Il supplemento comprende 17 articoli che esaminano i vari aspetti del problema soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Secondo gli scienziati, per alcuni farmaci si arriverebbe addirittura a percentuali del 41% dei campioni esaminati che sarebbero al di sotto della soglia di qualità. I campioni di medicinali testati sono stati circa 16800 fra antimalarici, farmaci per terapie antitubercolari e antibiotici.
Inoltre, ulteriori studi che vengono citati nel supplemento mostrano che la scarsa qualità degli antibiotici andrebbe a incrementare la farmaco-resistenza nelle popolazioni che li utilizzano.
«La portata di questa pandemia causata da farmaci di qualità sub-ottimale è sottostimata a livello mondiale – afferma Jim Herrington, co-editor del supplemento – specie nei paesi più poveri, dove i sistemi di controllo sono deboli o addirittura inesistenti».
Quello che bisogna fare, secondo il team, è da un lato mettere a punto sistemi di controllo a tappeto che coinvolgano tutti gli stakeholder, dall’altro punire in maniera adeguata chi non sottostà ai criteri di qualità richiesti per la produzione e il commercio di un certo farmaco.
Anche in molti paesi ricchi infatti, le pene per chi produce e distribuisce medicinali di qualità sub-ottimale sono tutt’altro che severe, lamentano gli autori. In Canada per esempio si rischiano solo fino a 3 anni di galera e 5000 dollari di ammenda per aver alterato la composizione di un medicinale, mentre in Francia oltre ai 3 anni e fino a 75 000 euro di multa. In Norvegia le pene sono ancora minori, con un massimo di 4 mesi di carcere, e in Olanda perché il crimine venga punito lo si deve commettere almeno due volte in un anno, e in ogni caso non si rischiano più di 6 mesi di reclusione.
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