Dai virus un interruttore per spegnere CRISPR
Per migliorare la sicurezza e la precisione della tecnica, gli scienziati hanno smesso per un momento di guardare al futuro. E si sono rivolti al passato, quando CRISPR "è nata" come strategia immunitaria dei batteri.
SCOPERTE – Uno degli aspetti più discussi di CRISPR-Cas9, la tecnica di editing del genoma che riempie le pagine dei giornali da ormai un paio d’anni, è sempre stato la precisione. Per semplificare, infatti, CRISPR viene descritta come una forbice molecolare, in grado di fare un taglia e cuci dei geni voluti. Gli scienziati progettano un RNA guida che corrisponde alla sequenza del gene target e lo usano per portarvi l’enzima Cas9, che taglia il DNA e permette di modificarlo a piacimento. Per esempio “aggiustando” ciò che non funziona. Ma come essere certi che la forbice non vada a tagliare qualcosa di imprevisto? Come tenere al sicuro gli altri geni?
Nel corso del 2016 molti gruppi di ricerca si sono concentrati proprio sulla sicurezza della tecnica; il gruppo coordinato da J. Keith Joung al Massachusetts General Hospital, per esempio, è riuscito ad alterare l’enzima Cas9 producendo una variante tale da rendere gli effetti off-target non più rintracciabili. Persino con le tecniche più sofisticate, l’azione al di fuori del taglia e cuci voluto non veniva più rilevata. Un nuovo lavoro ha ora trovato il modo, grazie a proteine prodotte da virus, di spegnere l’azione dell’editing. Praticamente gli scienziati hanno sviluppato una tecnica anti-CRISPR, che sembra in grado di tenere sotto controllo la forbice riducendo il rischio che tagli dove non dovrebbe. Benjamin Rauch e i colleghi dell’Università di San Francisco hanno pubblicato i risultati dello studio sulla rivista Cell.
La nuova scoperta è una garanzia in più per un utilizzo preciso, ma anche un vero e proprio interruttore d’emergenza: se l’azione di CRISPR dovesse sfuggire di mano, permetterebbe di interromperla. Per arrivare a un meccanismo così efficace gli scienziati non hanno guardato al futuro di CRISPR bensì al suo passato. La tecnica, infatti, è stata accolta come una rivoluzione scientifica per le enormi possibilità che offre (specialmente nel trattamento di malattie genetiche complesse come la distrofia di Duchenne) ma in origine si era evoluta nei batteri come una strategia immunitaria per proteggersi dalle infezioni virali. Ma la millenaria “corsa alle armi” tra virus e batteri ha anche fornito ai ricercatori le intuizioni migliori.
Le proteine elaborate dai virus, hanno ipotizzato, sono state progettate ad hoc per aggirare le difese immunitarie dei batteri. Dunque sono un perfetto meccanismo anti-CRISPR, studiato nei minimi dettagli da chi per primo ha dovuto confrontarvisi. Ma come trovarlo? Rauch e i colleghi hanno capito che, sapendo come muoversi, non era poi così improbabile identificare batteri con la CRISPR disattivata. Così in oltre 300 ceppi di Listeria (il batterio noto per la specie L. monocytogenes che causa la listeriosi) sono andati alla ricerca di prove di self targeting, ovvero quei ceppi in cui i virus fossero riusciti a penetrare e inserire i propri geni nel genoma batterico sfruttando l’anti-CRISPR.
“Cas9 non è molto intelligente”, scherza in un comunicato Bondy-Denomy, co-autore con Rauch. “Non può evitare di tagliare il DNA del suo batterio se è stato ‘programmato’ per farlo. Così abbiamo cercato ceppi batterici in cui il sistema CRISPR-Cas9 stesse agendo contro il suo stesso genoma. Il fatto di trovare cellule che non si stavano auto-distruggendo sarebbe stato un indizio che l’intero sistema CRISPR era stato disattivato”. Dei 300 ceppi il 3% mostrava meccanismi di self targeting. Stringendo ulteriormente il campo, gli scienziati hanno trovato quattro proteine anti-CRISPR capaci di bloccare l’azione della Cas9 di Listeria, molto simile a quella utilizzata oggi nella maggior parte dei laboratori che lavorano con CRISPR.
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