Facciamo un passo indietro. Il 27 giugno la commissione Affari sociali del Senato approva l’articolo 9-bis – Criteri di delega al Governo per il recepimento della Direttiva 2010-63-EU del Parlamento Europeo e del Consiglio, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici – «poi diventato 12 in seguito all’approvazione e ora 13 dopo esser passato in commissione politiche UE della Camera» spiega a Oggiscienza Gaetano Di Chiara, professore di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Cagliari e membro del Direttivo del Gruppo 2003 per la Ricerca. «Senza consultare la comunità scientifica, la Commissione Affari sociali del Senato ha presentato e approvato questo articolo, sostenuto sia dal Partito Democratico (Pd) che dal Popolo della Libertà (Pdl) e MoVimento 5 Stelle». Articolo che stravolge e va contro la stessa Direttiva europea che in nessun punto sostiene che gli animali non debbano essere usati per fini scientifici, ma ha il solo scopo di regolarne l’uso fornendo norme e indicazioni per assicurare la minima sofferenza e utilizzo.
Se le cose rimanessero come sono ora e l’articolo non venisse rivisto, in Italia sarebbe possibile usare gli animali solo per la ricerca traslazionale, ovvero quella ricerca che di fatto trasferisce i risultati scientifici dagli animali all’uomo, e ha come fine la comprensione della patogenesi delle malattie dell’uomo e lo sviluppo di metodi e farmaci per la loro cura. Il punto “b” dell’articolo 13 (ex punto “c” art.12), quindi, escluderebbe tutti gli studi che vengono apparentemente condotti senza motivazioni, la cosiddetta ricerca di base, che in realtà è la base di tutte le successive ricerche e scoperte biomediche. «Un esempio sono gli studi di Giacomo Rizzolatti sui neuroni specchio – continua Di Chiara – che hanno “solo” fatto capire come funziona il cervello normale non patologico, senza essere finalizzati alla salute dell’uomo. Secondo la visione dell’articolo 13 studi del genere non dovrebbero essere condotti».
Ma non solo. Nonostante la direttiva all’articolo 5 affermi che gli animali possano essere usati sia per la ricerca di base che per la traslazione, l’articolo 13 va contro questi principi ancora una volta sostenendo che gli animali non possono essere usati per studi sugli xenotrapianti e le sostanze d’abuso (punto “f” art.13, ex “g” dell’articolo precedente). Ma con che motivazione? Xenotrapianti e sostanze d’abuso non rientrano forse fra gli studi d’interesse per la salute dell’uomo? «Gli xenotrapianti – afferma Di Chiara – si usano per sostituire le valvole cardiache: le migliori valvole cardiache, almeno dal punto di vista della compatibilità, provengono proprio dagli animali e sono meglio di quelle totalmente artificiali. Mentre per quanto riguarda le sostanze d’abuso, se non è d’interesse per la salute dell’uomo una condizione che affligge solo in Italia 2 milioni di persone…Ci sono dei punti dell’articolo 13 assolutamente in contrasto con la direttiva e prive di senso».
Inoltre sempre secondo un altro punto dell’articolo in discussione (punto “g” articolo 13) in Italia sarebbe anche vietatp l’allevamento di cani, gatti e primati non-umani destinati alla ricerca scientifica, con conseguente trasferimento di ricerche all’estero, e una dipendenza da altri Paesi per l’acquisto di questi animali con danni per l’economia e la scienza italiana.
«L’Italia è un paese affetto da populismo – conclude Di Chiara – che viene soprattutto dai nostri politici: dato che ormai hanno perso la fiducia del popolo cercano in tutti i modi di carpirne la benevolenza. Per questo preferiscono seguire l’ignoranza e l’istinto popolare invece che le ragioni della scienza. Il caso Stamina è un altro esempio ma purtroppo ce ne sono anche altri».
«La decisione del Senato allontanerebbe l’Italia dai Paesi più avanzati – hanno dichiarato in un appello i direttori di alcuni tra i principali Centri di Ricerca italiani – che al contrario del nostro Paese stanno investendo in ricerca biomedica. Oggi non sono ancora disponibili alternative all’utilizzo di animali nella sperimentazione di farmaci e di nuove terapie, ma il progresso delle tecnologie ha consentito di ridurre il numero di animali utilizzato e ha portato a un miglioramento del loro benessere». Ora le possibilità sono due: eliminare i cinque punti incriminati e segnalati dalla comunità scientifica; o recepire la direttiva così com’è, e come hanno fatto tutti gli altri Paesi europei. Altrimenti l’Italia rischia di essere tagliata fuori.
Crediti immagine: Janet Stephens, Wikimedia Commons