Secondo quanto riportato dai ricercatori su Systematic Biology i ratiti, cioè questi grandi uccelli incapaci di volare, hanno in realtà un antenato comune in un piccolo volatile della famiglia dei Tinamini, perfettamente in grado di volare. Struzzo, nandù, emù, casuario e moa avrebbero tutti perso la capacità di volare indipendentemente, ma all’incirca nello stesso periodo, ovvero 65 milioni di anni fa, subito dopo l’estinzione dei dinosauri. Interi continenti privi dei più pericolosi predatori del tempo hanno spinto questi uccelli ad abbandonare il cielo, e la maggior disponibilità di cibo ha progressivamente favorito l’aumento della loro taglia, fatto che a sua volta non favorisce di certo il volo.
Ma l’origine comune a partire da un piccolo volatile dei Tinamini spazza via anche un’altra ipotesi scientifica, quella cioè che vedeva nei ratiti un rimasuglio della fauna che abitava l’antico supercontinente di Gondwana, che comprendeva le terre che oggi sono diventate l’Africa, il Sud America, l’Australia, la Nuova Zelanda e l’Antartico. In realtà la datazione effettuata da Phillips e colleghi mostra che probabilmente lo struzzo, il casuario e gli altri uccelli giganti si sono evoluti in forme non volanti molto più recentemente, quando le diverse parti del supercontinente si erano già separate le une dalle altre. L’origine comune a partire dalla famiglia dei Tinamini spiegherebbe anche come sia stato possibile per ratiti conquistare terre così lontane, oltretutto separate da mari e oceani, senza aver mai staccato le zampe da terra.