Il principale, la sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS), colpisce circa un terzo delle donne che si sottopongono a IVF, seppur in forma lieve, con sintomi che partono da nausea e vomito. Meno del 10% delle pazienti soffre di forme più gravi, che determinano insufficienza renale. Come spiega Waljit Dhillo, leader della ricerca, “l’OHSS è un grave problema medico. Può rivelarsi fatale nei casi più gravi, e colpisce donne in salute che si stanno sottoponendo all’IVF. Abbiamo bisogno di nuovi metodi per stimolare l’ovulazione, e le recenti scoperte sono molto promettenti”.
La kisspeptina stimola il rilascio di altri ormoni riproduttivi nel corpo femminile. A differenza della gonadotropina corionica, che rimane nel sangue a lungo dopo l’iniezione, la kisspeptina viene degradata più rapidamente riducendo il rischio di iperstimolazione degli ovari. La ricerca del team di Dhillo ha testato il nuovo metodo su 53 volontarie, con una singola iniezione dell’ormone per indurre l’ovulazione. Gli ovuli maturi si sono sviluppati in 51 partecipanti, 49 delle quali sono arrivate fino all’impianto di uno o due embrioni fertilizzati nell’utero. 12, tra tutte, sono rimaste incinte, un risultato positivo rispetto ai consueti numeri dell’IVF.
La ricerca del team di scienziati continuerà ora con un secondo progetto, concentrato stavolta sulle donne con la sindrome dell’ovaio policistico, le più a rischio quando si parla di OHSS. “È stata una gioia veder nascere 12 bambini in salute grazie a questo metodo”, conclude Dhillo, “ora procederemo indagando la possibilità che la kisspeptina possa ridurre il rischio di OHSS nelle donne più a rischio, il tutto nell’ottica di aumentare la sicurezza dell’IVF”.
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