Una logica del suo tempo
La carriera scolastica della giovane Ada comincia all’insegna dello studio della logica. Mary Somerville, matematica britannica che aveva tradotto per la prima volta in inglese i lavori di Pierre Simon De Laplace, incoraggerà infatti le velleità matematiche di Ada, tanto da introdurla al celebre logico e matematico Augustus De Morgan (1806-1871), colui che aveva teorizzato i celebri teoremi della logica classica che da lui presero il nome e che ancora oggi sono alla base dell’analisi dei circuiti logici digitali. De Morgan introdusse Ada nei meandri di quelle che erano le principali frontiere della matematica del tempo: la logica e l’algebra, settori all’epoca non inclusi nei programmi scolastici femminili. Saranno proprio i suoi studi nel campo della logica formale che permetteranno alla Lovelace di elaborare per la macchina analitica di Babbage quello che è considerato a tutt’oggi il primo prototipo di algoritmo pensato per far funzionare un apparecchio meccanico, l’antenato potremo dire oggi, dei nostri moderni processi di automazione.
La collaborazione con Babbage
Ada Lovelace incontrò per la prima volta Charles Babbage nel giugno del 1833, rimanendo folgorata dalle sue idee innovative. Sei anni prima, nel 1837, Babbage aveva infatti pubblicato un primo progetto di “macchina differenziale” nell’articolo On the Mathematical Power of the Calculating Engine, dove sosteneva la possibilità di una macchina in grado di effettuare autonomamente e automaticamente dei calcoli matematici. Tuttavia, già durante la stesura di questo primo progetto l’ambizione di Babbage era ben più ardita: costruire una macchina che non solo fosse in grado di eseguire dei calcoli matematici, ma dei veri e propri ragionamenti, cioè in altre parole che fosse in grado di inferire una conclusione a partire dalle premesse. Il sistema su cui si basava la macchina non si discosta molto da quella che è passata alla storia come “Macchina di Turing” elaborata un secolo più tardi dal logico Alan Turing: un sistema di input, cioè di acquisizione dei dati mediante la formulazione di uno speciale linguaggio di programmazione, e un sistema di output, che elabora i dati attraverso procedure effettive formali per produrre un risultato finale. Il contributo della Lovelace si è rivelato determinante proprio in quest’ultima fase, con la messa a punto di algoritmi in grado di prendere un dato ed elaborarlo secondo il risultato che desideriamo ottenere.
Il contributo italiano
Nel frattempo, il talento e l’intuito di Lady Lovelace non tardarono a spingersi oltre la Manica, fino ad arrivare in Italia, dove colpirono l’ingegnere Luigi Federico Menabrea di cui la Lovelace tra il 1842 e il 1843 aveva tradotto alcuni articoli scientifici, pubblicati in seguito nell’opera The Ladies Diary e Scientific Memoirs sotto le iniziali A.A.L, e che riguardavano proprio i possibili sviluppi della macchina di Babbage. La giovane matematica non si era però limitata a tradurre l’opera di Menabrea, ma aveva aggiunto alcune sue note che si rivelarono determinanti per gli sviluppi futuri della macchina analitica. Prima fra tutte la cosiddetta “nota G”, che contiene la formulazione di un algoritmo per il calcolo dei numeri di Bernoulli – una successione di numeri razionali molto usata in matematica – e che viene considerato ancora oggi come il primo tentativo di programmazione della storia. L’apporto più significativo di Ada Lovelace dunque, non si è rivelato essere quello strettamente matematico, bensì l’aver compreso con stupefacente lungimiranza che l’idea di una macchina programmabile dall’uomo avrebbe potuto rivoluzionare il concetto stesso di scienza.
Crediti immagine: pubblico dominio, Wikimedia Commons