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Sopravvivere al cancro oggi

I tassi di sopravvivenza crescono anno dopo anno, e circa 1 paziente su 3 può considerarsi guarito dopo 10 anni

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APPROFONDIMENTO – Nel corso della propria vita, mediamente un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalerà di cancro, ma il 55% degli uomini e il 63% sarà ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi. I numeri sono quelli dell’ultimo rapporto AIOM AIRTUM “I numeri del cancro in Italia nel 2015”, che mostra l’evoluzione dell’incidenza dei tumori nel nostro paese negli ultimi anni. Il panorama è dominato da una buona e da una cattiva notizia. Quella cattiva è che di cancro ci si ammala sempre di più, quella buona che comunque le percentuali di mortalità si stanno riducendo anno dopo anno.

Secondo il report, negli ultimi anni la mortalità sarebbe aumentata solamente per il tumore al polmone e al pancreas, e solo nella popolazione femminile.

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Se nel 2010 le nuove diagnosi sono state circa 2,5 milioni, nel 2015 abbiamo toccato i 3 milioni. Complice senza dubbio l’invecchiamento della popolazione, che ci vede sempre più longevi ma al tempo stesso meno sani negli ultimi anni della nostra vita, come mostra anche lo European Health Report 2015 dell’OMS uscito qualche giorno fa. Un paradosso ancora evidente quello secondo cui ci rallegriamo vedendo le percentuali relative all’aspettativa di vita salire, non pensando che con esse salgono anche prepotentemente gli ammalati. È agli anziani con più di 70 anni infatti che viene diagnosticato il maggior numero di neoplasie, circa una diagnosi su due.

Tra sopravvivere e guarire

Questi freddi numeri riescono però assai poco a dare l’idea della complessità della realtà racchiusa nella parola cancro. Anzitutto di tumori ce ne sono moltissimi, circa 200 tipologie diverse. Alcuni di essi hanno visto di molto migliorare la percentuale di sopravvissuti a 5 anni dalla diagnosi, altri pochissimo, mentre per altri ancora, nonostante i miglioramenti la prognosi è ancora fortemente negativa nella maggior parte dei casi. Inoltre, sopravvivenza non significa guarigione, un dettaglio molto importante da tenere presente quando si guardano i dati. Sopravvivere, a 2, a 5 o a 10 anni dalla diagnosi, è un parametro che si utilizza solitamente per misurare l’efficacia di una terapia in termini di sopravvivenza del paziente. Una persona si considera invece guarita quando ha la stessa aspettativa di vita della popolazione generale, obiettivo che si raggiunge solitamente dopo i 10 anni dalla diagnosi, e in alcuni casi anche di più.

Nel 2010 per esempio 8 pazienti su 10 a cui era stato diagnosticato il cancro 2 anni prima era sopravvissuto, così come 6 su 10 a cui era stato diagnosticato 5 anni prima e 3,5 su 10 fra chi lo aveva avuto 10 anni fa. Il 27%, cioè un malato su tre poteva considerarsi guarito, perché non aveva più avuto ricadute da oltre 10 anni, sebbene una persona che ha avuto il cancro abbia circa il 10% di probabilità in più di svilupparne un secondo nel corso della vita.

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Questa è ovviamente una media: per molti tumori le percentuali di guarigione completa sono oggi molto più alte. Primo fra tutti il cancro alla tiroide (76% di guariti), all’utero (53%) e il melanoma (44%). Nel guardare questi numeri però dobbiamo tenere a mente che come si sottolineava in precedenza, una diagnosi su 2 riguarda persone oltre i 70 anni, con dunque un’aspettativa di vita generale inferiore al decennio.

In media 6 su 10 sopravvivono a 5 anni

Per questa ragione è importante parlare anche di sopravvivenza, oltre che di guarigione. Se consideriamo per esempio la sopravvivenza a 5 anni, nel 2010 erano sopravvissute 6 persone su 10 con diagnosi di tumore alla vescica, alla tiroide, a un melanoma, al colon retto, il 66% di donne con tumore alla mammella e testa-collo , il 46% degli uomini con tumore alla prostata e addirittura 7 donne su 10 con cancro all’utero.
Rimangono invece molto bassi i tassi di sopravvivenza a 5 anni per cancro al fegato (16,1%), pancreas (7,2%), polmone (14,3%) e pleura (7,2%).

Anche le percentuali europee non sono così dissimili, come illustra Milena Sant, dell’Istituto Tumori di Milano in un suo intervento durante lo European Cancer Congress, tenutosi a Vienna nei giorni scorsi (qui i webcast completi dell’evento). In linea generale la percentuale di sopravvissuti a 5 anni è aumentata sensibilmente dal 1999 a oggi per tutte le tipologie tumorali.

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Il cancro non è una malattia solitaria, non è solo un insieme di cellule malate. Un tumore può essere per molti anche un ostacolo sociale enorme – illustra Jane Mahler, del MacMillan Cancer Support nel Regno Unito durante il convegno viennese – basti pensare che fra chi ha avuto una diagnosi di cancro la percentuale di disoccupazione è il 37% più alta rispetto alla media. Una sessione del Congresso, intitolata Timebombs in Oncology, è stata per esempio totalmente dedicata alla riflessione sull’importanza di capire, specie a livello di istituzioni e salute pubblica, che il punto non è solo guarire.

Inoltre, 3 persone su 4 che hanno avuto il cancro (dati riferiti al Regno Unito), anche se hanno superato la fase critica, stanno vivendo in qualche modo ancora all’interno della malattia, cioè la fase in cui si testa l’efficacia della terapia a 5 o a 10 anni. Fra queste persone – prosegue MacMillan – 1 su 4 vive direttamente le conseguenze della terapia o del trattamento che ha subito.

Grazie ai dati AIOM ARTUM è stato possibile rispondere anche ad altre domande cruciali sul cancro. Nella seconda e nella terza puntata del nostro approfondimento ci siamo concentrati in particolare su queste due:

È vero che ci si ammala sempre di più?

L’incidenza del cancro e la mortalità in Italia sono diverse tra Nord e Sud?

@CristinaDaRold

Leggi anche: Tumore alla mammella, individuato marcatore per la resistenza alle terapie

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Eyesplash, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.