorare le procedure in modo da minimizzare la sofferenza e, come fine ultimo, puntare alla completa sostituzione con metodi che non prevedano l’uso di esseri viventi.

Dal 1986, nuove evidenze scientifiche rispetto ai fattori che influenzano il benessere degli animali e sulla loro capacità di provare ed esprimere dolore, sofferenza, angoscia e danno prolungato – oltre alla consapevolezza di una disparità di standard per il trattamento degli animali da laboratorio nei vari paesi membri – hanno portato alla necessità di aggiornare e sostituire le disposizioni precedenti, arrivando nel 2010 a pubblicare la direttiva 2010/63/EU del 22 settembre 2010. Questa Direttiva allarga il cerchio degli animali posti sotto la propria protezione, invita gli stati membri all’uniformità rispetto questa tematica sotto il profilo legislativo e stabilisce dei nuovi parametri volti a migliorare il benessere degli animali prima, durante e dopo le procedure sperimentali. In più, sottolinea come ormai la questione animale sia diventata centrale non solo per l’opinione pubblica ma anche per la legislazione.

“Gli animali hanno un valore intrinseco che deve essere rispettato. L’uso degli animali nelle procedure suscita anche preoccupazioni etiche nell’opinione pubblica. Pertanto, gli animali dovrebbero sempre essere trattati come creature senzienti e il loro utilizzo nelle procedure dovrebbe essere limitato ai settori che possono giovare in ultimo alla salute degli uomini e degli animali o all’ambiente. Pertanto, l’uso di animali a fini scientifici o educativi dovrebbe essere preso in considerazione solo quando non sia disponibile un’alternativa non animale” (cap I, par. 12).

La legislazione italiana

L’Italia ha recepito la normativa europea tramite il Decreto Legislativo numero 26 del 4 marzo 2014. Tale decreto introduce tuttavia norme più restrittive rispetto alla Direttiva europea, non permettendo le ricerche sugli xenotrapianti e sulle sostanze d’abuso. Per xenotrapianti si intendono i trapianti d’organo da altre specie, soprattutto suini come donatori e al momento primati non umani (ma anche suini) come riceventi. Tale divieto interessa anche il trapianto di tumori umani in topi immunodepressi o geneticamente modificati per ottenere un codice genetico più simile a quello umano, operazione compiuta per verificare gli effetti e la tossicità delle cure antitumorali in pazienti oncologici.

Per quanto riguarda le sostanze d’abuso, non fanno riferimento solamente ad alcool e droghe ricreative ma anche ai farmaci che agiscono sul cervello e possono creare dipendenza.

Originariamente il Decreto Legge numero 26 del 2014 diceva che le due linee di ricerca, xenotrapianti e sostanze d’abuso, dovevano essere vietate. Tuttavia, metteva in moratoria questo divieto per tre anni, facendo dipendere questo divieto dall’esistenza o meno di metodi alternativi, come da articolo 42 delle disposizioni finali. Per monitorare lo stato della ricerca, il decreto affidava Laboratorio  del  reparto substrati cellulari ed  immunologia cellulare dell’Istituto  Zooprofilattico Sperimentale (IZS) della Lombardia e dell’Emilia-Romagna il compito di monitorare la situazione attraverso dei report periodici.

Nel 2016 e nel 2018 sono stati scritti due rapporti che certificavano la mancanza di metodi  alternativi e da allora il Ministero ha iniziato a prorogare la moratoria non più per due anni ma di anno in anno, vincolandola a dei report redatti dal Ministero stesso. Questo perché c’erano state delle contestazioni da parte della LAV, la quale aveva avanzato dei dubbi rispetto l’imparzialità dell’IZS. Nel Decreto Milleproroghe del 31 dicembre 2020 è stata prolungata la moratoria fino al 1 gennaio 2022. Il Decreto ha 70 giorni per diventare legge: stiamo ancora aspettando la certezza della proroga.

Abbiamo chiesto a Giuliano Grignaschi di Research4Life, che si occupa di mettere in rete molte realtà scientifiche al fine di comunicare il punto di vista della ricerca sulla sperimentazione animale, di raccontarci la vicenda.


Che dice la relazione del Ministero?

Questa estate la relazione del Ministero della Salute è stata consegnata al Governo e riporta come, purtroppo, non esistano ancora metodi alternativi né per gli xenotrapianti né per la ricerca sulle sostanze d’abuso.

Ma esistono delle ricerche in questo senso?

Certo, e la relazione ne fa il punto. Nelle  ultime pagine è possibile trovare un elenco di tutti gli studi fatti in questo senso fino ad ora: alcuni prevedono l’utilizzo di animali, quali pesci, insetti, embrioni di insetti e larve. Altri invece lavorano su organoidi, colture cellulari, organi on a chip, modelli matematici e computazionali. Le ricerche sono portate avanti nei laboratori dei più grandi centri di ricerca: siamo noi stessi, noi scienziati e ricercatori, i primi interessati a trovare dei metodi alternativi alla sperimentazione animale. Per ora sono stati trovati dei metodi complementari, ma la sperimentazione in vivo è ancora necessaria.

Perché si fanno ancora studi sui meccanismi d’azione dell’alcool, o della cocaina? Non ne sono già stati fatti abbastanza?

Purtroppo, quello che non abbiamo ancora capito sono i meccanismi che portano una persona a ripetere dei comportamenti di per sé nocivi, ma che sono causa di piacere. Conosciamo gli effetti di alcune sostanze, ma non conosciamo i meccanismi della dipendenza che scattano nel nostro cervello.

Non crede che sia una questione che difficilmente verrà compresa utilizzando modelli animali? Le dipendenze di qualsiasi genere non sono una prerogativa umana?

Non posso affermare con certezza che non sia così, e da buon ricercatore non lo farò fin quando non avrò dei dati definitivi. Detto ciò, nei miei studi ho riscontrato negli animali dei meccanismi di dipendenza da sensazioni piacevoli, quali droghe, cibo o attività riproduttive, molto simili agli esseri umani. Sarebbe una grande opportunità  scoprire come funzionano biologicamente le dipendenze, in un mondo che non riesce a fare a meno di sostanze stupefacenti.


La mozione del Comitato Italiano per la Bioetica

“La tematica sottintende due interessi contrapposti e non allineati, da un lato il diritto alla ricerca e dall’altro il sentimento nei confronti degli animali, che porta con sé un peso mediatico ed etico significativo”. Così esprime la relazione del Ministero della Salute che fai il punto sui metodi alternativi esistenti rispetto gli xenotrapianti e le sostanze d’abuso. Tale dicotomia, inevitabile per un argomento così complesso, è espressa anche dalle posizioni espresse nella mozione del Comitato Italiano per la Bioetica, comunicata alla Presidenza il 28 luglio 2020. Il Comitato da voce a due posizioni presenti al suo interno.

La prima è avallata dalla maggioranza dei firmatari, e si esprime con preoccupazione rispetto ai divieti presenti nella legislazione “pur riconoscendo il rispetto dovuto all’animale e al suo benessere”. La  sperimentazione animale è infatti la “base ancora oggi insostituibile per il progresso delle conoscenze e delle terapie in medicina”. Vengono poi spiegate le implicazioni delle ricerche sia sugli xenotrapianti, i quali rappresentano una speranza per la cura contro i tumori o per le lunghe liste d’attesa nelle quali sono inseriti tutti coloro che hanno bisogno di un trapianto, e la necessità di conoscere gli effetti sul nostro organismo causati non solo da droghe ricreative ma anche da farmaci psicotropi.

La seconda posizione, firmata da una minoranza dei membri del Comitato, insiste sulla portata etica della questione. Riconoscendo, come d’altronde fa la legislazione, la necessità della sperimentazione animale, invita tuttavia a considerare e non ignorare i principi etici delle 3R verso cui il Legislatore stesso dichiara di orientarsi. Si rende fondamentale, per rispondere a tali principi, discutere del dettaglio tutte le implicazioni e i dubbi rispetto alle due linee di ricerca che sono oggetto di dibattito: dibattito che non va quindi evitato, ma portato fino in fondo. Quali sono i limiti del modello animale nello studio delle dipendenze? In cosa consiste l’attuale dibattito bioetico sui trapianti di organi da animale a uomo? Con che tipo di problematiche hanno a che fare i ricercatori negli studi sugli xenotrapianti?

Il punto della questione è che, ignorando tali domande, stiamo avallando una “rappresentazione distorta, di marca scientista, della delicata problematica circa la sperimentazione animale, come se vi fossero le ragioni della scienza contrapposte alle ragioni dell’etica, e non invece due differenti modelli di etica della scienza.” E come se le leggi per la protezione degli animali utilizzati a fini scientifici fossero “ostacoli o intralci posti sulla strada della scienza, senza affatto considerare il loro ruolo di minima tutela degli animali che, senza di essi, sarebbero sottoposti ad abusi, nonché il loro ruolo di tutela dello stesso percorso scientifico, che necessita di regole e verifiche costanti.”


Leggi anche: Teruko Ishizaka, l’immunologa che ha svelato il meccanismo delle allergie

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Photo by vaun0815 on Unsplash

Condividi su
Francesca Zavino
Laureata in filosofia, ho fatto il mio ingresso nel mondo della scienza grazie al Master in Comunicazione Scientifica alla Sissa di Trieste. Quello che più mi interessa è avere uno sguardo aperto, critico e attento sull'attualità e sul mondo scientifico, grazie ai mezzi che la filosofia mi ha fornito durante gli anni