Parte da qui Umberto Bottazzini, storico della matematica dell’Università Statale di Milano, per “raccontare la matematica“, come recita il sottotitolo del suo ultimo libro, in finale al Premio Galileo 2016. Il problema principale, che studi di psicologia cognitiva e biologia – segnatamente quelli condotti dal laboratorio di Giorgio Vallortigara a Trento – hanno cominciato a chiarire, è se i numeri, e tutta la matematica, esistano di per sé o si tratti di un’invenzione umana. Un po’ pragmatismo contro platonismo, per semplificare: i numeri e la matematica sono strumenti razionali utili a risolvere (inizialmente e non solo) problemi pratici oppure idee astratte che esistono indipendentemente da noi?
Gli esperimenti mostrano che è possibile insegnare a contare ad alcune specie animali non umane, ma che nessuna ha sviluppato la capacità di risolvere una semplice sottrazione o una semplice addizione. Come dire: hanno la capacità di associare un’etichetta numerica a un gruppo di oggetti (che rappresenta una certa ‘numerosità‘), ma non riescono a comprendere che 3 = 2 + 1, cioè che ogni numero naturale si può ottenere sommando uno al numero precedente.
Da qui, la questione si fa più complicata, ma non si pensi che Numeri sia una pedante storia della matematica che ripercorra in modo diacronico e progressivo lo svolgersi dei fatti. Non siamo di fronte a una collana di scoperte e avanzamenti concatenati l’uno all’altro. Il libro di Bottazzini è una raccolta di storie sui numeri e sulle scoperte (o invenzioni?) della matematica che raccontano come la ragione umana abbia contemporaneamente cercato di soddisfare due esigenze. Da una parte quella pragmatica di risolvere problemi della vita quotidiana, dall’altra soddisfare la curiosità di domande del tipo: “e se la penso così o colà?”. Il risultato è una delle grandi avventure del pensiero umano, scientifico e non, che si è progressivamente intrecciato con la storia dell’umanità stessa, raccontandoci incidentalmente anche come siamo fatti noi esseri umani.
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