François Englert, fisico teorico belga – nato nell’“annus mirabilis” 1932 – non sale certo ora nell’empireo dei riconoscimenti scientifici. Oltre al Nobel, dal 1978 ha collezionato ben sei tra i più prestigiosi premi a livello mondiale, tra cui il premio per l’alta energia e le particelle della European Physical Society (EPS) nel 1997 e nel 2004 il Premio Wolf per la fisica insieme a Robert Brout, scomparso nel 2011. Quest’ultimo riconoscimento è stato ottenuto da Englert proprio grazie ad alcuni suoi studi riguardanti la generazione dei bosoni di Gauge – la categoria di particelle che include ad esempio anche i fotoni – e che giocano il ruolo di mediatori tra le quattro interazioni fisiche ritenute fondamentali: le interazioni cosiddette forte e debole, la forza elettromagnetica e quella gravitazionale.
Nel 1964, lavorando insieme a Brout su un’idea di Philip Anderson (che sarà poi Nobel per la fisica nel 1977), Englert codificò il meccanismo – che poi prenderà il nome di Meccanismo di Higgs – che conferisce la massa ai bosoni di Gauge. Contemporaneamente in Scozia anche Peter Higgs stava lavorando alla stessa teoria, ma a differenza di quella di Englert e Brout, la pubblicazione di Higgs citava esplicitamente la possibilità dell’esistenza di un nuovo tipo di bosone. Quello che ha fatto sì che l’Accademia svedese conferisse il Nobel anche a Englert sebbene la particella porti il nome unicamente del collega britannico, non risiede dunque nell’aver previsto l’esistenza effettiva del bosone, quanto piuttosto nell’aver individuato indipendentemente da Higgs il meccanismo di conferimento della massa alle particelle subatomiche.
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