“Ci sono voluti tre anni e 750 tentativi per far funzionare il procedimento, ma alla fine ce l’abbiamo fatta”, afferma Bonnet, che ha lavorato al progetto insieme Drew Endy e Pakpoom Subsoontorn, del dipartimento di bioingegneria dell’ateneo statunitense. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista PNAS.
Nella pratica, i ricercatori hanno creato l’equivalente genetico di una cifra binaria, il bit. Essenzialmente, se una sezione di Dna punta in una direzione, corrisponde a uno zero; se punta nell’altra, a un uno. “L’archiviazione di dati all’interno del Dna di cellule viventi ha ottime potenzialità per lo studio di cancro, invecchiamento, e non solo”, ha dichiarato Endy. I ricercatori, per esempio, potranno ora contare il numero di divisioni di una cellula, e ciò potrebbe in futuro dare la possibilità di ‘spegnere’ le cellule prima che queste diventino cancerose.
Bonnet e colleghi hanno chiamato il loro dispositivo Rad (recombinase addressable data), e l’hanno usato per modificare particolari sezioni di Dna con microbi dotati della capacità di determinare in che modo gli organismi unicellulari diventano fluorescenti alla presenza di luce ultravioletta. I microbi brillano di luce rossa o verde, a seconda dell’orientamento della sezione di Dna. Riconoscendo l’orientamento delle sequenze ‘a vista’, i ricercatori possono quindi cambiarne il verso un numero indefinito di volte.
“Lavori precedenti avevano dimostrato come capovolgere sequenze genetiche in una direzione attraverso l’espressione di un singolo enzima: quest’azione, però, era irreversibile”, precisa Bonnet. “Noi avevamo bisogno di capovolgere le sequenze avanti e indietro, per creare un registro di dati binario totalmente riutilizzabile, quindi abbiamo dovuto creare qualcosa di diverso”.
“Il problema – aggiunge Subsoontorn – è che le proteine fanno ciò che vogliono: se entrambe sono attive allo stesso tempo, o concentrate nelle quantità sbagliate, il risultato è il caos, e le singole cellule danno risultati casuali”. I ricercatori hanno scoperto che era relativamente facile capovolgere una sezione di Dna in una direzione o nell’altra, e Bonnet ha ora testato i moduli Rad in singoli microbi che si sono duplicati più di 100 volte, e il sistema ha tenuto bene. Dopo ulteriori test, è arrivata la conferma dell’affidabilità (e della riscrivibilità) del Rad.
“Uno degli ambienti più interessanti in cui programmare, afferma Endy, sono i sistemi biologici. Ora dovremo cercare di passare da un bit a un byte (sequenza di otto bit) di dati genetici programmabili”. Non sarà facile, perché parliamo di sistemi da 10 a 50 volte più complessi di quelli a cui il gruppo è arrivato: in definitiva, conclude Endy, si dovrà attendere un decennio circa prima di arrivare a un intero byte.
Crediti immagine: Dullhunk