Dopo il no al nucleare del 1987, l’Italia ha dovuto avviare e pianificare una strategia per la gestione dei rifiuti radioattivi derivanti dal pregresso programma nucleare. A oggi, secondo gli ultimi dati forniti dall’Ispra, le scorie nucleari ammontano a più di 28.000 metri cubi, di cui 26.500 a bassa e media attività e 1.700 metri cubi ad alta attività. A questi si aggiungeranno altri 30.000 metri cubi provenienti dalle operazioni di smantellamento e bonifica delle installazioni nucleari. La maggior parte di questi rifiuti radioattivi si trovano nelle ex centrali nucleari (Caorso, Garigliano, Latina e Trino Vercellese) e negli impianti di ricerca (Saluggia, Trisaia Rotondella, Casaccia, Saluggia, Ispra). Infine, è atteso anche il rientro in Italia di alcune decine di metri cubi di combustibile radioattivo spedito in Gran Bretagna e in Francia per essere riprocessato.
Ma il conto non finisce qui. Oltre ai rifiuti di tipo energetico, ci sono altri 4.000 metri cubi provenienti da applicazioni mediche, industriali e di ricerca. E ogni anno se ne aggiungono alcune centinaia.