Samuel R. Delany è uno dei più geniali autori di fantascienza di tutti i tempi. Nel 1967 Babel-17, un romanzo di cui abbiamo scritto qui a Stranimondi, vince il Premio Nebula, uno dei più prestigiosi riconoscimenti del settore. Ma un paio di mesi prima della premiazione il giovane Delany – aveva solo 26 anni, ma Babel-17 era già il suo sesto romanzo pubblicato – manda il manoscritto di un altro suo romanzo intitolato Nova a John W. Campbell, Jr., allora direttore di Analog, una delle più importanti riviste americane. A quell’epoca funzionava così: pubblicavi il romanzo a puntate, poi usciva in libreria con la copertina rigida e, se il successo era sufficiente, si passava al mercato dei tascabili. In questo modo si poteva sperare di fare abbastanza soldi da mantenersi con la scrittura. Campbell però rifiuta Nova, perché “non pensava che i proprio lettori potessero entrare in relazione con un protagonista nero“.
Lo racconta lo stesso Delany in un saggio pubblicato all’interno di Dark Matter: A Century of Speculative Fiction from the African Diaspora, un’antologia curata da Sheree R. Thomas e pubblicata nel 2000, che voleva proprio restituire un po’ di visibilità a una serie di autori che sono stati discriminati dal business proprio per il colore della propria pelle (qui potete trovare il saggio in una ripubblicazione su The New York Review of Science Fiction).
Il razzismo che la Giornata Internazionale per l’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali del 21 marzo combatte ha colpito, e continua a colpire, anche il mondo della fantascienza. Ieri come oggi, dato che moltissimi degli autori pubblicati su Dark Matter hanno faticato in patria a trovare lo spazio che meritavano. E faticano a trovarlo anche in altri paesi, dove le traduzioni di W. E. De Bois e Charles W. Chesnutt, per citare solo due dei grandi autori antologizzati, sono scarse, scarsissime. Le stesse difficoltà sono raccontate anche da una delle grandi scrittrici americane, Octavia Butler, che nel 1980 scrive un saggio Lost Races of Science Fiction (lo potete trovare qui), nel quale si prende gioco delle ipotetiche difficoltà dei lettori a immaginarsi protagonisti di colore, ma non degli ipotetici esseri tentacolari che provengono dal pianeta Capella V.
Per fortuna oggi le cose sono cambiate almeno in parte. Un romanzo che flirta con la fantascienza come La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead viene pubblicato in Italia a stretto giro (grazie a Sur) e il Wakanda di Black Panther corre addirittura per l’Oscar (vale la pena recuperare la run del fumetto scritta da Ta-nehisi Coates). Ma mettere insieme una lista di romanzi prodotti da autori neri tradotti in italiano significa comunque rassegnarsi al giro dell’usato – soprattutto per cercare qualche vecchio Urania o Solaria, ma non solo – e armarsi di pazienza. Comunque sia, ecco sette romanzi che rappresentano la porta di ingresso verso la black science fiction per chi non mastica l’inglese.
Samuel Delany – Nova (1968)
All’inizio del quarto millennio la galassia è divisa in due fazioni contrapposte, che si contendono le miniere delle colonie esterne. Protagonista del romanzo è Lorq Von Ray, il quale assolda un gruppo di personaggi bizzarri per vincere la sua gara per controllare l’Illyrion, favoloso minerale indispensabile per i viaggi interstellari e la terraformazione dei pianeti. La quest intrapresa dal manipolo dei protagonisti avrà effetti dirompenti sul complicato equilibrio politico della galassia. La metafora principale è quella che riguarda la nova del titolo, forza esplosiva in grado di distruggere la civiltà, ma allo stesso tempo di creare nuovi elementi chimici. Ma è impossibile non vedere la galassia del futuro divisa a metà come lo specchio della Terra durante la Guerra Fredda, con le due superpotenze che potevano annientare l’umanità con l’atomica.
Anticipatore di temi quasi cyberpunk (l’oppressione del lavoro), è uno dei grandi romanzi di Delany, ambizioso, visionario e piuttosto pessimista. Rispetto al suo solito, però, qui il tasso di sperimentazione linguistico è contenuto, fatto che lo rende un perfetto punto di partenza per il mondo fantascientifico di Delany.
Octavia Butler – La parabola del seminatore (1993)
Impossibile non vedere nel romanzo una sorta di profezia per alcune derive populiste che scorrono nelle vene dell’Occidente di oggi. In fondo, la società dipinta dalla Butler è una teocrazia di destra che alimenta il fanatismo. Secondo N.K. Jemisin, la giovane scrittice diventata famosa per la serie cominciata con I centomila regni, Butler “descrive il mondo come effettivamente è”, e per tanto non si tratta di un romanzo d’evasione, come viene spesso definita la fantascienza, ma di vero e proprio “futurismo”.
Ishamel Reed – Mumbo Jumbo (1972)
Romanzo sperimantale nella forma (incorpora disegni, fotografie e altre forme di comunicazione), è stato finalista del National Book Award ed è stato inserito da Harold Bloom, uno dei maggior critici lettari di lingua inglese, tra i 500 libri del suo canone.
Walter Mosley – Futureland (2001)
Una delle storie, in particolare, è brutalmente esplicita sulla questione del razzismo e mostra la frustrazione della comunità nera americana a cui l’autore appartiene: un virus ingegnerizzato per eliminare la razza nera dalla faccia del pianeta sfugge al controllo e colpisce proprio i suoi creatori bianchi. Sono storie, come indica il sottotitolo originale, che parlano di un futuro imminente, in cui l’autore da voce a una sorta di Grillo Parlante che commenta quello che vede già oggi nella società occidentale. Letteratura d’anticipazione, come si diceva della fantascienza ai suoi esordi, ma con la speranza che non si realizzi nessuna delle sue profezie.
Nalo Hopkinson – Il pianeta di mezzanotte (2002)
Ne è un esempio anche questo romanzo, il secondo della sua produzione, che si fonda su elementi culturali yoruba, la cultura dei discendenti degli schiavi africani nelle isole caraibiche, e fa espliciti riferimenti alla rivoluzione haitiana. Protagonista è Tan-Tan Habib, una bambina che per sopravvivere su di un pianeta primitivo colonizzato dai discendenti dei popoli caraibici è costretta suo malgrado a diventare la Ladra di Mezzanotte, una delle figure mitiche della cultura creola.
Nnedi Okorafor – Laguna (2014)
Come scrittrice, ha già vinto tutti i premi più importanti (Hugo, Nebula e World Fantasy Award), ma ha soprattutto aperto la porta definitivamente alla fantascienza africana che, anche grazie al suo successo, sta cominciando a circolare anche fuori dai confini nazionali e continentali.
Jennifer Marie Brissett – Elysium (2014)
Primo successo per l’autrice di origine giamaicana (finalista al Philip K. Dick Award) che ha visto nell’Italia il suo primo mercato oltre a quello anglofono (sempre grazie a Zona42), Elysium è un romanzo non semplice per concezione, ma universale per la forza dei temi e della narrazione, e dà il benvenuto nella fantascienza a un’autrice che ha mostrato di avere una voce molto originale.
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