ATTUALITÀ – Il vino naturale sceglie Genova, non Roma o Milano. È una scelta alternativa, come alternativo è il prodotto: un vino ottenuto con un disciplinare rigoroso che fa dell’ecologia e della salute i suoi aspetti principali. E così, Palazzo della Borsa ha accolto domenica 21 e lunedì 22 gennaio il salone dei viticoltori naturali dell’associazione VinNatur, giunto alla sua terza edizione.
“Siamo molto affezionati a Genova – racconta Angiolino Maule, presidente dell’associazione – abbiamo già organizzato con successo due banchi d’assaggio negli anni scorsi. Abbiamo scelto questa città per due ragioni: perché i consumatori si dimostrano particolarmente interessati ai vini naturali, come consumo possiamo dire che Genova è la città più ricettiva dello stivale, e perché qui vi è una ristorazione illuminata che ha compreso che proporre vini naturali valorizza la propria offerta gastronomica. Tutto questo fa di Genova la capitale dei vini naturali d’Italia”.
L’associazione VinNatur è nata nel 2006: “Siamo partiti con 65 aziende e oggi siamo 187, provenienti da 9 nazioni, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia. Ci consideriamo piccoli produttori che intendono difendere l’integrità del proprio territorio”.
Per ottenere un vino naturale serve un metodo di lavoro preciso che si sviluppa prima in vigna e poi in cantina. Innanzitutto è importante che le concimazioni al terreno e alle foglie non siano di derivazione chimica. Pertanto, per arricchire il suolo, sono ammesse soltanto la concimazione organica (letame maturo, compost vegetale o misto) e la concimazione verde; ne è un esempio il sovescio, pratica che consiste nell’interramento di piante utili come le leguminose. Inoltre per evitare l’erosione del terreno si lascia che le erbe spontanee crescano attorno alle viti (inerbimento autoctono).
“Tra i nostri associati è vietato l’uso di pesticidi e diserbanti e per curare le malattie della vite, al posto dell’utilizzo di prodotti a base di rame e di zolfo, consigliamo l’impiego di estratti vegetali, alghe, propoli, funghi o microrganismi antagonisti che aiutino la pianta ad autodifendersi” spiega Maule.
Tuttavia se le condizioni non sono favorevoli, è ammesso qualche strappo alla regola, se pur con rigidi vincoli. È il caso del “mal bianco”, per contrastare questa malattia causata dai funghi parassiti della famiglia Erysiphaceae che comporta un ricoprimento biancastro su foglie e frutti portando al loro disseccamento, si può usare lo zolfo ma con un limite di 60 kg/ha e anche per difendersi da altre necrosi come quelle causate da protisti del genere Peronospora o dal fungo Phomopsis viticola si può utilizzare il rame ma nel limite di 3 kg/ha.
Un punto chiave per la vinificazione naturale è la fermentazione: deve essere spontanea, deve avvenire con lieviti già presenti nell’uva o sviluppatisi in vigneto, pertanto non sono ammessi lieviti selezionati in laboratorio.
Per la stessa ragione, sono vietate le aggiunte di zucchero, enzimi, additivi. L’unico additivo consentito è l’anidride solforosa ma non deve essere superiore a 50 mg/l per vini bianchi e a 30 mg/l per vini rossi. “Si tratta di un conservante con effetti collaterali sulla salute dell’uomo che è responsabile dei dolori di emicrania che spesso si riscontrano dopo il consumo di vino, il nostro disciplinare stabilisce valori ben inferiori ai limiti di legge che, infatti, consentono fino a 160 mg/l per i rossi, 220 mg/l per i bianchi e 120 mg/l per i vini biologici”.
Il 95% delle bottiglie che finiscono sulle nostre tavole è rappresentato da vino convenzionale. “Si tratta di vino ottenuto con le moderne tecnologie enologiche, le quali hanno aumentato la produttività, reso più facile il lavoro di viticoltori e cantinieri, ma di contro hanno standardizzato i vini. Nella viticoltura convenzionale si possono utilizzare fino a 180 principi attivi di pesticidi, e in cantina si possono aggiungere fino a 140 prodotti e additivi, che non è necessario indicare in etichetta. Anche nel biologico sono consentiti fino a 40 additivi. È standardizzato nel senso che la sua qualità non dipende più dalle differenze del territorio e del vitigno, infatti, l’integrità di entrambi viene modificata da tecniche di viticoltura invasiva”.
Ogni anno i prodotti dei viticoltori associati vengono controllati: “Sottoponiamo i loro vini ad un’analisi dei pesticidi residui. La ricerca viene effettuata su ben 88 pesticidi in modo da ottenere una valutazione sicura. In questi undici anni, ho dovuto espellere circa un’ottantina di produttori” dichiara Maule.
Al Vinitaly di Verona VinNatur non è presente, ma non c’è un motivo etico: “È solo per un problema economico, ci invitano sempre ma partecipare all’esposizione è troppo costoso, e non c’è un ritorno con la vendita dei biglietti, pertanto come associazione preferiamo investire tutti i soldi nella ricerca scientifica e nella divulgazione di tecniche naturali e innovative”.
In effetti, sono tanti i progetti nati tra aziende associate ed enti di ricerca. Ad esempio, col dipartimento di microbiologia dell’Università di Udine è stato avviato il Progetto “Fertilità e vitalità dei suoli”, col dipartimento di entomologia dell’Università di Trieste, il Progetto “Biodiversità entomologica e botanica dei vigneti”, mentre curato dalla Stazione sperimentale per la viticoltura Sostenibile di Panzano in Chianti è stato realizzato il Progetto “Riduzione Rame e Zolfo”. “Fino a dieci anni fa la scienza non entrava in viticoltura, siamo orgogliosi di poter sostenere la biologia molecolare, l’entomologia, la botanica, discipline messe al servizio di un buon bicchiere di vino e che assicurano al vigneto la fertilità biologica del suolo, la tutela della biodiversità e l’equilibrio dell’ecosistema”.
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