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Altruismo unicellulare

408px-Dictyostelium_Fruiting_BodiesCRONACA – Dictyostelium discoideum è un organismo unicellulare, un’ameba, che vive in porzioni umide del sottobosco foglioso. Quest’ameba, che da tempo ha attirato l’attenzione dei ricercatori a causa delle sue ingegnose strategie in caso di necessità ambientale, oggi richiama nuovamente l’attenzione su di se.

I ricercatori dell’università di Washington in S. Luis e dell’Università di Harvard responsabili delle ultime scoperte sul microorganismo, lo definiscono “il più piccolo fattore esistente”. I ricercatori infatti hanno scoperto che l’ameba è in grado di “allevare” batteri, utili alla sua sopravvivenza. Non uno ma due tipi di batteri sono al servizio di Dictyostelium d., molto simili dal punto di vista morfologico ma differenti dal punto di vista genetico. Sequenziando infatti le due linee, i ricercatori hanno osservato che una mutazione chiave nel genoma di una linea di batteri altera l’espressione del 10% del genoma dell’altro.

Le due linee di batteri svolgono funzioni completamente diverse. Una infatti è edibile e costituisce una riserva di cibo per l’ameba. L’altra è tossica e provvede alla difesa chimico-farmacologica dell’organismo. Questa linea infatti produce due tipi di sostanza: il chromene e la pirrolnitrina; il primo sorprendentemente risulta essere un nuovo tipo di composto, mentre la seconda, antibiotico e antifungino, probabilmente è anche responsabile della soppressione di altri organismi potenziali competitori delle specie “allevate”.

Quello che sorprende è che inizialmente, i due tipi di batteri sono stati fatti analizzare e, benchè morfologicamente differenti, sono risultati entrambi Pseudomonas fluorescens, fatto sembrato estremamente strano ai ricercatori dell’Università di Washington. I batteri sono stati quindi spediti ad Harvard, dove nel laboratorio di Jon Clardy ci si occupa di chimica del mutualismo. Il sequenziamento integrale dei due batteri ha messo in luce che la mancanza di chromene e pirrolnitrina non era l’unica differenza che rendeva un batterio edibile e l’altro no. Il gene responsabile della produzione di pirrolnitrina infatti era intatto in entrambi i tipi. doveva quindi esserci un’ulteriore mutazione nei geni controllo della pirrolnitrina del tipo edibile, in grado di inibire il percorso della pirrolnitrina. Per testare l’ipotesi i ricercatori hanno distrutto selettivamente il gene controllo del percorso tossico in individui del tipo non edibile, generandone di nuovi, dal profilo chimico simile al tipo edibile ed edibili loro stessi.

Il lato sorprendente di questa scoperta è che i batteri edibili sembrano essere evoluti da una forma iniziale tossica; si sono evoluti per poter essere mangiati. Il significato evolutivo di questo cambiamento? Altruismo, dicono i ricercatori, “altruismo in miniatura”.

Crediti immagine: Bruno in Columbus, Wikimedia Commons

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