Sebbene ci abbia lasciato i caffé da pagare, abbiamo recuperato lo stesso l’opera, che invita i cuori solitari a farsi cercare un’anima gemella dagli algoritmi segreti della Harmony Inc. per 60 dollari/mese. Gli autori analizzano
un campione nazionalmente rappresentativo di 19.131 rispondenti che si erano sposati tra il 2005 e il 2012. I risultati indicano che in America, oltre un terzo dei matrimoni inizia ora on-line.
Lo indicherebbero se gli “attualmente maritati” non fossero il 92%, un dato eccezziunale veramente, in gran parte dovuto al fatto che nei sette anni considerati i matrimoni on–line erano aumentati grazie a vigorose campagne di marketing, mentre gli altri calavano.
Quelli iniziati on-line avevano una probabilità lievemente minore di risultare in una separazione o un divorzio ed erano associati a una soddisfazione coniugale lievemente maggiore tra i rispondenti rimasti sposati. Questi dati suggeriscono che Internet potrebbe modificare le dinamiche e gli esiti del matrimonio stesso.
Potrebbe, se distorsioni statistiche non rendessero la lieve probabilità in più e in meno ancora meno significativa di quanto ammettano gli stessi autori. Per esempio il 45% dei matrimoni on line nasce da agenzie matrimoniali e il 21% da social network, ma non sappiamo quanti clienti delle prime usino i secondi, magari le pagine facebook predisposte appositamente dalle prime.
Le statistiche sono state fatte da due ricercatori esterni, ma sappiamo anche che eHarmony è l’azienda leader del mercato (1), con il 25% “di un business da miliardi di dollari”. Paga l’impegnatissimo Cacioppo come consulente scientifico e ha pagato questa ricerca, firmata anche dal suo direttore scientifico, e la sua pubblicazione in open-access.
Ci sembra un po’ un “third party report” (2), per dirla con l’inventore dell’e-cat.
(1) eDarling in Italia e altri paesi europei, segnaliamo al lettore non Leonardo.
(2) Demolito anche da due ricercatori di Uppsala che difendono la reputazione della propria Alma Mater.
Crediti immagine: pubblico dominio, Wikimedia Commons