Quest’ultima non è infatti accettata universalmente, e molti modelli la rifiutano. Negli istanti che hanno seguito il Big Bang prevede infatti che l’universo si sia espanso molto rapidamente in funzione dell’energia del vuoto. Partendo dal presupposto che il campo dell’inflazione esista, chi sostiene l’ipotesi del multiverso sostiene appunto la versione “all’inizio c’era il vuoto”. Ed è in seguito, secondo gli scienziati, che la questione diventa controversa: quando si considera l’esistenza di universi multipli. Eppure chi si schiera a favore della teoria cosmologica meno caldeggiata ritiene che questi ne siano la diretta conseguenza.
Per i detrattori del multiverso non si tratta di fisica, bensì di metafisica: non è scienza perché non è possibile verificarla tramite dati o modelli di previsione. “Il nostro programma di ricerca si occupa proprio di questo”, spiega Johnson, “stiamo provando a scoprire quali potrebbero essere le previsioni verificabili [scientificamente] di questo modello, per poi andarle a cercare”. Nello specifico i ricercatori considerano le possibilità di vedere il nostro universo-bolla andare a scontrarsi con un altro universo-bolla, seppur siano rare. “Simuliamo l’intero universo. Iniziamo con un multiverso fatto di due bolle, le facciamo scontrare in un modello al computer per scoprire cosa succede, poi disponiamo un osservatore virtuale in varie posizioni e registriamo quello che può vedere da tali posizioni”. È proprio grazie alla possibilità di produrre previsioni che si possono testare che, secondo i ricercatori, il modello del multiverso ha iniziato a oltrepassare la linea tra ipotesi curiosa e scienza. “Ora siamo in grado di osservare che alcuni modelli prevedono il verificarsi di conseguenze che dovremmo poter vedere: siccome non siamo in grado di farlo, possiamo scartarli”, conclude Johnson.
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